Notizie Indici e quotazioni Trump indagato e Fed freddano mercati. Per Bill Gross piano Yellen fallirà

Trump indagato e Fed freddano mercati. Per Bill Gross piano Yellen fallirà

15 Giugno 2017 09:21

Fed e Donald Trump: sono questi i due elementi che stanno condizionando oggi la performance dei mercati.

Stando alle indiscrezioni riportate dal Washington Post, il presidente Usa sarebbe indagato per possibile ostruzione della giustizia, in merito alle inchieste sul Russiagate. Torna ad agitarsi lo spettro, negli Stati Uniti, dell’impeachment contro Trump. Spettro che continua ad allontanare ogni speculazione, da parte dei mercati, sull’adozione di misure che possano rivitalizzare la crescita dell’economia.

Fed falco, bocciata da Bill Gross

Gli asset investitori guardano anche alla Fed, che snobba le paure dei mercati e alza i tassi sui fed funds di un quarto di punto percentuale, come atteso dal consensus, al range 1-1,25%. Le stime sulle manovre restrittive previste per il 2017 rimangono invariate a tre: il che significa, come emerge dal dot plot, che ci sarà un altro rialzo entro la fine dell’anno.

Scettico sulla capacità della Fed di portare a compimento il suo piano è tuttavia Bill Gross, gestore di fondi per Janus Henderson che, in un’intervista rilasciata alla Cnbc, avverte  di non credere che “i tassi sui fed funds possano andare oltre il range 1,5-1,75%, considerate le condizioni attuali dell’economia e dell’inflazione”.

Gross, noto per essere anche il guru dei Bond, ex Pimco, si riferisce al terminal rate, tasso ‘terminale’ o meglio tasso a termine, finale, la cui conoscenza è fondamentale per gli investitori e le stesse autorità di politica monetaria.

Fed e l’importanza del tasso a termine

Cos’è questo tasso? Gli economisti lo definiscono anche tasso naturale o neutrale: si tratta di quel tasso che viene considerato adeguato in un contesto economico caratterizzato da piena occupazione, da piena utilizzazione della capacità e da prezzi stabili, in linea con i target della Fed.

Il tasso a termine e può essere anche inteso come tasso di equilibrio di lungo periodo. Ora, dal dot-plot presentato nella giornata di ieri – l’insieme delle previsioni degli stessi membri del Fomc sulla direzione dei tassi – emerge che la Fed punta a un tasso a termine pari al 3% entro la fine del 2019.

Il numero uno della Fed Janet Yellen e il suo team incassano tutto lo scetticismo di Gross, tra i gestori di fondi più critici verso le politiche monetarie ultra-accomodanti che sono state inaugurate negli ultimi anni dalle banche centrali. E tra coloro, anche, che ora mettono in evidenza tutte le conseguenze negative di quelle stesse strategie.

Fed, Gross avverte su obiettivi. Usa a rischio recessione

Secondo Gross, se si considerano gli attuali dati macro sull’economia americana, un eventuale raggiungimento del tasso a termine al 3-3,25% potrebbe scatenare una recessione. Gross è scettico anche sul piano che la Fed ha illustrato per iniziare a ridurre il massiccio portafoglio di Treasuries e bond ipotecari, che ammonta alla cifra astronomica di $4,5 trilioni.

“Credo che la Fed non riuscirà a portare a compimento il suo dot-plan così come non riuscirà a concretizzare il suo piano di vendita dei titoli sui mercato dei Treasuries. Ma alla fine è questo il suo piano, e ritengo che il mercato dovrebbe iniziare capirlo”.

Tra l’altro, nella sessione di ieri, il dato niente affatto confortante relativo all’inflazione aveva portato i futures sui fed funds a scontare un’altra stretta monetaria nel corso del 2017 con una probabilità del 28% circa, quasi dimezzata rispetto a quella del 48% precedente la diffusione dei numeri. Proprio la pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo e delle vendite al dettaglio avevano gettato letteralmente i mercati nel caos, alla vigilia, in attesa dell’annuncio della Fed.

Annuncio che è poi arrivato, e che ha messo in luce un discutibile – a detta di diversi economisti – ottimismo sui fondamentali Usa.

Fed: indebolimento inflazione è “transitorio”

a Fed ha infatti ribadito l’intenzione di alzare i tassi di 25 punti base un’altra volta nel 2017 e di procedere ad altre tre manovre restrittive nel 2018, convinta che il recente indebolimento delle pressioni inflazionistiche sia  “transitorio”.

Così Neil Williams, Group Chief Economist, Hermes Investment Management, intervistato da Reuters dopo l’annuncio sui tassi:

“La Fed rimane un test chiave per capire se le banche centrali riusciranno mai a normalizzare i tassi. Noi crediamo che la Fed tenterà, ma fallirà, e sarà costretta nelle sue prossime previsioni a includere una sola altra stretta monetaria, o forse due. Se si considera che gli effetti delle precedenti strette monetarie devono ancora farsi sentire – ci vogliono in media 18 mesi affinchè i rialzi dei tassi facciano sentire i loro effetti sui consumatori – e se si pensa al ritardo del piano per tagliare le tasse (di Trump), al potenziale protezionismo e ad altri ostacoli in altre parti del mondo, tutto ciò significa che il tasso ‘massimo’ dovrebbe essere inferiore al 2%”.