Notizie Notizie Mondo La sindrome irlandese mette sotto pressioneTokyo, il bersaglio grosso resta la Spagna

La sindrome irlandese mette sotto pressioneTokyo, il bersaglio grosso resta la Spagna

24 Novembre 2010 07:04

Si torna in trincea. Tokyo dopo il pit stop della vigilia in concomitanza di una festa nazionale saluta il rientro in Borsa, firmando una chiusura in in ribasso dello 0,84%, in una seduta influenzata dalle nuove tensioni scoppiate tra le due Coree e soprattutto dalle preoccupazioni sul debito dell’Eurozona. L’indice Nikkei si è portatp a 10.030,11 punti, 85,08 in meno della chiusura di lunedì, riguadagnando terreno dopo essere sceso in mattinata sotto quota 10.000.


Sono tornate indietro di sei settimane le principali Borse europee, raddoppiando il calo di Wall Street e bruciando in una sola seduta 81 miliardi di euro, tanti quanti i miliardi richiesti per salvare dal crac, secondo le stime dell’Ue, le banche irlandesi. Madrid ha perso più di tutti – 3,05%, Dublino ha ceduto il 2,68%, Parigi il 2,47%, Lisbona il 2,18%, Milano il 2,07%. Sono proprio i mercati del Vecchio Continente a dare in questi giorni un senso compiuto alla parola paura.


La crisi del debito pubblico dei Pigs, termine anglosassone dispregiativo per definire i paesi della periferia Irlanda e Spagna, Portogallo con la Grecia ormai avviata verso la ristrutturazione del debito, e il grido d’allarme del cancelliere tedesco Angela Merkel, che ha indicato una situazione eccezionalmente seria per la moneta unica, hanno ossessionato gli investitori, spingendoli a bruciare carta sulle Borse.


In realtà l’Irlanda è solo un tassello in un puzzle molto complesso che sta prendendo corpo. Il Portogallo trema, ma è la Spagna il vero bersaglio grosso. E anche se gli analisti di Hsbc cercano di mettere un freno all’incubo contagio, l’appresione che si respira nelle sale operative e tra gli addetti ai lavori in questi giorni è tanta. Gli esperti della banca inglese hanno fatto due conti e il quadro che ne è uscito non è dei migliori: ritengono che 51,5 miliardi in tre anni sarebbe l’assegno che il Fondo europeo dovrebbe staccare per salvare Lisbona, rimborsare i titoli in scadenza. Ma spostandoci a Madrid la partita si fa seria: se una richiesta dovesse arrivare anche dalla penisola iberica – avvertono – il maxi fondo targato Ue – Fmi con una potenza di fuoco da 750 miliardi di euro potrebbe non bastare.


Uno scenario che apre nuove domande. Anche se il Vecchio Continente si muove per evitare una nuova crisi del debito, economisti ed esperti hanno iniziato a interrogarsi se di fronte a tutto questo subbuglio non sia meglio per le economie più deboli del Continente valutare la prospettiva di un default. Il rischio è ovviamente un’ondata di panico sul mercato. Ma una organizzata ristrutturazione del debito potrebbe (forse) spianare la strada più velocemente a una ripresa ed evitare il trauma di un default forzato lungo la strada. Lo ha proposto qualche giorno fa il New York Times, dimenticando che l’esposizione delle banche americane a quelle irlandese è una cifra stellare.


Rimettere indietro le lancette dell’orologio potrebbe però essere illuminante. Dopo il default, l’Argentina e la Russia hanno trovato una nuova vita e sono state in grado di riprendersi. “Nonostante questo il termine ristrutturazione del debito resta un anatema per Atene e Dublino” che, comunque, a differenza di Argentina e Russia, hanno l’euro e di conseguenza non possono svalutare. La posta in gioco resta alta, la situazione è drammatica, ma la crisi politica dell’Irlanda che sta ingarbugliando sempre di più la partita e le ombre lunghe che si allungano sull’Europa potrebbero portare a risvolti imprevedibili. E dettare nuove regole del gioco.