Notizie Notizie Mondo Draghi non teme indebolimento crescita. Ma politica monetaria Bce a punto di non ritorno?

Draghi non teme indebolimento crescita. Ma politica monetaria Bce a punto di non ritorno?

26 Aprile 2018 16:03

Probabilmente, stavolta, il vero messaggio della Bce arriva per voce di Vitor Constancio, vicepresidente della banca centrale ancora per poco. La sua posizione sarà ricoperta infatti nel mese di maggio dal ministro dell’economia spagnolo Luis de Guindos. “L’insieme delle misure non convenzionali che sono state utilizzate durante la crisi fanno parte ora della cassetta degli attrezzi (della Bce). Dubito che si possa tornare a quella che era una vita facile per la politica monetaria, quando i bilanci (delle banche centrali) erano ridotti e lo scopo era quello di fissare i tassi overnight”.

E’ dunque possibile, per Constancio, che gli strumenti di politica monetaria non convenzionali possano tornare a essere utilizzati ancora, visto che è lo stesso “sistema di trasmissione (della politica monetaria) che è cambiato”.

Come da attese, la riunione della Bce di oggi non ha riservato grandi sorprese, anche se l’euro si è rafforzato puntando fino a $1,22, dopo che, nel corso della conferenza stampa, Draghi ha lasciato intendere che, seppure interessata da una fase di rallentamento rispetto alla fine dello scorso anno, l’economia dell’Eurozona rimane solida. (la moneta unica è poi tornata a perdere terreno)

La Bce, che ha lasciato invariati i tassi di interesse, ha confermato nel comunicato che il programma di Quantitative easing – che al momento è attivo con acquisti di asset mensili per un valore di 30 miliardi di euro – continuerà almeno fino alla fine di settembre, e comunque fino a quando sarà necessario, ovvero fino a quando si potrà parlare di aggiustamento sostenuto dell’inflazione.

Gli stessi tassi di interesse rimarranno ai livelli attuali ben oltre la fine del QE. Un sostegno aggiuntivo sarà garantito dai reinvestimenti che la Bce effettuerà su nuovi bond, una volta incassati i proventi delle obbligazioni che arriveranno a scadenza. Insomma, “un ampio grado di politica monetaria accomodante” è ancora necessario, e la spina del QE rimarrà attaccata ancora per molto.

D’altronde l’inflazione rimane il tasto dolente per Mario Draghi & Co, se si considera che il dato di marzo è stato rivisto al ribasso all’1,3% dalla stima preliminare dell’1,4%. E se si tiene in considerazione, anche – o soprattutto – che il target della Bce è poco inferiore al 2%.

Draghi rimane tuttavia fiducioso tanto che, nel commentare i dati macro del primo trimestre inferiori alle attese, ha affermato che la debolezza potrebbe essere anche transitoria, dovuta dunque a fattori di natura temporanea.

In ogni caso, ha precisato, una informazione cruciale che orienterà la prossima decisione della Bce sarà sicuramente il trend di crescita del Pil potenziale.

Ancora, sebbene le flessioni di alcuni indicatori macro siano arrivate in modo inatteso, il banchiere centrale ha fatto notare come la performance dei dati rimanga al di sopra delle medie storiche.

La debolezza, o la moderazione della crescita economica, si può spiegare inoltre anche come effetto della ripresa straordinaria della crescita di fine 2017, che di per sé avalla un processo di normalizzazione.