Il mondo potrebbe vacillare ma i mercati continuano a marciare

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Ecco un dato curioso: l’indice iShares MSCI All World ha appena raggiunto un nuovo massimo storico ieri, poche ore dopo che l’OCSE ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita globale, citando le incertezze del commercio globale, le condizioni monetarie più restrittive e l’indebolimento del sentiment di consumatori e imprese. A ciò si aggiungono le crescenti preoccupazioni sulla capacità di alcune importanti economie di finanziare il loro debito in crescita e il recente picco dei rendimenti dei titoli di Stato a lunga scadenza, e si ottiene un quadro piuttosto confuso.
Persino Elon Musk è sempre più frustrato dalla “Big Beautiful Tax Bill” di Trump, affermando di essersi reso conto che la carneficina al DOGE – e il colpo alla sua reputazione – semplicemente non ne valevano la pena. Nel contesto attuale, si prevede che il deficit degli Stati Uniti aumenterà di altri 2,5 trilioni di dollari nel prossimo decennio. Ma probabilmente raggiungeremo la soglia dei 40.000 miliardi di dollari ben prima, probabilmente intorno al 2030.
Eppure agli investitori non importa nulla. I cali dei mercati azionari sono ancora visti come opportunità per acquistare a prezzi più bassi. E sebbene i dati siano divertenti da guardare (e a volte utili per diluire i titoli di Trump), rimangono secondari rispetto al cieco rialzo. Questa è la conclusione del rally post-2 aprile: il mondo potrebbe anche vacillare, ma i mercati continuano a marciare.
Sul fronte commerciale e dei dati, le notizie non sono delle migliori. Le ultime notizie suggeriscono che i negoziati tra Stati Uniti e Unione Europea potrebbero riprendere il loro corso, ma con pochi dettagli. Nel frattempo, i colloqui tra Stati Uniti e Cina non stanno andando da nessuna parte, con Xi Jinping che non è disposto a parlare a meno che Trump non faccia concessioni.
Trump è visibilmente frustrato dalla resilienza della Cina, ma la Cina ha una carta forte: le terre rare. Forniscono circa il 90% delle terre rare globali, essenziali per le case automobilistiche e i produttori di tecnologia. Questi metalli non sono rari come l’oro o il platino: si trovano in molti luoghi, ma non in forma concentrata. È necessario estrarli e raffinarli, e la Cina eccelle in questo a basso costo. Ecco perché dipendiamo tutti dalla Cina per questi 17 elementi, e si dice che gli Stati Uniti impiegherebbero dai 5 ai 10 anni per costruire la capacità di raffinazione necessaria. La Cina lo sa. Una restrizione alle esportazioni di terre rare potrebbe avere gravi conseguenze economiche. Ma Xi non si siederà senza fare vere concessioni – sulla tecnologia, sui dazi, eccetera. Persino il Regno Unito, temporaneamente esentato dai dazi del 50% su acciaio e alluminio, è tornato al tavolo, avvertendo che l’incertezza non se ne andrà.
I mercati, per ora, la ignorano. Ma per quanto tempo ancora?
Perché i dati ISM sui servizi di ieri hanno mostrato una contrazione inaspettata e il rapporto ADP sull’occupazione è stato debole: solo 37.000 nuovi posti di lavoro nel settore privato il mese scorso. Negli ultimi quattro mesi, tre rilevazioni sono state inferiori a 100.000 e una inferiore a 50.000. Storicamente, una serie di rilevazioni inferiori a 50.000 spesso segnala l’arrivo della recessione. Ma i dati deboli non fanno che alimentare le speranze di un taglio dei tassi. I mercati ora prevedono due tagli dei tassi da parte della Federal Reserve (Fed) entro la fine dell’anno, il primo probabilmente a settembre. Il rendimento dei titoli di Stato statunitensi a due anni è sceso sotto il 3,90%, limitando il ribasso azionario: l’S&P 500 ha chiuso invariato.
È questa la magia, vero? Dati buoni = ottimismo sulla crescita. Dati cattivi = ottimismo sui tagli dei tassi.
L’unico problema è: la Fed afferma che non taglierà i tassi finché non vedrà i dazi influenzare l’inflazione. Questa parte… non viene ascoltata.
È interessante notare che il dollaro statunitense è uno dei pochi asset che riflette il pessimismo commerciale e la sua debolezza contribuisce a stabilizzare l’inflazione europea. L’indice flash dei prezzi al consumo (IPC) di maggio suggerisce che l’inflazione complessiva nell’eurozona è scesa al di sotto dell’obiettivo del 2% fissato dalla Banca Centrale Europea (BCE).
Questo dà alla BCE un po’ di respiro per tagliare i tassi con fiducia oggi: è previsto un taglio di 25 punti base, che segna la settima riunione consecutiva con un taglio e l’ottava dall’inizio dell’anno scorso. Insieme ai piani di stimolo fiscale, l’allentamento rafforza la crescita europea e l’euro. La moneta unica ha ancora bisogno di un forte catalizzatore per superare la resistenza di 1,1450/1,15. Ma sembra solo questione di tempo.
Dall’altra parte del Pacifico, la Banca del Canada (BoC) ha sospeso i tagli dei tassi, ma ciò non ha impedito alle posizioni corte sull’USDCAD di spingere la coppia al di sotto di un livello chiave di Fibonacci a lungo termine: il ritracciamento del 38,2% del rally del 2021-2025. L’USDCAD si sta ora consolidando in una zona ribassista a lungo termine, con prospettive di ulteriore ribasso verso 1,30-1,33.
E questo nonostante i prezzi del petrolio siano sotto pressione. Il greggio WTI rimane al di sopra della media mobile a 50 giorni (DMA), ma sta perdendo slancio. Nemmeno l’escalation delle tensioni tra Russia e Ucraina e un calo di 4 milioni di barili nelle scorte settimanali statunitensi sono riusciti a far salire i prezzi. Il mancato superamento dei 64 dollari al barile suggerisce che il recente trend rialzista potrebbe aver raggiunto il picco e che una nuova ondata di debolezza potrebbe essere all’orizzonte.