Punto dell'Esperto BCE: un taglio pericoloso

BCE: un taglio pericoloso

15 Aprile 2025 15:45

Il 17 aprile la BCE taglierà i tassi. Di nuovo. Ormai è scontato e previsto, gli economisti gli affidano una probabilità del 97% circa. Eppure, la vera domanda non è se, ma perché lo farà davvero. Perché la verità è che la politica monetaria europea non sta rispondendo ai dati. Sta reagendo alle condizioni macroeconomiche, geopolitiche e finanziarie. Il motivo ufficiale?

L’inflazione scende, la crescita rallenta. I dazi di Trump destabilizzano tutto. Il petrolio giù, l’euro forte, le imprese ferme davanti all’incertezza. Tutto vero. Ma non basta a spiegare il taglio. Anche perché, se ci pensiamo, fino a due settimane fa, a Francoforte i falchi dominavano la scena. Le probabilità di un taglio c’erano, ma più contenute. Ora invece volano le colombe, e anche i falchi sembrano aver abbassato la testa.

 

Tutto è ovviamente cambiato il 2 aprile, con il Liberation Day. Trump ha fatto una mossa da manuale di destabilizzazione: prima ha imposto dazi globali, poi li ha sospesi per 90 giorni. La BCE? Costretta a incassare e reagire in ritardo. Bruxelles? Sta ancora decidendo quando riunirsi per decidere cosa decidere. Come sempre, no? Solito di noi europei.

Il problema è che l’economia europea non è stata ancora colpita sul serio. Il dazio universale del 10% è fastidioso, ma gestibile. I dazi settoriali su acciaio, alluminio e auto pesano, ma l’effetto sarà visibile tra mesi. Oggi la BCE taglia perché ha paura di ciò che potrebbe succedere, non di ciò che sta accadendo. Le imprese non investono, i consumatori rinviano, gli investitori aspettano. È come se volesse dare un segnale al mercato: “nel caso, noi ci siamo”. Il vero problema è che il taglio dei tassi dal 2,50% al 2,25% non risolve nulla. Non aumenta la produttività, non riapre le catene globali, non disincentiva le follie di Trump. Piuttosto, fa sembrare che ci sia una direzione, quando in realtà non sappiamo dove stiamo andando. Si naviga a vista.

Ecco perché questo taglio è pericoloso. Perché arriva troppo presto per essere efficace, troppo tardi per essere credibile. E soprattutto, perché nasconde una verità scomoda: la BCE non ha più il controllo della narrativa. Perché quando i mercati iniziano a prezzare tagli futuri ancora prima che Lagarde parli ufficialmente, significa che la banca centrale non sta più guidando le aspettative, ma le sta inseguendo (sempre che poi vengano rispettate, ovviamente). E quando la reazione degli investitori si basa più sui tweet di Trump che sui verbali delle banche centrali, vuol dire che la politica monetaria ha perso centralità. E questo è grave.

La BCE parla, ma è come se la sua voce arrivasse ormai superata. Taglia i tassi, ma non guida più la direzione. Reagisce. Rincorre. Ammortizza. Ma non detta più i tempi. Non è nelle condizioni, adesso. Questo perché la BCE oggi non affronta solo pressioni economiche, ma deve fare i conti con tensioni geopolitiche fuori dal suo controllo. I tassi di interesse sono uno strumento limitato, mentre le vere decisioni si prendono a Washington e Pechino. Lagarde può solo prendere tempo, ma ogni taglio in queste condizioni riduce il margine d’azione futuro. E se Trump deciderà che l’UE è il prossimo nemico da colpire nessun -25bps salverà la situazione. Per questo il taglio della BCE non è tanto una risposta strategica, quanto un segnale d’allarme travestito da fiducia. Il vero pericolo è che i mercati si abituino a un mondo dove ogni shock richiede un taglio, o un intervento delle banche centrali. Dove la politica monetaria diventa una sirena d’allarme perenne Oggi servono parole chiare, non solo strumenti tecnici. Servono risposte congiunte dell’intera Commissione Europea. Serve dire che l’Europa sta subendo un attacco economico strategico. Che il commercio globale si sta disintegrando.

Che la crescita sarà più lenta. I tagli dei tassi non sono una soluzione definitiva: servono solo ad attenuare temporaneamente il dolore.

Il 17 aprile la BCE taglierà.
Ma noi dobbiamo iniziare a farci la domanda giusta: e dopo?