Wirecard a rischio insolvenza: cronistoria di una frode annunciata, esultano solo i tanti fondi short sul titolo
Da fiore all’occhiello del fintech teutonico a Wirecard a frode colossale che imbarazza non poco la Germania. La parabola di Wirecard nelle ultime 48 ore ha preso una piega molto grave e sulla carta stampata italiana tanti parlano di ‘nuova Parmalat’ o ‘Enron tedesca‘. La fintech tedesca è stata letteralmente travolta dal mistero legato a quasi 2 miliardi di euro liquidità che però non si trova da nessuna parte e adesso la società lotta per sopravvivere. Addirittura Barry Norris, fondatore del gestore del fondo Argonaut Capital, che detiene una posizione short in Wirecard, ritiene che la società potrebbe essere dichiarata insolvente entro il fine settimana. “Braun ha sfacciatamente tentato di rappresentare la società vittima di una frode e invece ha cercato di concentrare gli investitori su una crescita dei ricavi apparentemente forte,” ha affermato Norris.
Le posizioni ribassiste su Wirecard non sono isolate. Oltre il 10% delle azioni della fintech tedesca risulta essere oggetto di posizioni corte. Allo stesso tempo nel capitale della società figuravano tanti nomi importanti quali Dws e Union Investments (entrambe hanno già annunciato l’intenzione di far causa a Wirecard). Finiti nella trappola anche i colossi BlackRock e Vanguard.
Gli sviluppi delle ultime 48 ore
Giovedì, la società ha comunicato che il suo revisore non è riuscito a trovare 1,9 miliardi di euro di saldi in contanti sui conti fiduciari da includere nel bilancio consolidato del 2019. Ieri la situazione è precipitata ulteriormente così come il titolo (crollato di oltre l’80% in due sedute) con l’annuncio delle dimissioni del ceo Markus Braun, che è anche principale azionista della fintech tedesca. Dimissioni arrivate dopo la presa di distanza da parte delle due banche nelle Filippine che hanno dichiarato di non avere mai detenuto per conto di Wirecard gli 1,9 mld di euro incriminati. Le due banche filippine hanno dichiarato che le lettere che dimostrano l’esistenza del denaro della società sono fraudolente.
Il ceo dimissionario aveva affermato in un video di non escludere che Wirecard AG sia diventata la parte lesa in un caso di “frode di proporzioni considerevoli”. James Freis, ex chief compliance officer di Deutsche Borse, è stato nominato ceo ad interim dopo essere entrato a far parte del consiglio di amministrazione della società proprio giovedì sera. Wirecard ha anche sospeso il Chief Operating Officer Jan Marsalek.
Wirecard, secondo quanto riferito dal Wall Street Journal, avrebbe schierato terze parti e società di comodo per produrre entrate e denaro falsi che la fintech tedesca affermava di possedere, ma in realtà non era così. Per quanto riguarda i 1,9 miliardi di euro incriminati, sempre il Wsj riferisce che le prove indicano che Wirecard ha cercato di ingannare il suo revisore contabile Ernst & Young nel pensare che il denaro esistesse.
La storia dell’ascesa di Wirecard
Le origini di Wirecard risalgono al 1999, quando fu fondato il suo predecessore InfoGenie con sede a Berlino. Wirecard ha quotato le sue azioni alla borsa di Francoforte attraverso una fusione inversa con InfoGenie nel 2005. Wirecard è arrivata a una capitalizzazione di oltre 24 miliardi di euro e nel 2018 ha preso il posto di Commerzbank nell’indice Dax. Dopo il crollo degli ultimi giorni il titolo capitalizza solo 3 mld.
L’attività principale di Wirecard è l’elaborazione dei pagamenti elettronici per i commercianti. I clienti di Wirecard includono FedEx, Fitbit e la compagnia aerea olandese KLM.
Markus Braun, un informatico austriaco, è entrato a far parte di Wirecard nel 2002 e nel corso degli anni ha guidato l’azienda a un’espansione internazionale aggressiva, lanciando una filiale a Singapore e raggiungendo il mercato statunitense attraverso l’acquisizione della divisione di servizi di carte prepagate di Citigroup.
Le accuse del FT e la miopia della Consob tedesca
Per Wirecard non si è trattato certamente di un fulmine a ciel sereno e diversi commentatori criticano il modo in cui il governo tedesco ha gestito la vicenda. I risultati del ceo Markus Braun era stati messi in discussione a partire da un anno e mezzo fa da un’indagine sulle pratiche contabili di Wirecard da parte del Financial Times. Il prestigioso quotidiano finanziario londinese ha pubblicato a genaio 2019 un rapporto sul presunto uso di contratti falsi e retrodatati presso il suo ufficio di Singapore per gonfiare le entrate.
Un dosser sempre del FT lo scorso ottobre accusava il personale del team finanziario di Wirecard di cospirare per gonfiare fraudolentemente vendite e profitti nelle filiali di Dubai e Dublino e potenzialmente fuorviare il revisore contabile EY.
Davanti a queste accuse l’atteggiamento della Germania è stato a detta di molti eccessivamente indulgente. La BaFin, il regolatore finanziario tedesco, ha presentato una denuncia penale contro due giornalisti FT ai pubblici ministeri di Monaco, a seguito delle accuse a Wirecard di manipolazione del mercato. Lo scorso anno la Consob tedesca ha anche temporaneamente sospeso le vendite allo scoperto sulle azioni Wirecard.
Recentemente Bafin ha affermato di svolgere molteplici indagini su Wirecard. L’autorità di regolamentazione ha perquisito la sede centrale dell’azienda nell’ambito di un’indagine rivolta al consiglio di amministrazione dell’azienda all’inizio di questo mese.