Verbali Bce: inflazione al 2% ha creato condizioni per il taglio tassi di giugno

Fonte immagine: Getty
Si percepisce un moderato ottimismo nei verbali dell’ultimo incontro del direttivo della Banca Centrale Europea pubblicati oggi.
Quando in giugno è stato deciso un ulteriore taglio di 25 punti base di ai tassi di interesse nell’eurozona, si è osservata un’inflazione intorno al suo tasso naturale, una situazione finanziaria nei mercati internazionali volatile ma per il momento favorevole all’Europa, e una crescita economica migliore del previsto.
Tutto questo in un contesto globale che rimane comunque incerto, alle prese con la questione ancora aperta delle politiche di dazi volute dal presidente americano Donald Trump. La grande performance dell’euro sul dollaro inoltre, che ha contribuito positivamente alla riduzione dell’inflazione, se continuasse rischierebbe di pesare sugli export dell’eurozona.
In altre parole, permangono rischi all’orizzonte e questo a Francoforte sembrano averlo ben chiaro.
- I mercati finanziari: l’alta volatilità dovuta ai dazi ha premiato l’Europa
- L’apprezzamento dell’euro sul dollaro ha destato preoccupazione già il mese scorso
- Inflazione dovrebbe calare ancora nel 2026 e tornare al tasso naturale nel 2027
- L’economia: primo trimestre ha sorpreso in positivo ma l’incertezza globale peserà in quelli successivi
I mercati finanziari: l’alta volatilità dovuta ai dazi ha premiato l’Europa
A partire da gennaio 2025 la volatilità sui mercati finanziari è stata elevatissima, passando dalla grande fiducia verso “l’eccezionalismo americano” ai timori per una recessione dopo l’avvio delle politiche di dazi di Trump a partire dal 2 aprile, a cui ha di nuovo fatto seguito un ritorno all’ottimismo degli investitori.
Gli asset europei hanno recuperato a pieno e meglio di quelli americani, questo dovuto principalmente a due fattori. Il primo è stato una revisione positiva dell’outlook di crescita per il 2025 nel medio termine. Il secondo è stato un crescente interesse per gli investitori globali nel diversificare, data appunto l’imprevedibilità del mercato americano, e in questo contesto l’Europa è stata vista come un “rifugio sicuro”.
L’apprezzamento dell’euro sul dollaro ha destato preoccupazione già il mese scorso
La crescente attrattività per asset denominati in euro si è riverberata nei tassi di cambio Euro/Dollaro. La valuta unica ha vissuto un percorso del tutto peculiare rispetto ai trend storici, in cui in contesti di alta volatilità si è deprezzata rispetto al biglietto verde. Ma da aprile in poi molte cose si sono discostate dal loro andamento tradizionale e così, anche come difesa da altri potenziali shock provenienti dalle politiche della Casa Bianca, l’euro è diventato una valuta più sicura del dollaro, almeno in questa fase.
Da inizio anno l’euro ha intrapreso uno storico rally del 14% sul dollaro, e il cambio è arrivato a lambire l’1,20, territorio che sarebbe complicato per i banchieri di Francoforte, come già rimarcato in questi giorni nei meeting di Sintra, in Portogallo. Anche nell’incontro di giugno si è registrata l’inquietudine per questo andamento che, positivo per ridurre l’inflazione e portarla al tasso natural del 2%, se continuasse potrebbe avere un impatto negativo sull’export, voce fondamentale dell’economia europea, specialmente se miscelato con i dazi.
“Dazi elevati e un recente apprezzamento dell’euro dovrebbero pesare sull’export”, si legge nei verbali.
Inflazione dovrebbe calare ancora nel 2026 e tornare al tasso naturale nel 2027
Secondo le proiezioni della Bce l’inflazione nell’Eurozona l’inflazione dovrebbe scendere ancora nel corso del 2026, arrivando all’1,6%, per poi risalire al 2% nel 2027, grazie anche ai grandi sforzi di spesa pubblica previsti in Germania. “Mentre i prezzi dell‘energia e i tassi di cambio dovrebbero portare l’inflazione sotto il target per un certo periodo, le dinamiche inflattive nel medio periodo saranno probabilmente guidate dagli effetti della politica fiscale”, si legge nei verbali.
Altri fattori citati nel guidare al ribasso l’inflazione nel breve periodo sono un possibile indebolimento della domanda e un “previsto” rallentamento della crescita dei salari.
L’economia: primo trimestre ha sorpreso in positivo ma l’incertezza globale peserà in quelli successivi
Per quanto riguarda i dati macroeconomici, si è registrata nell’eurozona una certa resilienza nel primo trimestre dell’anno, con una crescita dello 0,3% o 0,4%, ma i vari i indicatori “puntano verso una moderazione nel secondo trimestre, con l’incertezza che peserà su servizi e investimenti”.
L’indice Pmi manufatturiero e i nuovi ordini sono stati in territorio espansivo per tre mesi consecutivi e “le aspettative riguardo ad un futuro output al massimo livello in oltre tre anni”. Questo è stato considerato come un fattore positivo ma “rifletteva in parte un aumento temporaneo del manifatturiero, derivante da un’accelerazione dell’export” in previsione da rallentamenti futuri dovuti a dazi più elevati e che un euro forte rallenterà ulteriormente.