Grande rimonta dell’euro sul dollaro preoccupa la Bce. Arrivare a 1,20 segnerebbe nuovo equilibrio

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Un apprezzamento troppo rapido dell’euro sul dollaro potrebbe rappresentare un elemento disinflazionistico troppo spinto ed uno ostacolo nel mantenere l’inflazione dell’eurozona attorno al target del 2%.
I funzionari della Bce se ne sono accorti e, come riporta Bloomberg, il tema è stato ieri tra i più dibattuti nel corso del meeting annuale a Sintra, in Portogallo, mentre il cambio EUR/USD è intorno a 1,18.
Euro in rialzo del 14% sul dollaro quest’anno, i dazi di Donald Trump fattore chiave
La moneta unica ha guadagnato circa il 14% sul dollaro quest’anno, con la valuta americana alla prese con una crisi di fiducia dovuta principalmente alla politica di dazi di Donald Trump, che riscriverebbe in modo sostanziale la politica del commercio internazionale degli ultimi decenni. Gli investitori stanno cercando rassicurazioni anche fuori dal mercato americano e l’euro se n’è avvantaggiato ma un eccesso di crescita potrebbe far scendere troppo l’inflazione in Europa, portandola sotto il 2% e danneggiando la competitività.
La soglia di scambio di 1,20 dollari per 1 euro è il limite psicologico oltre il quale si entrerebbe in una zona rischiosa, ha detto il vice presidente Bce Luis de Guindos. Come ha dichiarato a Bloomberg Television, fino a quel punto è lecito non preoccuparsene troppo, ma andare oltre “sarebbe molto più complicato”.
Il rally dell’euro era stato accolto con favore inizialmente, anche come toccasana contro l’inflazione e per ridare un certo lustro internazionale alla moneta unica. Tuttavia si può avere anche “too much of a good thing” e il limite pare essere appunto quello di un euro valutato oltre il 20% sopra il dollaro.
Lagarde: qualcosa si è rotto con il dollaro, vedremo come andranno le cose
Secondo gli operatori del mercato la barriera verrà sfondata l’anno prossimo.
“C’è un po’ di ribilanciamento specialmente da parte degli investitori europei – ma anche di quelli globali – verso l’euro”, ha detto a Cnbc il capo economista della Bce Philip Lane, “Ciò che abbiamo visto finora sembra durevole ma ovviamente siamo molto curiosi di vedere cosa succederà”.
Dal punto di vista degli osservatori certi commenti da parte di funzionari dell’istituto centrale europeo segnalano una certa inquietudine. “Non lo vogliono ammettere ancora ma un euro forte sarà una preoccupazione crescente”, ha detto Carsten Brzeski di ING. “Un ulteriore rafforzamento dell’euro non solo porterà una maggiore pressione disinflazionistica ma anche il rischio di un danno economico al già sofferente settore dell’export”.
La presidente della Bce Christine Lagarde ha evitato i commenti ma ha detto che il 2025 potrebbe essere un anno decisivo per il dollaro. “C’è chiaramente qualcosa che si è rotto, e se questo sia aggiustabile o se continuerà a restare rotto, il verdetto ancora non c’è”.
Evento tecnico e ciclico di portata storica: il commento di eToro
Gabriel Debach, market analyst di eToro, ricorda come la lunga serie di sedute consecutive al rialzo nello scambio Euro/Dollaro – nove finora – sia un evento raro che non succedeva dal 2009, quando le sedute rialziste si arrestarono al record storico di dieci.
Soprattutto, l’analista pone l’enfasi sul +13,8% messo a segno dall’euro da inizio 2025, “una performance così solida da non trovare eguali dal secondo semestre del 1991“, periodo in cui la moneta unica esisteva solo nella form adi ECU. “In altre parole: non siamo di fronte a un semplice rimbalzo tattico, ma a un evento tecnico e ciclico di portata storica”, ha detto.
Debach si è soffermato sulle dichiarazioni della Lagarde in merito al dollaro, considerandole molto importanti, perché “pur senza mettere formalmente in discussione l’egemonia del biglietto verde, Lagarde ammette che il suo ruolo è oggi sotto osservazione come non accadeva da almeno due decenni.”
La tensione tra la lettura tecnica e la realtà macro, dice Debach, rende la dinamica attuale molto interessante, perché non è detto che la Bce desideri il rafforzamento dell’euro su questi livello, ed “ancor meno è chiaro se sarà in grado di gestirne le conseguenze”.
Infatti tutto questo avviene in un eurozona ancora intrappolata in una crescita asfittica, in un continente storicamente e strutturalmente incapace di muoversi rapidamente in relazione agli eventi.
In ogni caso, prosegue Debach, “se l’euro si sta rafforzando, non è solo questione di Fed, BCE o differenziali di crescita. È anche un riflesso del graduale processo di erosione del dominio del dollaro“, quindi “più che un cambio forte, l’EUR/USD riflette una perdita di egemonia sistemica: il centro si sposta, i flussi si diversificano, le riserve si riposizionano.
In conclusione, ha detto, “se l’EUR/USD dovesse superare quota 1,20, non sarebbe solo un breakout tecnico. Sarebbe il segnale di un nuovo equilibrio valutario globale che si sta formando lentamente: una BCE fragile ma stabile, un dollaro in ritirata, un’Asia che esporta deflazione, un’Europa che, nonostante tutto, torna ad attrarre flussi come porto sicuro secondario.”