Notizie Notizie Mondo UnBrexit, il Grande Reset & Co. Saxo Bank presenta le 10 previsioni oltraggiose per il 2023

UnBrexit, il Grande Reset & Co. Saxo Bank presenta le 10 previsioni oltraggiose per il 2023

7 Dicembre 2022 15:48

C’è anche l’UnBrexit, stavolta, nelle previsioni oltraggiose formulate, come ogni anno, da Saxo Bank: Outrageous Predictions 2023: The War Economy“: questo il titolo del consueto report annuale degli esperti della banca danese.

Dalle dimissioni del presidente francese Emmanuel Macron a prezzi dell’oro fino a quota $3000, fino a un referendum UnBrexit nel Regno Unito: sono solo alcune delle previsioni snocciolate dagli analisti, che nella premessa scrivono:

Finiti sono i giorni in cui i bassi tassi di interesse nutrivano i sogni di un mondo armonioso, costruito sulle energie rinnovabili, sull’eguaglianza e su banche centrali indipendenti”.

“Nel 2023, le economie mondiali si trasformeranno in modalità economia di guerra, dove i guadagni economici sovrani e la logica del far affidamento su se stessi affosseranno la globalizzazione”.

Con la guerra in Ucraina scatenata dalla Russia di Vladimir Putin che ha già cambiato i connotati dell’ordine mondiale, assisteremo agli ultimi singulti della globalizzazione?

Le previsioni oltraggiose di quest’anno – spiegano direttamente dai piani alti di Saxo Bank sostengono che una qualsiasi eventuale fiducia in un ritorno alla dinamica disinflazionistica precedente la pandemia non avrà ragione di esistere, visto che siamo entrati in una economia di guerra globale, dove ogni singola grande potenza del mondo sta scattando per rafforzare la propria sicurezza nazionale su tutti i fronti; che sia in senso prettamente militare, o a causa delle profonde incertezze finanziarie, energetiche, relative alle catene di approviggionamento, che sono state messe a nudo dall’esperienza della pandemia e dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia”, avverte Steen Jakobsen, direttore degli investimenti di Saxo.

Un mondo insomma, quello paventato dagli analisti, dove in sostanza l'”Io” soppianterà sempre di più il “Noi”, dove gli interessi dei paesi sovrani tenderanno a prevalere su quelli dell’intera collettività. Ma non sempre. Per l’Unione europea, per esempio, per chi crede nell’Europa unita, il 2023 riserverà più di una buona notizia.

Le nostre previsioni oltraggiose per il 2023 ruotano sul modo in cui l’attenzione che i paesi daranno ai loro interessi condizionerà l’economia globale e l’agenda politica”, precisano ancora da Saxo Bank.

Ricordiamo che le previsioni oltraggiose di Saxo Bank sono considerate dalla stessa banca danese eventi improbabili, e che tuttavia spesso vengono sottovalutati: eventi in ogni caso di grande portata che provocherebbero grandi terremoti non solo economici e finanziari, ma anche sociali.

Di seguito, le previsioni oltraggiose o, anche, i dieci cigni neri di Saxo Bank

Nel 2023, i proprietari delle società tecnologiche più importanti al mondo e altri miliardari tecnofili,  scalpiteranno, impazienti di fronte all’assenza di progressi nello sviluppo di una infrastruttura energetica necessaria alla realizzazione dei loro sogni e, anche (soprattutto), volta ad affrontare la transizione energetica. Unendo le loro forze, questi miliardari creeranno un consorzio con nome in codice Third Stone, che avrà come obiettivo quello di raccogliere più di un trilione di dollari da investire in soluzioni energetiche. Si tratterà del più grande sforzo di ricerca e di sviluppo realizzato dai tempi del Manhattan Project che sviluppò la prima bomba atomica.

Saxo Bank ‘presenta’ la fine di Macron

Il presidente francese Emmanuel Macron rassegnerà le proprie dimissioni:

Quando si aggiudicò il secondo mandato nel maggio del 2022, il presidente Emmanuel Macron credette che avrebbe potuto portare la Francia lungo la strada regale delle riforme. Tuttavia, questo è stato prima delle elezioni del giugno del 2022, che hanno visto il suo partito e i suoi alleati perdere la maggioranza in Parlamento, costringendo così Macron a scendere a compromessi”, ricorda Saxo Bank. “E questo è qualcosa a cui lui non è abituato”, viene precisato.

Alle prese con una forte opposizione formata sia dall’alleanza NUPES di sinistra che dall’estrema destra National Rally di Marine Le Pen, il governo non ha altra scelta che far approvare le leggi più importanti e la legge di bilancio per il 2023 attraverso la via veloce dei decreti, attivando l’articolo 49.3 della Costituzione. Tuttavia, bypassare il Parlamento non può essere un modo per governare in una democrazia. Almeno, non nel lungo periodo”.

Dunque, cosa succederà in Francia nel 2023?

Macron all’inizio penserà di dissolvere il Parlamento per ricorrere alle elezioni anticipate. Ma i sondaggi indicheranno che questa non è la soluzione, visto che si tradurrebbe in un parlamento appeso. Di conseguenza, Macron capirà di essere un’anatra zoppa per i quattro anni successivi e che non riuscirà a far approvare la sua riforma sulle pensioni”.

E così, “seguendo l’esempio del fondatore del sistema democratico della Francia Charles de Gaulle nel 1946 e nel 1969, deciderà a sorpresa di dimettersi all’inizio del 2023. In un discorso alla TV, criticherà l’assoluto blocco da parte dell’opposizione e annuncerà il ritiro dalla politica. Con la Francia che si preparerà a nuove elezioni presidenziali, Macron deciderà di realizzare il suo sogno nel cassetto di creare una start-up“.

L’oro schizzerà a quota $3000

Per Saxo Bank, il 2023 sarà l’anno della riscossa dell’oro, “dopo un 2022 sfidante, in cui molti investitori sono rimasti frustrati dall’ incapacità (del metallo prezioso) di segnare un rally, nonostante il balzo dell’inflazione al record degli ultimi 40 anni. Verrà fuori che il fattore chiave che avrà impedito all’oro di esprimere il suo potenziale sarà la convinzione errata del mercato sul fatto che l’inflazione si confermerà transitoria”.

Un altro grande equivoco, insomma.

D’altronde, “le banche centrali anticipano che l’inflazione tornerà al target entro l’arco di appena due anni e anche i mercati, che guardano all’inflazione futura, prevedono lo stesso”.

Dunque, “come avrebbe potuto l’oro segnare un rally nel 2022, specialmente in termini di dollari, a fronte di un rendimento ben superiore al 4% dei Treasuries Usa a 5 anni e di una inflazione forward a 5 anni prezzata in calo sotto il 2,5%?”.

Per Saxo, “il 2023 è l’anno in cui il mercato scoprirà finalmente che l’inflazione rimarrà ancora in fiamme nel prossimo futuro. Le misure restrittive della Fed, dunque i rialzi dei tassi e il QT-quantitative tightening, sferreranno un nuovo colpo ai mercati dei Treasuries Usa, al punto che sarà necessario adottare nuove misure subdole per contenere la volatilità del mercato dei titoli di stato Usa”.

Misure che, secondo Saxo, “corrisponderanno di fatto a un Quantitative easing“.

Con l’arrivo della primavera, la Cina deciderà di allontanarsi ulteriormente dalla sua zero-Covid policy, fattore che secondo la banca farà risorgere la domanda cinese, scatenando “un nuovo profondo balzo dei prezzi delle commodities, che infiammerà ulteriormente l’inflazione, soprattutto in termini di dollari, visto che i nuovi allentamenti della Fed puniranno il biglietto verde.

Il risultato sarà che l’oro volerà fino a quota $3000, balzando dunque del 70% rispetto ai valori attuali, attorno a $1.778 l’oncia.

L’UE si rafforzerà con le Forze Armate UE

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato la guerra in Europa per la prima volta dal 1945, mentre le elezioni midterm Usa del 2022 si sono tradotte in un forte aumento della presenza, nel Congresso Usa, dei repubblicani della destra populista. In più, l’ex presidente americano Donald Trump si è detto pronto a candidarsi alle elezioni presidenziali del 2024″.

Tutti elementi che vedono un’America pronta a ripiegarsi su se stessa, più che a tendere la mano, ancora, all’Europa.

Saxo Bank vede così, “nel 2023, la necessità per l’Europa di dotarsi di una propria difesa”. Necessità che “diventerà più chiara che mai, visto che l’Unione non potrà fare affidamento come prima a una politica Usa sempre più volubile, e dunque in una situazione in cui rischia che gli Stati Uniti ritirino del tutto i loro impegni verso l’Europa, forse a seguito di un eventuale armistizio tra la Russia e l’Ucraina.

La previsione oltraggiosa è dunque che, “nel 2023, tutti i paesi membri dell’Unione europea si attiveranno per creare prima del 2028 le Forze Armate UE, con l’obiettivo di stabilire forze operative  via terra, via mare, via aria totalmente equipaggiate”.

L’esercito UE “verrà finanziato con una spesa di 10 trilioni di euro, spalmati per più di 20 anni”, scrive Saxo prevedendo che, “per finanziare le nuove forze armate UE, l’Ue emetterà bond UE, a seconda del Pil di ciascun paese membro. Ciò rafforzerà in modo drastico il mercato del debito sovrano UE, alimentando una forte ripresa nell’area euro grazie all’aumento massiccio degli investimenti”.

L’effetto sarà visibile sui mercati, “con i titoli delle società europee attive nel ramo della difesa che sovraperformeranno il mercato azionario europeo del 25% e nuovi ETF sul settore della difesa che saranno creati, beneficiando di un forte interesse degli investitori”.

Brexit addio, Saxo ‘vede’ referendum UnBrexit

Tra le previsioni oltraggiose di Saxo Bank c’è anche quella che conferma il desiderio crescente di molti cittadini britannici di dire addio alla Brexit:

UK holds UnBrexit referendum”, scrive Jessica Amir, presentando uno dei cigni neri più rilevanti che compongono le previsioni oltraggiose di Saxo Bank, ovvero, “Nel Regno Unito si terrà il referendum UnBrexit”.

Amir fa notare che, dopo il duo disastroso Truss-Kwarteng, che ha fatto collassare sia la sterlina che i bond UK (Gilt), proponendo il cocktail tossico di tagli alle tasse e sussidi volti a sostenere la domanda, il Regno Unito è alle prese con il nuovo duo Rishi Sunak-Jeremy Hunt, che “non farà altro che varare un’austerity fiscale deprimente, fatta di aumenti delle tasse e di tagli alle spese”.

La domanda è: il governo Sunak “riuscirà davvero ad aumentare la sostenibilità della traiettoria del debito UK?”.

Per un po’, forse – scrive Jessica Amir – Ma si tratta solo di un altro cocktail tossico che ha come obiettivo quello di affossare il reset inflazionistico che Truss e Kwarteng avrebbero potuto provocare, se ne avessero avuto l’occasione“.

Piuttosto, il duo riuscirà a sferrare il colpo di grazia ai Tory.

Nel 2023, il duo Sunak-Hunt riuscirà a far affondare la popolarità dei Tory a minimi mai sentiti prima, visto che il programma fiscale brutale promosso porterà il Regno Unito a scivolare in una recessione devastante, caratterizzata da un balzo della disoccupazione e, ironia della sorte, da un balzo anche dei deficit, visto l’esaurimento delle entrate fiscali”, scrive Jessica Amir di Saxo Bank.

“Ci saranno manifestazioni e proteste con cui i cittadini chiederanno a Sunak di indire elezioni anticipate vista l’assenza, nel caso del suo governo, di un mandato da parte del popolo. Nel bel mezzo di un’economia a pezzi, alcuni sondaggi lanciati sia in Inghilterra che in Galles confermeranno un ripensamento dei cittadini riguardo alla convenienza della Brexit“.

Amir scrive che “molti fanno già notare come una schiacciante maggioranza dei giovani britannici sia favorevole al ‘Remain’: più dell’80% dei giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni voterebbe Remain, contro i quasi 2/3 degli elettori oltre i 65 anni che hanno votato Leave, di cui molti, nel frattempo, sono passati a miglior vita e tra cui sono davvero pochi quelli che fanno ancora parte della forza lavoro UK”.

In questo caso la previsione oltraggiosa di Saxo Bank è di un premier Sunak “che alla fine si arrende e annuncia il ritorno alle urne, dimettendosi per consentire a un nuovo esponente dei Tory di prendere il potere di un partito a dir poco malconcio”.

Ma niente nuovo governo Tory.

A quel punto, prevede infatti Saxo Bank, il leader dei laburisti Keir Starmer, notando il sostegno del popolo a un secondo referendum sulla Brexit, e a fronte della crescente popolarità dei liberaldemocratici – che chiedono un secondo reeferendum -, decide di sostenere un nuovo referendum per far tornare il Regno Unito nell’Unione europea.

Un governo laburista prende il potere nel terzo trimestre, promettendo un referendum UnBrexit per il 1° novembre 2023″.

L’esito del referendum? Una vittoria per l’Europa.

“A vincere è il fronte ReJoin”.

I mercati del Regno Unito brindano alla notizia:

Dopo una performance all’insegna della debolezza all’inizio del 2023, la sterlina recupererà il 10% sull’euro, e il 15% sul franco svizzero, anticipando il sostegno che il ritorno nell’Ue darà al settore dei servizi finanziari di Londra”, in sostanza alla City.

Il grande reset del Giappone

Saxo Bank prevede una grande metamorfosi, anzi un grande reset, per l’economia giapponese, nel corso del 2023.

A suo avviso, “il Giappone peggherà il rapporto USD-JPY, ovvero dollaro-yen, a quota 200, al fine di resettare il suo intero sistema finanziario.

Ovvero?

Con il passaggio dal 2022 al 2023, la pressione sullo yen e sul sistema finanziario giapponese tornerà a montare, a causa della crisi di liquidità globale che la politica monetaria restrittiva aggressiva lanciata dalla Fed e i tassi più alti dei Treasuries Usa hanno messo in azione”.

All’inizio, la Bank of Japan e il ministero delle Finanze gestiranno la situazione, rallentando e poi fermando gli interventi sul mercato del forex, dopo aver riconosciuto la minaccia esistenziale alle casse dello Stato, creata con la decisione di bruciare più della metà delle riserve della banca centrale (con gli interventi precedenti)”.

Tuttavia, “con il rapporto dollaro-yen che salirà fino a 160 e 170 e le proteste pubbliche contro il balzo dell’inflazione che diventeranno più potenti, le autorità capiranno che la crisi richiederà una nuova azione forteQuando il rapporto dollaro-yen volerà oltre quota 180, il governo e la banca centrale agiranno. Come prima cosa, annunceranno un floor dell’USDJPY a quota 200, comunicando che si tratterà solo di un intervento temporaneo di una durata ancora sconosciuta, che consentirà il reset del sistema finanziario giapponese. Questo reset implicherà che la Bank of Japan si muova esplicitamente per monetizzare tutte le sue partecipazioni nei debiti, cancellandole”.

Successivamente, “il QE e la monetizzazione saranno ulteriormente estesi per continuare a ridurre il peso del debito pubblico del Giappone, ma con un piano di tapering pre-stabilito che avverrà nei 18 mesi successivi. La mossa porrà il debito pubblico del Giappone su un percorso di discesa fino al 100% del Pil, alla fine delle operazioni della BOJ, dunque a un livello pari a meno della metà del punto di inizio (del rapporto debito-Pil)”.

A quel puntola BOJ alzerà i tassi all’1%, ritirando la politica di controllo della curva dei rendimenti (YCC), fattore che permetterà al tasso a 10 anni dei titoli di stato giapponesi di salire al 2%. Le banche saranno ricapitalizzate per evitare casi di insolvenza; al contempo verranno lanciati incentivi fiscali per il rimpatrio degli enormi risparmi che i giapponesi detengono all’estero: trilioni di yen torneranno in Giappone, anche grazie alle esportazioni, che continueranno a crescere. Il Pil reale del Giappone scenderà dell’8% scontando il calo del potere di acquisto anche se il Pil nominale salirà del 5% con l’aumento del costo della vita. Ma il reset rimetterà il Giappone su un percorso stabile, proponendosi come un modello di risposta alla crisi per altre crisi simili che, inevitabilmente, colpiranno l’Europa e anche, alla fine, gli Stati Uniti“.

Controlli dei prezzi per un tetto all’inflazione

Secondo Saxo Bank “l’inflazione rimarrà una sfida nel 2023, da tenere sotto controllo fino a quando la globalizzazione continuerà ad andare al contrario e le necessità energetiche di lungo termine non verranno affrontate”.

La banca danese ricorda che “quasi tutte le guerre hanno portato controlli dei prezzi e razionamenti, situazioni in apparenza inevitabili come le vittime nei terreni di battaglia (..)”.

Per esempio, “nel corso degli ultimi cento anni e più, abbiamo assistito all’imposizione di controlli dei prezzi e a razionamenti, durante le due Guerre Mondiali. E anche in un contesto non di guerra, i prezzi e anche i controlli sui salari sono stati varati, per esempio con il governo UK del primo ministro Wilson e anche con il presidente americano Nixon“.

Il 2022 – continuano gli esperti – ha già visto iniziative caotiche volte a gestire l’inflazione. Le tasse sugli extraprofitti delle società energetiche sono sempre più diffuse, in un contesto in cui i governi non riescono a utilizzare lo strumento classico del razionamento dell’offerta. Piuttosto, i governi stanno fornendo attivamente sussidi alla domanda in eccesso, fissando tetti ai prezzi del riscaldamento e dell’elettricità sostenuti dai consumatori”.

Esempio lampante:

“In Francia, questo significa anche che le utilities possono finire in bancarotta per essere poi nazionalizzate. Il conto passa dunque al governo e poi alle valute attraverso l’inflazione. Poi ci sono quegli sforzi, destinati probabilmente a fallire, dei funzionari occidentali, volti a fissare un tetto ai prezzi energetici russi a partire dal 5 dicembre. L’intento è affamare la Russia di entrate fiscali e, magari, di rendere più convenienti, ovunque, i prezzi del petrolio esportato. Il punto è che nessuna delle due cose, probabilmente, accadrà”

In un’economia di guerra – si legge nel rapporto – la mano del governo si espanderà senza pietà, fino a quando le pressioni sui prezzi minacceranno la stabilità. Tra le autorità l’opinione è che l’aumento dei prezzi in qualche modo implichi il fallimento del mercato e che dunque ci sia bisogno di un maggiore intervento, per impedire che l’inflazione destabilizzi l’economia e anche la società”.

Dunque, “nel 2023, aspettatevi una diffusione dei controlli dei prezzi e anche dei salari, forse anche qualcosa come una nuova Commissione nazionale per i prezzi e i redditi che venga istituita nel Regno Unito e negli Stati Uniti”.

Provvedimenti che tuttavia, almeno per Saxo bank , non funzioneranno:

Il risultato sarà uguale a quello che è stato di quasi tutte le politiche di governo: la legge delle conseguenze non intenzionali. Controllare i prezzi senza risolvere i problemi sottostanti non solo genererà maggiore inflazione ma rischierà anche di spezzare la fabbrica sociale abbassando il tenore di vita, a causa dei disincentivi alla produzione e alla allocazione inefficiente di risorse e investimenti. Soltanto i prezzi di mercato possono garantire il miglioramento della produttività e l’efficienza attraverso gli investimenti. Sembra che dovremo tornare a imparare di nuovo la lezione, nel 2023 e oltre”.

Un paese metterà al bando produzione carne

Tra i cigni neri firmati da Saxo Bank c’è anche la decisione di un’economia di vietare del tutto la produzione di carni che implichino l’utilizzo di carne viva.

D’altronde, “per riuscire a centrare il target di zero emissioni nette entro il 2050, un rapporto stima che i consumi di carne dovrebbero essere ridotti a 24 kg per persona all’anno, rispetto all’attuale media nei paesi Ocse, che si aggira attorno ai 70 kg”.

Detto questo, “i paesi che valuteranno il fattore cibo nella questione dei cambiamenti climatici saranno quelli che sono vincolati legalmente a centrare i target di zero emissioni nette”.

Saxo Bank ricorda a tal proposito che la Svezia ha promesso di raggiungere la neutralità sul carbone entro il 2045, mentre altri paesi come il Regno Unito, la Francia e la Danimarca hanno come obiettivo l’anno 2050.

Ma ancora prima ci sarà un paese che deciderà di mettere al bando tutte le carni prodotte con carne viva di animali entro il 2030, nella speranza che le carni artificiali di origine vegetale e le carni ‘cresciute’ in laboratorio grazie all’adozione di tecnologie meno inquinanti riescano a soddisfare gli appetiti, al punto tale da salvare l’ambiente e il clima.

Bancor: la nuova moneta anti-dollaro

Last but noi least, ecco l’ultima previsione oltraggiosa per il 2023 lanciata da Saxo Bank.

La banca danese prevede che, nel riconoscere l’utilizzo del dollaro Usa come arma da parte del governo di Washington, i paesi non alleati agli Usa agiranno per lasciare il dollaro e il Fondo Monetario Internazionale.

Obiettivo: “creare una unione internazionale di compensazione (ICU) e un nuovo asset di riserva, il Bancor (ticker KEY)”.

Queste economie si ispireranno all’idea dell’economista britannico John Maynard Keynes di ricostruire un sistema monetario internazionale senza che ci sia un paese egemone.

Saxo Bank prevede una conferenza epocale che si riunità ad Astana, Kazakhistan, e che riunirà i leader dei paesi Opec+, la Cina continentale, di Hong Kong, di India, del Brasile, del Pakistan, dei paesi dell’Asia centrale e decine di paesi dell’Unione Africana.

Bando paradisi fiscali, muore private equity

Il private equity rischia di non sopravvivere alla fine dei paradisi fiscali? Saxo Bank ricorda che “l’Ocse ha concordato di muoversi nel 2023 in modo più aggressivo contro i paradisi fiscali, mettendo al bando i più grandi paradisi fiscali del mondo, come le isole Cayman, le Bermuda, le Bahamas, le Mauritius e l’Isle of Man. La messa al bando significa che, nei paesi Ocse, le acquisizioni di aziende non potranno essere effettuate attingendo ai capitali che arrivano dalle entità che operano nei paradisi fiscali, ma solo a quelli di provenienza Ocse o di paesi che adottano gli standard di trasparenza dell’Ocse sui capitali”.

Saxo Bank ricorda che, a fare un uso massiccio dei paradisi fiscali non sono solo molti Paperon de’ Paperoni ma anche intere industrie, “come quelle del private equity e del venture capital, che si affidano a strumenti come fondi offshore per attrarre capitali da investitori stranieri che operano in giurisdizioni fiscali differenti“.