Un pizzico di Bitcoin e la volatilità del portafoglio si impenna. L’analisi di Credit Suisse sulle cripto tanto amate da ricchi e millenials
Come ormai sappiamo le criptovalute sono “monete” uniche e codificate memorizzate in un registro blockchain. La tecnologia blockchain (registro distribuito o catena di blocchi) permette la creazione e l’estrazione di criptovalute e questo registro non solo documenta tutte le transazioni tra partecipanti ma anche l’origine di queste monete. Come il denaro fornito dalle banche centrali, le criptovalute vengono create su diverse reti (Bitcoin, Ethereum, ecc), ma questo secondo un software open-source in un processo digitale e decentralizzato piuttosto che in un processo centralizzato come avviene nelle banche centrali tradizionali.
A novembre 2021 la capitalizzazione di mercato totale di tutte le criptovalute è stimata intorno a 2,5 trilioni di dollari e il solo bitcoin rappresenta circa 1 trilione di $.
Come evidenzia il report “Distributed Ledger Technology (DLT) and crypto assets” di Credit Suisse, le criptovalute sono diventate, in molti Paesi, parte integrante dei portafogli privati degli “individui ad alto patrimonio netto” (UHNWI). In media in tutti i Paesi gli stanziamenti in criptovalute sono stati stimati pari all’1% degli stanziamenti totali.
A conferma della sempre maggiore attenzione verso le criptovalute, il Capgemini World Wealth Report 2021, che si basa su un sondaggio condotto su oltre 2.900 individui facoltosi in 26 Paesi, rileva che il 72% degli intervistati ha investito in criptovalute, mentre il 74% in altre risorse digitali come i nomi di dominio dei siti Web.
Un recente sondaggio ha rilevato che il 41,51% di tutte le persone investite in bitcoin sono millennials di età compresa tra i 25 e i 35 anni. Le criptovalute esercitano quindi un fascino particolare per le nuove generazioni che sono più critiche, rispetto a quelle precedenti, verso il sistema finanziario tradizionale complice la grande crisi finanziaria del 2008. I giovani investitori, nonostante l’altissima volatilità, sono attratti dai forti apprezzamenti di alcune criptovalute, infatti, il bitcoin da un prezzo vicino allo zero nel 2010 si trova ora a più di 57.000 $.
Negli Stati Uniti, un recente sondaggio stima che 46 milioni di persone (22% degli adulti), possiedano già bitcoin e l’80% sposterebbe i propri crypto asset nella propria banca se questa gli offrisse uno spazio sicuro di archiviazione.
Cripto e volatilità del portafoglio
Gli analisti di Credit Suisse hanno creato un ipotetico portafoglio bilanciato, in cui hanno incluso bitcoin negli investimenti alternativi e hanno parallelamente ridotto le partecipazioni in hedge fund. I risultati mostrano che con un’allocazione del 2%, 5% e 10 % in bitcoin, la volatilità attesa del portafoglio risulta essere pari rispettivamente a 9,1%, 13,5% e 22,6%. Una volatilità di portafoglio quindi molto più alta rispetto al loro attuale portafoglio bilanciato che presenta una volatilità attesa del 7,6%.
Un’allocazione relativamente piccola del 2% in bitcoin all’interno di un portafoglio bilanciato in USD rappresenterebbe già il 25% del rischio totale del portafoglio.
I drawdown improvvisi, in determinati periodi, di bitcoin lo mettono infatti in una posizione di svantaggio rispetto alle asset class, infatti, negli ultimi dieci anni, il bitcoin ha registrato tre casi di drawdown dell’80% entro 18 mesi dal picco precedente.
Cosa dice l’analisi tecnica
Credit Suisse non fornisce un’analisi fondamentale delle criptovalute poiché trova difficile stimare valori o previsioni. Dal punto di vista dell’analisi tecnica, l’incessante trend rialzista di bitcoin da marzo 2020, sebbene ancora intatto “si è notevolmente stancato”, con lo slancio settimanale dell’indice di forza relativa incapace di confermare l’ultima spinta verso nuovi massimi. Questi ultimi massimi stessi sono anche limitati alla resistenza di aprile di quest’anno, ora vista a 70.000 USD.
“La caduta successiva ha già riportato il bitcoin a quelli che possono essere visti come supporti chiave a lungo termine dalla sua media di 200 giorni e dal minimo di settembre rispettivamente a 46.445 USD e 36.925 USD. Per ora, se questo cluster di supporto chiave regge, definirebbe l’estremità inferiore di una fase laterale più ampia”, rimarcano gli esperti di Credit Suisse, che aggiungono. “Una chiusura settimanale al di sotto del minimo di 36.925 dollari di settembre, tuttavia, segnerebbe il primo segnale significativo che potrebbe essere in atto un picco più duraturo. Il supporto chiave da monitorare quindi sarebbe il minimo di 28.825 USD di giugno, poiché una rottura al di sotto di questo livello cardine segnerebbe un significativo cambiamento di tendenza al ribasso”. Sarebbe invece necessaria una chiusura settimanale al di sopra di 70.000 USD per suggerire che il trend rialzista di base può riacquistare slancio al rialzo, con una resistenza poi vista a 81.000 $.