Ubi Banca sforna piano ambizioso e nuovi tagli, titolo gioisce ed euforia contagia anche Bper e Banco. Massiah: M&A ci sarà ma timing incerto
Ubi Banca è il best performer del Ftse Mib con un progresso del 5,8% a 3,5 euro. Il titolo veleggia sui massimi dall’autunno 2018 con un saldo di quasi +30% da inizio mese. A trainare verso l’alto le quotazioni il nuovo piano industriale al 2022 presentato questa mattina agli investitori. La reazione positiva del mercato al nuovo piano si fa sentire anche sugli altri titoli bancari, in particolare Banco BPM (+4,5%) e Bper (+3%), due delle banche che potenzialmente potrebbero essere coinvolte nel prossimo giro di M&A. Molto bene anche Unicredit (+1,6%).
Nel dettaglio, la banca si attende un pay out medio del 40% nell’arco di piano, coerente con il mantenimento di un CET1 ratio al 12,5% a fine anno. Nel 2022, si legge nella nota, è possibile ulteriore incremento del dividendo in caso di CET1 ratio superiore al 12,5%. Previsioni che vanno oltre le stime degli analisti di Equita che indicavano un CAGR del 5% al 2022 a 15 centesimi (dai 13 del 2019) pari ad un payout del 30% e yield 4,6% (ora 4%). Inotlre, Equita si attendeva un CET1 2022 di 13,3% (dal 12,3% nel 2019) senza incorporate alcun impatto esplicito da Basilea 4.
“Grazie all’incremento della redditività complessiva, il piano prevede un dividendo costantemente in crescita, coerente con il mantenimento di un CET1 a livelli di assoluta solidità. Il triennio di Piano rappresenta in modo simbolico il lasciarsi alle spalle un decennio di crisi che la Banca peraltro ha affrontato con resilienza” ha commento Victor Massiah, ceo di Ubi Banca.
Anche gli utili attesi battono le stime degli analisti. L’utile netto d’esercizio è previsto salire nel 2022 a 665 milioni (non sono previste poste non ricorrenti) rispetto ai 251 (353 al netto delle poste non ricorrenti) del 2019, configurando un ROTE dell’8,3%4 a fine 2022. In uno scenario di tassi di mercato a 0% (quindi non positivi), l’utile netto si incrementerebbe di oltre 100 milioni al 2022, con un ROTE del 9,5%. Equita si aspettava una previsione di utile a 535 milioni al 2022.
Taglio costi con oltre 2.000 esuberi
Il nuovo piano al 2022 di Ubi Banca punta a una riduzione dei costi. I numeri del piano indicano infatti oneri operativi attesi attestarsi a 2,2 miliardi nel 2022, con un CAGR del -1,9% dal 2019 al 2022. Significativi risparmi saranno ottenuti attraverso la riduzione ulteriore delle “altre spese amministrative”, che verranno ulteriormente ottimizzate e per le quali è stato implementato uno zero-based budgeting; l’esecuzione di iniziative immobiliari, tra cui la razionalizzazione e il consolidamento delle sedi direzionali – la razionalizzazione della presenza del gruppo su Milano si inserisce in tal ottica -, la chiusura di 175 filiali coerente con la realizzazione del nuovo modello di servizio alla clientela soprattutto retail, la vendita di immobili non strumentali e l’energy management; infine, l’uscita di circa 2.030 risorse in arco piano (incluse circa 300 risorse oggetto di accordo sindacale a gennaio 2020, il cui costo pari a 46,8 milioni netti è già stato incluso nei risultati dell’esercizio 20192).
Il controllo dei costi sarà accompagnato da significativi investimenti in IT necessari al progetto di trasformazione del Gruppo “Change the Bank” e dalla contestuale riduzione della spesa tecnologica ordinaria “Run the Bank”.
Massiah ha commentato: “Continueremo a mantenere il controllo sui costi, nonostante gli importanti investimenti previsti, a monitorare il rischio, con l’ulteriore riduzione dei crediti deteriorati grazie alla forza della nostra piattaforma interna di recupero, e a rafforzare i controlli. La banca potrà contare sul mantenimento di indici patrimoniali e strutturali in grado di garantire la consueta solidità ma allo stesso tempo potrà far leva su significativi elementi di flessibilità”.
I tre pilastri del piano
Il piano è stato sviluppato in ipotesi di scenario economico conservativo e si articola su tre pilastri di sviluppo, generatori di maggior redditività: la rigorosa attenzione alla selezione del credito e alla qualità dell’attivo; la trasformazione del business Retail grazie alla forte riduzione del cost to serve, abilitata dalla digitalizzazione e dall’ulteriore miglioramento del servizio (omnicanalità) accompagnato da un progetto di up/reskilling delle risorse; l’ulteriore rafforzamento del servizio ai clienti high end (premium, private, corporate, CIB) grazie a un’evoluzione delle piattaforme esistenti e a un forte investimento in formazione e specializzazione dei team.
I tre pilastri sono supportati da fattori abilitanti trasversali necessari al raggiungimento degli obiettivi: il rafforzamento della capacità di analisi dati; la ridefinizione della struttura organizzativa in funzione del supporto all’innovazione; la disponibilità di un assetto flessibile abilitante a gestire eventuali necessità di adeguamento della strategia in corso di Piano derivanti da significative variazioni del contesto esterno; la creazione di una struttura ad hoc destinata alla sostenibilità.
“Il piano che abbiamo elaborato si basa sulla trasformazione della banca nell’ottica di un gruppo che sa cavalcare le nuove tecnologie digitali grazie a una significativa componente di investimenti senza però rinunciare al fattore umano, ma anzi valorizzandolo con un forte impegno nella formazione. Miglioreranno, e in alcuni casi verranno trasformati, i modelli di servizio alla clientela in ambiente di omnicanalità, consentendo al cliente un utilizzo totalmente flessibile di tutti i canali fisici e remoti disponibili” ha commentato il ceo.
Scenario M&A sempre aperto
Il nuovo piano industriale di Ubi Banca “è stand alone”, ma se ci fossero operazioni di concentrazione “che portano a creazione di valore e semplicità di governance” le esamineremo. È quanto ha dichiarato Massiah, nel corso della conferenza stampa sul piano al 2022. “Non penserete che ci sia un disallineamento tra i pattisti che hanno votato sì al 99% in assemblea e il management: stiamo dicendo tutti la stessa cosa”, ha spiegato dopo quanto affermato dai Pattisti del Car che hanno aperto la porta a eventuali fusioni, ma non ai salvataggi bancari.
“Noi abbiamo sempre detto che esiste la possibilità di effettuare delle concentrazioni ma non abbiamo la minima idea di quando avverranno, perché non è che tutte le fusioni funzionano. Non vi dico nulla di nuovo se vi dico che vedo nel tempo il sistema concentrarsi, ma se non succede nulla è perché è complicato, fino adesso finestre non ce ne sono state”, ha sottolineato Massiah, ricordando che “quando abbiamo fatto il nostro matrimonio nel 2007 c’erano certe lotte interne e questo è stato qualcosa che ha rallentato all’inizio la banca per giunta in un contesto di forte crisi. Vorremmo imparare dalle esperienze precedenti e avere chiarezza assoluta di governance”.