Notizie Notizie Italia Aumento Iva, in Giappone effetto shock: PIl -6,3%. In Italia pericolo non sventato, ma solo rimandato

Aumento Iva, in Giappone effetto shock: PIl -6,3%. In Italia pericolo non sventato, ma solo rimandato

17 Febbraio 2020 13:39

Incubo aumento Iva, l’Italia (per ora), l’ha scampata, il Giappone no. E il conto che l’economia nipponica ha pagato per l’aumento dell’imposta è tutto certificato dal dato sul Pil del quarto trimestre, diffuso nelle ultime ore: -6,3% in base al tasso annualizzato, decisamente peggio delle attese. Una differenza abissale rispetto al trend del terzo trimestre, caratterizzato da una maxi revisione della crescita economica. In quel trimestre, non c’era stato alcuno scatto dell’Iva e non c’era stato neanche il passaggio del tifone Hagibis, tra i più spaventosi degli ultimi decenni, che ha fatto nel paese almeno 90 vittime, provocando inondazoni e forti danni a proprietà e infrastrutture.

TOKYO, JAPAN – JUNE 29: Dancers dressed as futuristic characters perform during a show at The Robot Restaurant on June 29, 2014 in Tokyo, Japan. The now famous Robot Restaurant opened two years ago in Kabukicho area of Shinjuku at an estimated cost of 10 million U.S. dollars. Performances are held three times a day and cater mostly to foreign tourists. The cabaret style shows include bikini clad futuristic dancers, performers dressed as robots and a host of large scale robots and vehicles controlled with remotes by stage hands dressed as Ninjas (Photo by Chris McGrath/Getty Images)

Per Takeshi Minami, responsabile economista presso Norinchukin Research Institute, è stato il mix tifone + aumento Iva ad affossare l’economia del Sol Levante in modo così importante, nell’ultimo trimestre.

Grim Q4 GDP print for Japan: 6.3% contraction annualised. Tax hike, weather, China showdown to blame. Coronavirus augurs ill for Q1. Even with a recovery in H2, bad end to 2019, poor start to 2020 suggest Japan’s full-yr 2020 GDP will flatline at best, probably shrink. Asahi pic pic.twitter.com/MZbkOkM5sv
— Robert Ward (@RobertAlanWard) February 17, 2020

Visto che siamo in tema e che di spettro aumento Iva si è tornato a parlare anche di recente, da questa parte del pianeta, viene da chiedersi quale sarebbe stato l’impatto sull’Italia, anche senza il tifone, se l’imposta fosse stata alzata anche da noi.

In realtà non si può stare mai del tutto tranquilli, visto che pochi giorni fa era scattato l’allarme su un possibile aumento dell’Iva in Italia su bar, ristoranti e alberghi. Una doccia gelata per il settore del turismo e della ristorazione. Ma una rassicurazione è arrivata proprio dal ministero dell’Economia e delle Finanze:

“In relazione ad alcuni articoli di stampa su un presunto intervento sull’Iva che il Governo starebbe preparando, il ministero dell’Economia e delle Finanze ribadisce che, come ha affermato chiaramente il Ministro Roberto Gualtieri in un suo recente intervento televisivo, l’esecutivo intende incentrare la riforma fiscale sull’Irpef e di conseguenza non sta lavorando sull’Iva“.

Ma la paura è rimasta anche a causa delle dichiarazioni rilasciate dal sottosegretario al Mef, Pier Paolo Baretta, che ha parlato della necessità che si rifletta sul modo di attingere ad alcune risorse per il taglio dei redditi, andando a prenderle dall’Iva, magari con rialzi selettivi che, come scriveva anche il Corriere della Sera qualche giorno fa, potrebbero scattare magari sui beni e servizi di lusso o voluttuari!. Tra i quali gli unici che assicurerebbero un buon aumento del gettito, da utilizzare per ridurre l’Irpef, sono proprio hotel e ristoranti, che per giunta beneficiano di un’aliquota ridotta del 10%, contro il 21% ordinario. L’aumento di un solo punto dell’aliquota, all’11%, è stato calcolato, porterebbe 1,5 miliardi di euro“.

Insomma, no, l’Italia non può parlare ancora di pericolo scongiurato, tutt’altro. E’ inoltre possibile che la stangata sia stata solo posticipata, visto che qualche conto, su una probabile mazzata nel 2021, è stato già fatto. L’agenzia di stampa AdnKronos ha riportato che, in base alle stime formulate dalla Ragioneria Generale dello Stato nella relazione tecnica che accompagna il maxiemendamento alla legge di bilancio per il 2020, nel 2021 il “governo dovrà sterilizzare clausole di salvaguardia per 20,1 miliardi di euro e nel 2022 di 27 miliardi“.

“L’aumento dell’Iva – è stato spiegato – prima della legge di Bilancio 2020, avrebbe portato nella casse dello Stato 28,7 miliardi di euro. Di conseguenza gli interventi inseriti nella manovra consentono una prima sterilizzazione pari a 8,6 miliardi. In particolare, le maggiori entrate che dovrebbero arrivare dalla clausola di salvaguardia aggiornata, provengono per 5,8 miliardi di euro dall’aumento dell’aliquota ridotta, che passa dal 10% al 12%. Mentre altri 13,1 miliardi di euro saranno garantiti dall’aliquota ordinaria, che passa dal dal 22% al 25%. Infine, 1,2 miliardi saranno assicurati grazie alle nuove accise sui carburanti”

In totale, il governo si troverà alle prese con una bomba da disinnescare, tra il 2021 e il 2022, pari a 47,1 miliardi tra la necessità di sterlizzare clausole Iva per un valore di 44,2 miliardi e accise sui carburanti 2,9 miliardi.

Con aumento Iva numeri shock per Pil Giappone

“.

Intanto, qualche numero dal Giappone può farci capire quali ripercussioni sull’economia ha avuto nell’ultimo trimestre del 2019 la trovata del premier Shinzo Abe: nel quarto trimestre del 2019 il Pil è crollato per l’appunto del 6,3%, affossato dal crollo delle spese per consumi, capitolate di oltre -11%. A incidere è stato anche il passaggio del tifone Hagibis, avvenuto anch’esso a ottobre.

Dopo essere stato posticipato dal governo di Shinzo Abe per due volte, l’aumento dell’Iva è scattato in Giappone il 1° ottobre 2019, portando le aliquote dall’8% al 10%.

La nuova aliquota è stata applicata a quasi tutti i beni, esclusa la maggior parte dei beni alimentari. Si è trattato del primo aumento dell’Iva, nel paese, in cinque anni. E non è detto che per il Pil del Giappone il peggio sia finito, vista la minaccia del coronavirus. In particolare Mari Iwashita, economista di Daiwa Securities, ha così commentato, stando a quanto riportato dal Guardian: “A causa degli effetti del nuovo coronavirus, è probabile che la debolezza dei consumi continui anche nel periodo tra gennaio e marzo”. E in quel caso, se ci sarà un altro segno meno di fronte al Pil, il risultato è che il Giappone sarà entrato in recessione.