Turchia: Erdogan vince, lira turca sconta nuove batoste
Elezioni Turchia: Erdogan vince, la lira perde
Turchia: Erdogan vince, la lira turca scivola al nuovo minimo di sempre.
Così è, nel paese in cui le elezioni presidenziali hanno confermato Recep Tayyip Erdogan presidente fino al 2028.
Erdogan è uscito vincente dal ballottaggio con lo sfidante Kemal Kilicdaroglu, che si è svolto ieri, domenica 28 maggio 2023, assicurandosi il 52,1% dei voti.
Risultato: tutto pronto per il terzo mandato del presidente uscente, che invece non uscirà affatto dalla politica del paese, nelle sue mani già da 20 anni. Erdogan continuerà a scrivere la storia della Turchia per almeno altri cinque anni.
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Turchia, Erdogan: ‘Rimarremo insieme fino alla tomba’
“Rimarremo insieme fino alla tomba”, ha detto Erdogan di fronte a una folla in festa, parlando dal balcone della sua residenza a Istanbul, (di 1.100 stanze, come ricorda un articolo del Financial Times), prima di volare verso Ankara.
Alla prospettiva di altri cinque anni in mano alle scelte economiche di Erdogan non ha certo applaudito la lira turca che, nella mattinata di oggi, nel Day After della notizia della vittoria del presidente alle elezioni, è scivolata ai nuovi minimi storici nei confronti del dollaro Usa, affondando anche oltre quota 20, attorno a 20,065 sul biglietto verde.
La valuta ha toccato il nuovo valore più basso della sua storia, stracciando il record minimo segnatovenerdì scorso, due giorni prima del ballottaggio tra Erdogan e Kilicdaroglu.
Il motivo del dietrofront della lira – scesa del 7% circa dall’inizio del 2023 e crollata di oltre il 90% nell’ultimo decennio – è ben noto a chi segue da anni la politica economica e monetaria della Turchia di Erdogan.
Lira turca, vittima illustre della follia monetaria di Erdogan
La moneta turca sconta la prospettiva di ulteriori nuovi tagli dei tassi di interesse nel paese, per la precisione quella che, da parte di diversi economisti e strategist di tutto il mondo, è stata definita la follia monetaria di Erdogan, che ha prostrato l’economia del paese, facendo volare l’inflazione di oltre l’85% su base annua nell’ottobre del 2022.
Qualcuno potrebbe far notare che gli ultimi dati macro arrivati dalla Turchia hanno messo in evidenza come la crescita annua dell’inflazione abbia rallentato il passo in modo evidente.
Di fatto, nel mese di aprile l’inflazione della Turchia è salita su base annua del 43,4%, rispetto al 50,5% del mese precedente.
E’ vero tuttavia che, come hanno fatto notare da ING, il ritmo di crescita è stato il secondo più alto nel mese di aprile da quando le rilevazioni del dato sono iniziate nel 2003.
Di conseguenza, “gli ultimi dati mostrano come le pressioni sui prezzi rimangano alte in modo persistente“, hanno fatto notare gli economisti di ING.
Come potrebbe essere diversamente, fanno notare gli esperti, riferendosi ancora,alla follia monetaria di Erdogan:
l’inflazione sale, ma il presidente turco continua a imporre alla banca centrale della Turchia non di aumentare i tassi, ma di tagliarli.
“Inflazione e tassi scenderanno entrambi”
Nella logica di Erdogan, tra l’altro, così bisogna a fare, tanto che è stato lo stesso presidente, ora riconfermato, a promettere, nell’intervista esclusiva rilasciata alla CNN rilasciata due settimane fa circa, nuovi tagli ai tassi di interesse.
“Per favore, seguitemi dopo le elezioni, in modo da vedere che sia l’inflazione che i tassi di interesse scenderanno“, ha promesso, rispondendo poi con “Sì, assolutamente” alla domanda se, con una sua vittoria, non ci sarebbero stati cambiamenti alla politica monetaria del paese.
“La mia tesi è che i tassi di interesse e l’inflazione sono direttamente correlati – ha ‘spiegato’ Erdogan alla CNN – Più bassi sono i tassi di interesse, più bassa sarà l’inflazione”.
“In questo paese – ha continuato il presidente Erdogan – il tasso di inflazione scenderà insieme ai tassi di interesse, permettendoci di arrivare a quella situazione in cui i cittadini tireranno un sospiro di sollievo. Lo dico parlando da economista. Questa non è una illusione”.
Parole che, ormai da un bel po’ di tempo, fanno drizzare le antenne agli economisti e agli investitori di tutto il mondo.
Non per niente l’articolo del Financial Times ricorda la grande fuga degli investitori esteri, dalla Turchia, negli ultimi anni, che ha portato i titoli azionari e i bond detenuti dagli stranieri a precipitare a valori anch’essi minimi.
E le preoccupazioni si sono anche intensificate, di recente, visto che la Turchia ha bruciato più di $24 miliardi di riserve di valute estere, dalla fine del 2022, nel tentativo di risollevare le quotazioni della lira turca e per finanziare il deficit delle partite correnti.
Certo a soffrire non è stata solo la lira turca, dal momento che i bond emessi dalla Turchia hanno continuato a scivolare, a fronte del boom dei cds (credit default swap, contratti per assicurarsi contro il rischio di un default) che sono tornati a scattare subito verso l’alto, dopo che i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali, il 14 maggio scorso, hanno portato gli investitori a scommettere sull’ennesima vittoria di Erdogan. Così come è stato.
In due anni, i tassi di interesse della Turchia sono stati tagliati da una banca centrale ormai fantoccio – e colpita anche da continue purghe – dal 19% all’8,5%.
Così è nel paese di Erdogan, convinto che, per sfiammare l’inflazione, i tassi debbano essere abbassati.
Storico il delirio del presidente Erdogan che è arrivato negli ultimi anni a tirar fuori la religione, pur di giustificare la carrellata di tagli dei tassi:
“Qual è il punto? – disse un intervento televisivo di fine 2021, non prima di aver fatto cadere già un bel po’ di teste alla banca centrale della Turchia – Stiamo abbassando i tassi di interesse. Non aspettatevi nulla di diverso da me”. Anzi: “Come musulmano, continuerò a fare quello che è richiesto dalla ‘nas’, parola turca che fa riferimento agli insegnamenti dell’Islam, equivalente di espressioni come ‘decreto divino’, ‘legge scritta’”.