Turchia: inflazione record al 79%. Effetto guerra Ucraina e Covid? Anche, ma qui il vero colpevole è Erdogan, con la sua follia monetaria
Inflazione shock nella Turchia di Erdogan: nel mese di giugno il tasso di inflazione si è attestato su base annua a un passo dal 79%, record degli ultimi 25 anni. La crescita del dato, su base mensile, è stata pari a +4,95%.
Altro che inflazione dell’area euro e degli Stati Uniti che, con le sue fiammate a un ritmo dell’8% circa, sta provocando non pochi mal di testa alle banche centrali, rispettivamente Bce e Federal Reserve.
Nel caso della Turchia, il balzo non può essere addebitato neanche, per lo meno non in modo esclusivo – alle conseguenze del reopening dalla pandemia Covid, che si è tradotto in diverse interruzioni nelle catene di approviggionamento – o gli effetti della guerra tra la Russia di Vladimir Putin e l’Ucraina di Volodymyr Zelensky incluse relative sanzioni da parte dell’Occidente.
Tra i fattori scatenanti del boom dei prezzi c’è la continua svalutazione della lira turca, provocata dai ripetuti tagli ai tassi decisi dalla banca centrale, su ordine del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Lo stesso che si era opposto all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato e che ha dato alla fine il suo assenso al loro ingresso, con un accordo sulla pelle dei curdi, come hanno messo in evidenza diversi articoli, tra cui quello di Wired “La nuova Nato sulla pelle dei curdi“.
Lo stesso che ha fatto scattare la parlamentare curdo-svedese Kakabaveh, che ha chiaramente detto che l’Occidente sta trattando con Erdogan che è come Putin. E lo stesso, praticamente, che ha innescato un’inflazione galoppante nel suo paese, portando la popolazione allo stremo, ordinando alla banca centrale una politica monetaria che è stata definita follia monetaria.
Da ministro finanze a banchieri centrali: le vittime della purga di Erdogan
Guai a fiatare. Chi lo ha fatto è diventato vittima della purga da lui lanciata.
Nell’ottobre del 2021, Erdogan ha messo per esempio alla porta tre esponenti della Banca centrale . Ben prima aveva fatto cadere diverse teste, tra cui quelle degli stessi presidenti dell’istituzione.
In Turchia, il tasso di inflazione aveva iniziato a surriscaldarsi ben prima della guerra in Ucraina:
nel mese di gennaio, quando la Russia di Putin non aveva ancora invaso il paese (l’invasione è avvenuta il 24 febbraio), l’inflazione turca volava già al record degli ultimi 20 anni, con un boom di quasi il 50%, al record in un ventennio. Ma gli economisti indipendenti sottolineavano di credere che il boom vero fosse pari a +110%.
Il dubbio che i numeri, nonostante siano stratosferici, possano essere stati truccati al ribasso, sicuramente c’è. Detto questo, oggi si è appreso che un nuovo record è stato testato nel mese di giugno: l’inflazione è balzata per l’appunto a un soffio dal 79%, per la precisione al 78,62%:
un dato che mette in evidenza tutto il dramma vissuto dalla popolazione, alle prese con una tassa dell’inflazione a livelli record nel mondo.
Balzi storici, in particolare, per i prezzi dei trasporti, volati del 123,37% su base annua, a fronte dei prezzi dei beni alimentari e delle bevande non-alcoliche, schizzati del 93,93%.
Così Erdogan ha messo il bavaglio a banca centrale Turchia
Nel caso della Turchia, senza voler minimizzare l’impatto delle interruzioni delle catene di approviggionamento e le conseguenze del conflitto russo-ucraino, alla base del boom dei prezzi c’è soprattutto la politica monetaria dissennata di una banca centrale a cui è stato messo letteralmente il bavaglio, a causa dell’avversione di Erdogan verso i rialzi dei tassi di interesse: secondo il presidente, i tassi di interesse sarebbero ‘la madre di tutti i mali’ -.
La banca centrale è stata così costretta a causa delle strampalate idee del presidente turco sull’economia a tagliare ripetutamente i tassi nonostante l’inflazione (non ad alzarli): i tagli si sono succeduti uno dopo l’altro nel corso del 2020 e del 2021.
L’ultimo taglio li ha portati al 14% lo scorso autunno: da allora sono stati lasciati invariati. L’effetto è stato drammatico: la lira turca è invece crollata del 44% contro il dollaro nel corso del 2021, perdendo poi un altro -21% dall’inizio del 2022.
All’inizio dell’anno, quando l’inflazione era scattata di ‘appena’ (rispetto all’attuale 79%) al tasso del 36,1%, dopo aver cacciato il ministro delle Finanze, Erdogan defenestrava anche Sait Erdal Dincer, numero uno dell’Istat della Turchia, accusando l’agenzia di statistica di aver praticamente gonfiato i numeri relativi all’inflazione.
Poco prima di essere silurato, Dincer si era sfogato in un’intervista rilasciata al quotidiano finanziario Dunya, evidentemente conscio del destino imminente:
“Al momento sono qui, seduto in questo ufficio. Domani ci sarà qualcun altro. Non importa chi sarà il (nuovo) presidente. Immaginate centinaia dei miei colleghi, che devono sopportare o rimanere zitti mentre sono costretti a pubblicare numeri sull’inflazione ben diversi da quelli della realtà?“.
All’inizio di dicembre era caduta la testa del ministro delle Finanze Lutfi Elvan, cacciato a poco più di 12 mesi dalla sua nomina, colpevole di non aver partecipato agli applausi nel corso di un discorso che Erdogan aveva tenuto in Parlamento.
La foto del mancato applauso di Elvan si era diffusa sui social media.
Ancora prima, nel marzo del 2021 la purga aveva fatto cadere la testa del banchiere centrale Naci Agbal, ‘reo’ di aver alzato i tassi per cercare di frenare il boom dei prezzi.
Agbal non è stato sicuramente l’unico banchiere centrale a essere cacciato da Erdogan, visto che nell’arco dei due anni fino alla primavera del 2021, ben quattro sono stati i governatori che hanno occupato lo scranno più alto della Banca centrale della Turchia.
Così è, nel paese guidato dal presidente che aveva dato del maleducato a Draghi, dicendo che in Turchia non c’erano dittatori e ricordando all’Italia che aveva avuto invece avuto Benito Mussolini. E con cui ora l’Occidente sta trattando, in barba ai diritti dei curdi, e della stessa popolazione turca.