Treasuries Usa, tassi al minimo dal 2017. Attenti a soglia pericolo di Bank of America
L’avversione al rischio presente sui mercati ha privilegiato in questi ultimi giorni i Treasuries Usa, al punto da portare i rendimenti della carta americana a capitolare fino ai minimi degli ultimi 19 mesi, ovvero dal 2017.
In particolare, i tassi sui Treasuries Usa a 10 anni hanno testato il minimo dal 16 ottobre del 2017, scendendo fino al 2,2833%, mentre i rendimenti a 30 anni sono calati fino a al 2,7098%, anche in questo caso al valore più basso in più di 17 mesi.
Da segnalare che una porzione della curva dei rendimenti Usa rimane invertita, in particolare quella compresa tra i Treasuries a tre mesi e quelli a 10 anni, visto che i tassi a tre mesi, al 2,349%, sono più elevati di quelli a dieci anni.
Il basso livello dei tassi Usa conferma come gli investitori stiano fuggendo dagli asset più rischiosi, preferendo optare per la sicurezza dei titoli di stato americani. Secondo gli strategist di Bank of America questa cautela permarrà al punto che, a loro avviso, i tassi decennali dei Treasuries Usa concluderanno il 2019 ad appena il 2,60%.
Gli esperti motivano la loro view con i rischi legati al rischio che, alla fine, gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping non riescano a raggiungere alcun accordo commerciale. Ciò pone importanti interrogativi, come il seguente, presentato nel corso di una trasmissione andata in onda sul canale CNBC da Mark Cabana, responsabile della strategia sui tassi Usa presso Bank of America e tra gli autori del report della banca sui tassi:
“Siamo per caso troppo ottimisti in questo momento? – si è chiesto Cabana – Se alla fine si realizzerà il worst-case scenario (mancato accordo Usa-Cina), sicuramente i tassi decennali dei Treasuries Usa potrebbero cadere al di sotto della soglia del 2,25% e iniziare a bucare nuovi minimi per la prima volta dopo un bel po’ di tempo. E questo è chiaramente un rischio”.
Cabana precisa tuttavia che Bank of America non crede nel worst-case scenario: “Alla fine, una sorta di soluzione a queste tensioni commerciali, che non si tradurrà nel worst-case scenario, ci sarà. Ma se le nostre previsioni si riveleranno errate, allora dovremo concordare sul fatto che il nostro outlook sui tassi sarà stato troppo elevato”.
In questo caso (nulla di fatto anche in occasione dell’incontro tra Trump e Xi Jinping al meeting del G20) , l’analista sottolinea che, fino a quando le tensioni commerciali di qualsiasi tipo persisteranno, “vedremo probabilmente la crescita economica globale soffrire e l’inflazione rimanere contenuta”.
A questo pinto, “le banche centrali potrebbero anche propendere per aggiustamenti di politica monetaria rendendo il loro orientamento ancora più dovish”.
C’è poi, ha aggiunto Cabana, anche il pericolo che la Cina decida di “premere il pulsante nucleare” in questa guerra commerciale contro l’America First di Trump e smobilizzare i Treasuries che detiene nel suo portafoglio. Da segnalare, a tal proposito, che nel corso di questo mese Pechino ha ridotto la propria quota in Treasuries Usa al livello più basso in due anni. E le dichiarazioni che arrivano da Trump continuano a essere al vetriolo, rendendo ancora più tesa l’intera situazione.
Tuttavia, secondo gli analisti di Bank of America la Cina non premerà il bottone nucleare. E non tanto per generosità o clemenza, quanto, piuttosto, perchè una sua decisione in tal senso “sconvolgerebbe i mercati finanziari, e finirebbe con il provocare danni significativi sia agli Stati Uniti che alla stessa Cina”.
Di conseguenza, conclude Cabana, “riteniamo che questo (la Cina che preme il suo pulsante nucleare) sia in qualche modo un rischio, che però non riteniamo si materializzerà nel breve termine”.