Tra i bond societari si accentuano le differenze, JP Morgan avverte: attenzione alla ‘trappola di valore’
La caccia al rendimento in un contesto di tassi negativi sta spingendo in alto anche I prezzi dei bond high yield. Il 2019 è stato infatti un anno positivo per gli investitori in obbligazioni ad alto rendimento del settore corporate con una performance che ha superato in media l’11%. Tuttavia, le crescenti problematiche delle aziende che offrono ritorni elevati impongono una riflessione profonda sul fatto che da adesso in avanti sarà necessario agire con una maggiore dose di prodenza, soprattutto alla luce dei recenti crac finanziari che hanno scosso la finanza europea. Quest’anno abbiamo già assistito al crollo della catena di ristoranti italiani di Jamie Oliver, dell’agenzia di viaggi Thomas Cook e della catena di abbigliamento New Look, mentre l’indebitata catena di pizzerie Pizza Express è in trattative con i creditori per evitare il fallimento. Senza dimenticare i default del gruppo minerario Nyrstar o dell’impresa di costruzioni Astaldi. Oltre oceano, poi, sono in crisi le società del settore energetico, che rappresentano circa la metà delle insolvenze del mercato high yield locale degli ultimi 12 mesi. Anche se i tassi di insolvenza sono ancora modesti (a settembre si attestavano al 2,52% soltanto negli Stati Uniti e all’1,77% in Europa) – osservano gli analisti di JP Morgan Asset Management – il numero delle obbligazioni societarie in difficoltà sta aumentando.
I default rimangono bassi, ma il rischio sta aumentando
Nel complesso i default rimangono bassi nell’ambito high yield. Tuttavia, la quota di bond che sono scambiati su livelli di stress è in aumento – mettono in guardia gli analisti – il che tende ad essere un buon indicatore per anticipare i futuri default. Pertanto, c’è da aspettarsi che in qualche modo i tassi di default aumentino a causa di problemi idiosincratici, come quelli sperimentati da Thomas Cook. Gli investitori obbligazionari stanno attualmente assistendo a un mercato sempre più a due livelli: da una parte ci sono gli emittenti più solidi che possono permettersi di finanziarsi a tassi irrisori bypassando anche il canale bancario, dall’altra si trovano le società più in difficoltà che risultano tagliate fuori dal mercato e faticano a finanziarsi anche con le banche.
Valutazioni quantitative
“Durante l’anno – fa notare JP Morgan – il numero di titoli in difficoltà è salito, ma la performance del segmento high yield è stata nel complesso buona e il rendimento medio pari all’11,42%. Non tutti i titoli, però, offrono livelli di rendimento uguali e le divergenze nella performance si stanno accentuando. In linea di massima, le obbligazioni societarie con spread ridotti hanno registrato un’ulteriore contrazione dei differenziali, mentre quelle con spread elevati hanno subìto un ulteriore ampliamento. L’avversione alle obbligazioni di bassa qualità è il motivo per cui, negli Stati Uniti, quest’anno le obbligazioni con rating CCC finiranno per sottoperformare abbondantemente quelle di fascia BB, come mai era accaduto in una fase non recessionistica. Da inizio anno le obbligazioni CCC hanno reso infatti solo il 5,81%, rispetto al 13,57% di quelle BB. Anche in Europa la situazione è simile e il rapporto tra lo spread delle obbligazioni di rating B e quelle di rating BB è passato da 1,8x a 2,2x. Sebbene lo spread delle obbligazioni societarie europee di fascia BB possa sembrare modesto a 238 punti base (pb) e quello delle obbligazioni B, a 527 pb, più conveniente, a nostro avviso è probabile che questa divergenza prosegua, anche perché il nuovo programma di acquisto di obbligazioni societarie della Banca Centrale Europea non è ancora iniziato”.
La trappola di valore
“Le condizioni finanziarie accomodanti, il calendario di scadenze favorevole e il peggioramento delle condizioni di finanziamento impediranno ai tassi di insolvenza di salire nel breve termine – prosegue JP Morgan – ma vista la divergenza degli spread tra le obbligazioni con rating elevato e quelle con rating inferiore, gli investitori devono chiedersi se questa non sia una classica trappola di valore. A nostro parere è assolutamente indispensabile continuare ad adottare un approccio prudente nella scelta dei titoli e riteniamo che la divergenza tra le fasce di rating proseguirà ancora per qualche tempo”.