Notizie Notizie Italia TIM, Glass Lewis ai fondi: sostenete Elliott, è opportunità per sfrattare francesi Vivendi

TIM, Glass Lewis ai fondi: sostenete Elliott, è opportunità per sfrattare francesi Vivendi

Pubblicato 9 Aprile 2018 Aggiornato 17 Aprile 2018 16:59

Il proxy advisor Glass Lewis si schiera con il fondo Elliott di Paul Singer nella battaglia infuocata contro Vivendi per ottenere la maggioranza nel consiglio di amministrazione di TIM. Battaglia che a questo punto vede Cassa Depositi e Prestiti, che la scorsa settimana ha confermato i rumor di mercato annunciando il suo ingresso nel capitale di Telecom Italia, con una quota non superiore al 5% e una “prospettiva di lungo periodo”, come cruciale ago della bilancia.

Glass Lewis è stato molto chiaro nel consigliare ai fondi come muoversi, con un comunicato che ha messo chiaramente in evidenza la sua posizione contro i francesi di Vivendi, azionisti di maggioranza di TIM con una partecipazione pari al 23,9% del capitale.

“Le proposte di Elliott – si legge nel report con cui il proxy advisor si è rivolto agli azionisti del gruppo – presentano l’opportunità di sfrattare gli amministratori che servono chiaramente gli interessi di Vivendi, sostituendoli con nuovi candidati indipendenti che offrono una esperienza e una competenza chiaramente pertinenti all’ambito operativo e alla strategia di Telecom Italia”.

“In generale – precisa Glass Lewis – siamo restii a raccomandare la revoca di amministratori in carica, o l’elezione di membri dissidenti, a meno che vi siano evidenti criticità. Ma le informazioni a disposizione del mercato pesano fortemente a favore delle prospettive indicate da Elliott, e questo è dovuto solo marginalmente al fatto che la società non si è degnata di confutarle. L’argomento decisivo, a nostro parere, è l’ampia casistica che indica come Vivendi ha gestito e intende gestire Telecom Italia al servizio dei propri interessi, senza curarsi della vasta maggioranza degli altri investitori istituzionali”.

Nel precisare di non avere nulla contro la nomina di Amos Genish, ceo di Tim, Glass Lewis invita gli azionisti a votare contro la politica di remunerazione proposta e il piano di incentivi in azioni per il periodo 2018-2020, considerando eccessivi i compensi.

Tutto questo mentre, contro l’ingresso di Cassa depositi e prestiti nel capitale di TIM si schiera il Codacons, che presenta un esposto alla Consob e avverte sul rischio di insider trading.

E tutto questo mentre il giorno della verità, anzi, i giorni della verità per il futuro assetto di TIM si avvicinano: cruciali le assembleee previste per il 24 aprile e il 4 maggio. In particolare, il prossimo 24 aprile si voterà sulla revoca dei sei consiglieri e sulla nomina di altrettanti sei nuovi membri del board proposti dal fondo Elliott, mentre a maggio dovrebbe arrivare il parere degli azionisti sul nuovo board di TIM.

I francesi di Vivendi hanno presentato la loro lista di consiglieri. Si tratta di una fotocopia di quella al momento attuale: Amos Genish nelle vesti di AD, Arnaud de Puyfontaine in quelle di presidente, Franco Bernabè, Giuseppina Capaldo, Stéphane Roussel, Marella Moretti, Frédéric Crépin, Michele Valensise, Anna Jones, e Camilla Antonini.

La lista del fondo Elliott, oltre alla proposta dei sei consiglieri nota da settimane – che comprende Luigi Gubitosi, Dante Roscini, Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti e Rocco Sabelli – potrebbe ampliarsi.

Il Corriere della Sera riporta infatti che “sembra certa ormai la presenza di Alfredo Altavilla, classe 1963, Chief operating officer per Europa, Africa e Medio Oriente di Fca. Così come quella di Paola Bonomo, consigliera indipendente nel board di Axa. Gli altri papabili, secondo indiscrezioni, potrebbero essere Lucia Morselli, consigliere di Luxottica e Snam e Marina Brogi consigliere indipendente di Salini e Luxottica” .

Elliott, che detiene una quota in Telecom Italia pari al 5,75%, è entrato a gamba tesa nel capitale del gruppo con l’intenzione di inaugurare una nuova fase nella gestione della compagnia di tlc. Il fondo ha criticato la strategia del gruppo e la performance del titolo, dunque la gestione di Vivendi, e si è presentato, di fatto, come alternativa al potere e al controllo esercitati dai francesi.

Nella lettera agli azionisti presentata a metà marzo, il fondo di Paul Singer ha parlato in particolare degli “ostacoli per la creazione di valore sotto la guida di Vivendi”, indicando gli elementi sui quali, a suo avviso, è il caso di intervenire: “sottoperformance del titolo azionario consistente e persistente; fallimenti strategici; corporate governance e conflitti di interesse”.

I sei amministratori di Vivendi di cui il fondo americano ha chiesto la revoca sono: Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Giuseppe Recchi, Félicité Herzog e Anna Jones.

I sei che ha proposto sono stati definiti come potenziali consiglieri con il potere di “correggere la persistente sottovalutazione del titolo che è presente in Tim”. Si tratta appunto, come elencato sopra,  di Luigi Gubitosi, Dante Roscini, Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti e Rocco Sabelli.

Intanto nella giornata di ieri una precisazione sul ruolo della Cdp è arrivata dal ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda.

Nessuno difende le partecipazioni statali – ha scritto su Twitter – la Cdp non sta assumendo il controllo di Tim. Ma Tim possiede un asset di interesse pubblico, la rete, ed è giusto presidiare perchè le ultime proprietà non sono state precisamente impeccabili. Da qui allo statalismo ce ne passa“.

“Per la cronaca nessuno sta mettendo lo Stato da nessuna parte ma supportando un progetto che prevede una public company, sogno proibito di ogni liberista ben educato”.