Notizie Notizie Mondo Theresa May in versione agnello sacrificale, pronta a dimissioni pur di far accettare sua proposta Brexit

Theresa May in versione agnello sacrificale, pronta a dimissioni pur di far accettare sua proposta Brexit

Pubblicato 28 Marzo 2019 Aggiornato 5 Luglio 2019 15:05

Consapevole delle varie disfatte che ha incassato, e del fatto che fin troppi esponenti del partito Tory sono ormai pronti a chiedere la sua testa, Theresa May decide di vestire i panni dell’agnello sacrificale e di annunciare le proprie dimissioni. L’annuncio è arrivato nella serata di ieri, dopo una riunione della Camera dei Comuni in cui ben otto opzioni alternative al piano attuale della Brexit – tra cui la permanenza nell’Unione doganale, la no-deal Brexit, un secondo referendum, un accordo di uscita in stile norvegese – sono state rigettate, e a seguito di un meeting con il gruppo parlamentare dei Tory.

May si è così espressa:

“Ho avvertito molto chiaramente ciò che il gruppo parlamentare (dei Tory) desidera. Sono consapevole del desiderio di un nuovo approccio – e di una nuova leadership– nella seconda fase delle trattative sulla Brexit, e non mi metterò in mezzo”. Di conseguenza, “sono pronta a lasciare questo incarico prima di quanto intendessi fare, per fare ciò che è giusto per il nostro paese e il nostro partito”.

Da segnalare che, se entro il 12 aprile la proposta di divorzio – che la premier Theresa May ha concordato con Bruxelles lo scorso novembre – sarà bocciata da Westminster per la terza volta, lo stesso giorno sarà la data in cui si concretizzerà lo scenario peggiore: la Hard Brexit, o anche uscita disordinata del paese dall’Unione europea e, in sostanza, un no deal Brexit.

Se invece entro quella data quella proposta riceverà finalmente l’approvazione della Camera dei Comuni, allora il Regno Unito avrà tempo fino al prossimo 22 maggio, per approntare le misure e seguire l’iter legislativo che possa ‘consacrare’ la sua uscita di scena dal blocco europeo.

Che la posizione di Theresa May fosse in bilico, e già da mesi, era cosa risaputa. La situazione si è fatta più incerta dopo che è diventato chiaro che il Parlamento non avrebbe dato l’ok alla sua proposta entro la data inizialmente fissata per concretizzare il divorzio, quella di domani 29 marzo.

In una riunione della scorsa settimana, il Consiglio europeo ha così deciso di concedere due settimane in più a May per evitare il worst case scenario, ovvero il no-deal Brexit, praticamente l’Hard Brexit.

Nel fine settimana, poi, sono circolate indiscrezioni su una riunione di emergenza che si è svolta nel fine settimana nella tenuta di Theresa May di Chequers con alcuni suoi fedeli e i Brexiteers più agguerriti, per cercare di risolvere l’impasse in cui il Regno Unito è rimasto invischiato.

In tutto 14 i presenti attorno al tavolo per decidere il destino del paese. Tra questi, anche ex ministri del governo May: Boris Johnson, David Davis e Dominic Raab, così come anche i rappresenti più di rilievo del gruppo ERG: Jacob Rees-Mogg, Steve Baker e l’ex leader dei Tories, Iain Duncan Smith.

Stando ad alcune fonti sentite da Beth Rigby, deputy political editor di Sky, i Brexiteers avrebbero messo alle strette May con un ultimatum, emanato per voce di Rees-Mogg e Duncan Smith. Un messaggio semplice:

“Se il primo ministro desidera che il suo accordo sulla Brexit superi la prova della Camera dei Comuni, allora dovrà fissare una data chiara in cui accetterà di farsi da parte, permettendo a un altro leader di negoziare il rapporto futuro del Regno Unito con l’Unione europea”.

Sebbene alcuni esponenti del partito dei conservatori, dietro la garanzia data dalla premier sulla sua intenzione di dimettersi – abbiano dato a questo punto il loro sostegno alla proposta sulla Brexit di May, rimane da vedere se quell’accordo che è stato bocciato già due volte riuscirà finalmente a essere approvato in occasione di un terzo voto. Il partito degli Unionisti DUP, per esempio, ha già precisato che non darà il proprio appoggio.

Così David Madden (Market Analyst presso CMC Markets UK):

“Il circo della Brexit continua e dopo la votazione indicativa della scorsa notte, non abbiamo maggiore consapevolezza di ciò che i parlamentari realmente vogliono. Sono state avanzate otto proposte per cercare di trovare una via d’uscita dallo stallo, ma nessuna proposta ha ottenuto la maggioranza. All’inizio della serata, il primo ministro May ha detto che si sarebbe dimessa se i legislatori dovessero sostenere il suo accordo di ritiro – che è già stato respinto due volte. La signora May potrebbe aver bisogno di rendere il suo accordo sul ritiro ‘sostanzialmente diverso’ prima che lo presenti per la terza volta”.

In ogni caso, la carriera politica di Theresa May, reduce tra l’altro da nuova umiliazione di qualche giorno fa, sembra arrivata al capolinea. C’è da dire tuttavia, vista la bocciatura delle otto opzioni alternative alla Brexit, che neanche il Parlamento UK può considerarsi, in questa situazione, compatto. Tutt’altro. Severo è stato il giudizio che Clive Crook, conosciuto per le opinioni pubblicate sul Financial Times e in passato sull’Economist, ha pubblicato su Bloomberg. A suo avviso, la soluzione più razionale per il Regno Unito, a questo punto, sarebbe quella di revocare l’articolo 50 e dire basta al processo della Brexit, che è finito per diventare una pantomima:

La pantomina degli ultimi giorni riassume tutto alla perfezione. May che si precipita all’ultimo momento a Strasburgo per chiedere pietà al presidente della Commissione europea (Jean-Claude Juncker) che, cortesemente, dà al Regno Unito una seconda chance, così come afferma, di accettare le condizioni dell’Unione europea, dicendo contestualmente che nulla è cambiato e che non ci saranno più chiarimenti, visto che la sua pazienza è arrivata al limite. May che torna alla Camera dei Comuni, con voce tremante, presentando quasi gracchiando il motivo per cui il Parlamento dovrebbe approvare lo stesso accordo di divorzio (Withdrawal Agreement) che i parlamentari avevano bocciato qualche settimana prima, con una margine record. Nel guardare questo spettacolo disonorevole –ha scritto Crook – ho ripensato alla famosa frase di Oscar Wilde sulla morte della piccola Nell nella ‘Bottega dell’antiquario (The Old Curiosity Shop, 1841)’: ‘Bisognerebbe avere un cuore di pietra per non ridere’.

Intanto, oggi la sterlina è sotto pressione nei confronti del dollaro, oscillando attorno a $1,3150; la valuta arretra anche sull’euro, con il rapporto EUR/GBP +0,36% a 0,8550 circa.

Guardando ai rapporti di cambio principali, Madden illustra quelli che, a suo avviso, sono i livelli chiave di resistenza e di supporto:

GBP/USD – ha spinto al rialzo dall’inizio di dicembre e se si mantenesse al di sopra della media mobile a 200 giorni a 1,3000, potrebbe ritestare l’area di 1,3380. L’area 1.2775 potrebbe fungere da supporto.

EUR/GBP – finchè resta al di sotto della media mobile a 200 giorni a 0,8840, il suo outlook rimane probabilmente negativo. L’area di 0.8471 potrebbe fungere da supporto. Un rally potrebbe incontrare resistenza a 0.8800.