Notizie Notizie Mondo Brexit, Theresa May umiliata per la seconda volta dopo pellegrinaggio a Strasburgo. Cosa succede ora?

Brexit, Theresa May umiliata per la seconda volta dopo pellegrinaggio a Strasburgo. Cosa succede ora?

12 Marzo 2019 21:44

Niente da fare, Westminster boccia per l’ennesima volta la proposta sulla Brexit presentata dalla premier Theresa May, appena reduce da un pellegrinaggio a Strasburgo. Pellegrinaggio che, evidentemente, è stato inutile.

BrexitShambles, BrexitChaos, Brextinct: gli hashtag sulla Brexit, su Twitter, si sprecano e si moltiplicano, mentre i mercati di tutto il mondo, già alle prese con problemi non proprio di poco conto, come il protezionismo, la guerra commerciale Usa-Cina, i rinnovati timori sulla solidità dell’economia globale, pendono dalle labbra del Regno Unito.

Una cosa è certa: la stampa britannica, come è già accaduto nella storica cocente sconfitta dello scorso 15 gennaio, non risparmierà nuove feroci critiche alla premier brirannica Theresa May, umiliata per la seconda volta da Westminster.

Non che il risultato del voto sia stato uno shock: dopo l’opinione legale resa nota dal procuratore generale Geoffrey Cox, iniziava a essere chiaro che la premier fosse destinata a una nuova umiliazione, dopo quella pesante sofferta lo scorso 15 gennaio, quando il Parlamento britannico ha bocciato sonoramente l’intesa sulla Brexit che la premier aveva raggiunto con Bruxelles lo scorso novembre: 432 i voti contrari rispetto ai 202 favorevoli.

Lo stacco di 230 voti aveva certificato la sconfitta più cocente che un governo britannico avesse mai dovuto incassare nella storia del paese.

Quel giorno, era stato sfornato l’hashtag Brextinct: estinzione della Brexit. In particolare il tabloid The Sun si era messo in evidenza per aver presentato tra le prime pagine più creative, ritraendo la premier May in versione uccello estinto, il dodo (noto anche come dronte).

Anche il Guardian non si era risparmiato, riprendendo il quadro ‘L’urlo’ dipinto dal pittore Edvard Munch per descrivere il caos politico in cui era precipitato il Regno Unito.

A questo punto, cosa accadrà?

La premier Theresa May ha confermato il calendario delle votazioni a Westminster. Domani, la Camera dei Comuni sarà chiamata a deliberare sulla prospettiva di un no-deal Brexit, lo scenario peggiore che tutti temono. Nel caso in cui i parlamentari dovessero votare sì all’uscita del Regno Unito dall’Ue senza che sia stato raggiunto un accordo (ratificato dal Parlamento), il governo sarà costretto ad agire per concretizzare l’esito del voto: il 29 marzo, tra meno di tre settimane, la Brexit ci sarà. E sarà una no-deal Brexit.

Se invece i parlamentari bocceranno l’opzione di un no-deal Brexit, allora ci sarà un’altra votazione, prevista per dopodomani, sull’estensione dell’Articolo 50.

Ma affinché diventi effettiva, tale estensione dovrà essere votata da tutti gli altri 27 paesi membri dell’Unione europea. E Bruxelles, così sembra, vorrà prima sapere se Londra abbia intenzione di revocare l’articolo 50 o se opterà, alla fine, costretta dagli eventi, per un secondo referendum.

Dal suo profilo Twitter Alberto Nardelli, responsabile del desk europeo di BuzzFeed, rende noto di aver appreso da alcune fonti senior Ue che il Regno Unito ora dispone di tre opzioni:

  • Lasciare l’Ue senza che ci sia un accordo il prossimo 29 marzo
  • Chiedere una estensione dell’Articolo 50
  • Revocare l’articolo 50.

“Non ci saranno ulteriori trattative”, ha detto la fonte.

Così la premier britannica May dopo la seconda umiliazione:

“Continuo a credere che il miglior risultato per il Regno Unito sia lasciare l’Unione europea in modo ordinato, con un accordo, e che l’accordo frutto delle trattative (da me concluse con Bruxelles) sia il migliore e, di conseguenza, il migliore accordo a disposizione”.

BuzzFeed riporta tra l’altro alcuni rumor secondo cui la premier potrebbe tentare di spingere per un terzo voto di Westminster sulla sua proposta sulla Brexit all’inizio della prossima settimana.

75 i parlamentari del partito Tory (quello di Theresa May) che  hanno votato oggi contro la proposta, rispetto ai 118 ‘ribelli’ dello scorso 15 gennaio.