Tensione in governo su manovra economica, gli stop di Tria. Garavaglia (Lega): ‘servono tagli tasse di almeno 10-12 MLD’
Tensione nel governo M5S-Lega sulla forma che la manovra economica destinata al 2020 dovrà prendere. Tempo ce n’é, ma non proprio tanto, se si considera che entro il 27 settembre il Mef dovrà presentare la nota di aggiornamento del Def (NaDef), che dovrà contenere sia le nuove previsioni sulla crescita del Pil, deficit e debito che le linee guida della manovra economica che dovrà essere pronta entro il 20 ottobre. Prima di questa data, il 15 ottobre, dovrà essere sfornato il Documento programmatico di bilancio, che dovrà passare al setaccio della Commissione europea. Bruxelles emanerà il suo verdetto alla fine di novembre.
Visti i tempi, è cruciale fissare almeno le linee guida della manovra economica per il 2020. Il punto è che da un lato, replicando praticamente lo stesso film dell’anno scorso, l’esecutivo giallo-verde non è coeso sulle priorità da individuare. Dall’altro lato c’è il ministro Tria, che frena sia sulla flat tax che sul salario minimo, a dispetto, rispettivamente del vicepremier leghista Matteo Salvini e del vicepremier pentastellato Luigi Di Maio.
La flat tax “non c’è, non c’è nessuna flat tax nel senso di un unico scaglione – ha detto Tria, intervistato da Sky, riguardo alla proposta che è diventata il nuovo cavallo di battaglia della Lega di Matteo Salvini – Si tratta di diminuire il numero degli scaglioni, iniziando il primo anno e poi possibilmente ridurli ancora. La scelta è su quali classi di reddito si potrà ridurre le aliquote”. Una dichiarazione che, come rileva il Sole 24 Ore in un articolo dell’edizione odierna, “sembra avvicinarsi più ai progetti M5S sulle tre aliquote che alla tassa piatta per i redditi medio bassi cara alla Lega”.
Non si fanno attendere i vari commenti-minacce del leader della Lega, vicepremier e ministro dell’Interno Salvini, che già ieri si era espresso in questo modo:
“Se il ministro dell’economia pensa di fare una manovra economica da robetta non sarà il nostro ministro dell’economia”, non nascondendo la propria irritazione: “Vorrei ancora capire qual è l’idea di manovra economica per il Paese. Serve un forte taglio di tasse, ma se vuoi farlo devi aprire una discussione coraggiosa, non obbedire all’Europa. O tutti sono disponibili a farlo o questo è un problema”.
In un intervento a Radio 24 di stamattina, Salvini ha rincarato la dose: “Se il ministro dell’Economia del mio governo dice che di taglio delle tasse non se ne parla, o il problema sono io o è Tria“. Insistendo: “se qualcuno ha dubbi o paure, basta dirlo ma allora quel qualcuno è fuori posto, o sono io o qualcun altro”; manifestando a Maria Latella di Radio 24 il suo desiderio di lanciare una “manovra importante, ambiziosa e coraggiosa”: anche perchè “l’Italia non merita di essere ultima perché ci sono regole studiate a tavolino per il vantaggio di Francia e Germania. La stessa Ue che dice a noi di osservare allo zero virgola le regole permette che da anni Francia e Germania le ignorino: non siamo di meno dagli altri”.
La Lega di Salvini non indietreggia insomma sul taglio delle tasse, come hanno dimostrato nelle ultime ore anche il viceministro all’economia Massimo Garavaglia e il sottosegretario al Mef Massimo Bitonci, entrambi del Carroccio: “La manovra economica deve essere coraggiosa e utile a tanti italiani, lavoratori e famiglie. Non servono mini interventi di cui nessuno si accorge. Condividiamo i dubbi di chi sostiene che 4 miliardi di tagli alle tasse siano davvero pochi”.
Garavaglia è tornato sulla questione con un’intervista al Corriere della Sera pubblicata oggi:
“Quattro miliardi per ridurre le tasse sono veramente poca cosa. Bisogna andare su un ordine di grandezza decisamente più ampio” che sarebbe “almeno il triplo. Servono non meno di 10-12 miliardi per un impatto strutturale su crescita, consumi e risparmio”.
Il viceministro ha ammesso inoltre di avere anche più di una riserva nei confronti del cavallo di battaglia di Luigi Di Maio, ovvero il salario minimo:
“La Lega è contraria a un salario minimo che aumenti i costi delle imprese, mentre il taglio del cuneo si può fare se si rimette mano al bonus di 80 euro di Renzi. Quella è una spesa già finanziata, che si potrebbe trasformare in una decontribuzione, magari portandola a 100 euro e cogliendo due risultati: il miglioramento dei conti, perché si ridurrebbero la spesa e la pressione fiscale, e l’aumento della busta paga”.
Ad affossare il salario minimo è stato anche Tria: “Non ho affrontato ancora la partita” del salario minimo, ma “non è che lo Stato deve coprirlo”. In questo caso, tuttavia, non si può parlare di una chiusura completa: “Si puo vedere come facilitare in via transitoria” la sua applicazione “ma – ribadisce il ministro – è un problema che riguarda le imprese private, ne terremo conto nel disegno complessivo”.
Sugli 80 euro di Renzi, per il titolare del Tesoro sono “una specie di mito, ci sono gli 80 euro ed è chiaro chi riceve gli 80 euro non si troverà mai una perdita, sarà garantito il suo livello di reddito al netto delle tasse, poi dipende da come verrà disegnata la riforma fiscale, potrebbero avere un altro nome e magari invece di 80 diventeranno 90″.
E mentre tutti sono contro tutti, vale la pena riprendere un articolo del Sole 24 Ore, che indicava come la manovra economica per il 2020 fosse di almeno 35 miliardi.
“La ‘dote di partenza’ da 8-10 miliardi, garantita dai risparmi da quota 100 (2,4 miliardi la stima dell’Upb per il 2020) e ‘reddito’ e dalla nuova fase di spending review in cantiere (che dovrà assicurare un risultato pari ad almeno il doppio dei 2 miliardi indicati nel Def), già a settembre potrebbe salire a circa 15 miliardi grazie al recupero di risorse dalla potatura della giungla degli sconti fiscali e dal trascinamento sul 2020 di una parte delle maggiori entrate fiscali contabilizzate a consuntivo nel 2019 a quelle attese per il prossimo anno. Aggiungendo ai 27,6 miliardi necessari per lo stop agli aumenti Iva e le spese “obbligate”, i 4-6 miliardi della correzione strutturale e limitando l’operazione Irpef a 4-5 miliardi e 2-3 miliardi quella sul cuneo, l’importo della legge di bilancio salirebbe a poco più di 35 miliardi. Resterebbe dunque da coprire oltre la metà della manovra”.
Ed è contro questo scoglio che, come al solito, i sogni di gloria firmati Di Maio e Salvini potrebbero tornare a infrangersi. E mentre Salvini torna ad alzare la voce anche contro l’Ue, Di Maio smorza i toni, in un’intervista a Sky:
Gli attacchi al premier Giuseppe Conte e al ministro dell’economia Giovanni Tria “non fanno bene al Paese perchè sia Conte che Tria hanno condotto trattative molto complesse con l’Ue, hanno scongiurato la procedura di infrazione e abbiamo uno spread basso anche grazie a loro. Io ho piena fiducia in Giovanni e Giuseppe soprattutto perché so che terranno conto delle nostre proposte. A settembre faremo il punto”.