Notizie Notizie Italia Telecom nel mirino di Elliott che rastrella titoli e auspica anche M&A

Telecom nel mirino di Elliott che rastrella titoli e auspica anche M&A

31 Gennaio 2019 15:35

Telecom Italia continua a macinare terreno con il titolo che guadagna oltre il 5%, aggiudicandosi la prima posizione nel listino principale di Piazza Affari. Le azioni si sono spinte a un massimo di giornata di 0,4948 euro per azione con un rialzo del 6,5%. Telecom Italia sta quindi cercando di risalire dopo aver toccato i minimi storici lo scorso martedì.

 

A far scattare gli acquisti la notizia che il fondo americano Elliott ha incrementato la partecipazione detenuta nel capitale di Telecom Italia, portandola al 9,4%, dalla precedente quota pari all’8,8%. Il fondo attivista, si legge in una nota della Sec, ritiene che le quotazioni delle azioni Tim siano attraenti. Negli ultimi 60 giorni si apprende infatti che il fondo ha acquistato tra il 27 dicembre 2018 e il 30 gennaio 2019 a prezzi compresi tra 46 e 52,5 centesimi di euro.

Le intenzioni di Elliott in vista assemblea

“Ci sono diversi percorsi per aumentare il valore per gli azionisti” di Telecom Italia “tra i quali, solo a titolo esemplificativo ma non esaustivo, la separazione della rete di accesso alla rete fissa (NetCo) e la valutazione delle opzioni di consolidamento del mercato, nonché la conversione delle azioni di risparmio” affermano i rappresentanti di Elliott nella comunicazione alla Sec. Inoltre “qualsiasi cambiamento nella composizione del consiglio in questo momento pregiudicherebbe l’esecuzione e il portare a compimento i previsti piani di creazione di valore”.

 

Non è mancato il pronto commento di un portavoce di Vivendi, secondo cui Elliott “si sta comportando come un investitore puramente finanziario, sta utilizzando un approccio opportunistico per trarre vantaggio dalla caduta del 45% del valore delle azioni. Il prezzo delle azioni è attualmente così basso a causa della disastrosa governance a partire dal 4 maggio”.

 

Da quella data, quando l’assemblea ha dato la maggioranza del cda alla lista proposta da Elliott, il titolo Tim ha ceduto circa il 54%. Il crollo in Borsa si è riflesso sulla capitalizzazione che, considerando le azioni ordinarie e le risparmio, ora si aggira sui 9,9 miliardi di euro.

 

Tra gli scenari su cui ragiona il mercato in vista dell’assemblea del 29 marzo c’è sicuramente la possibilità che Elliott, che ora ha in mano il 9,4% del capitale di Tim, aumenti ulteriormente la propria quota sfruttando i valori molto bassi a cui viaggia il titolo. Elliott detiene opzioni per poter arrotondare la sua quota in area 12%.

Gubitosi pronto a trattare con Open Fiber

Intanto il ceo di Telecom Italia, Luigi Gubitosi, è al lavoro sul nuovo piano da presentare entro il 21 febbraio e avrebbe in programma di nominare degli advisor per studiare una joint venture o una fusione con Open Fiber, che vede Enel e Cdp azioniste di riferimento con il 50% ciascuna.

 

“Prima di parlare delle possibili soluzioni vorrei sedermi con Open Fiber per un esame approfondito della situazione esistente e delle opportunità che presenta” ha dichiarato Gubitosi spiegando la sua posizione sulle reti, in un’intervista al Corriere della Sera. “L’Italia ha bisogno di infrastrutture ma ha poche risorse per realizzarle, eppure è tra i pochi Paesi che sta andando verso una sovrapposizione delle reti di telecomunicazioni”.

 

Quanto ai conflitti tra gli azionisti di Telecom, Elliott e Vivendi, Gubitosi chiarisce che si possono risolvere “creando valore e questo si può fare riportando Tim al centro del sistema italiano delle telecomunicazioni. Sarà importante trovare un comune punto di incontro tra i nostri azionisti e per quanto mi riguarda farò il possibile perché si raggiunga un equilibrio”.

 

È proprio sulla questione della rete che si focalizza il braccio di ferro in corso nell’azionariato tra Vivendi, maggior azionista di Telecom Italia con quasi il 14% del capitale, ed Elliott. Il fondo Usa è schierato a favore della nascita di una società della rete da aprire a terzi, mentre Vivendi, pur avendo avviato l’iter di separazione con il precedente ad Amos Genish, è arroccata sul controllo dell’infrastruttura che garantisce margini elevati.