Notizie Notizie Italia Tassi: se Fed e mercati viaggiano su binari diversi

Tassi: se Fed e mercati viaggiano su binari diversi

15 Dicembre 2022 11:13

La Fed rilancia il volto hawkish sui tassi: ma i mercati la stanno prendendo davvero sul serio?

L’ultimo atto del 2022 della Fed di Jerome Powell è arrivato e i mercati non hanno certo stappato lo spumante.

Non tanto per il rialzo dei tassi di 50 punti base, ampiamente prezzato da Wall Street, ma per ‘colpa’ del dot-plot, delle parole stesse del presidente Jerome Powell e del contenuto del comunicato con cui la banca centrale americana ha dato l’annuncio.

Detto questo, se è vero che la borsa Usa non ha brindato, non è neanche crollata, limitando anzi, nel finale, i danni. (anche se ora i futures sui principali indici azionari Usa stanno peggiorando).

Tanto che qualcuno ha parlato di scollamento tra i mercati e la Fed, facendo notare che i mercati che non starebbero prendendo sul serio la Fed di Jerome Powell, in crisi di credibilità da parecchio: almeno da quando, un anno fa di questi tempi, Powell ripeteva il mantra di una inflazione “transitoria”.

Certo, il povero Jerome Powell non poteva prevedere la guerra in Ucraina, scoppiata lo scorso 24 febbraio con l’invasione orchestrata dalla Russia di Vladimir Putin.

Ma, secondo i critici, quei tassi Usa eccessivamente bassi avrebbero dovuto essere alzati comunque tempo prima, viste le strozzature che già stavano colpendo diverse catene di approviggionamento, per effetto del reopening dell’economia post lockdown da Covid.

Fed in crisi credibilità: mercati scettici su reale sfiammata inflazione

C’è poi la domanda che assilla diversi strategist, economisti e star del mondo della finanza da tempo: la sfiammata dell’inflazione ci sarà davvero?

Powell ieri ha detto che sono necessarie più prove che dimostrino che l’indebolimento della crescita dei prezzi – confermato dall’ indice dei prezzi al consumo di novembre   – stia avvenendo in modo sostenibile.

C’è poi un altro dubbio:  la Fed non finirà per sacrificare troppo l’economia, pur di centrare quel target di inflazione al 2%, che lo stesso ex Pimco ed economista Mohamed el-Erian considera una sorta di chimera?

In un tweet di ieri Bill Ackman, fondatore e ceo di Pershing Square Capital ha manifestato tutto il suo scetticismo nella capacità della Fed di riportare il tasso di inflazione Usa al target del 2%, scrivendo che quell’obiettivo potrà essere centrato solo se la banca centrale “provocherà una recessione profonda, che finisca con il distruggere l’occupazione Usa”

Vediamo intanto cosa è accaduto nel Fed-Day: la banca centrale americana ha alzato i tassi di 50 punti base, al nuovo range tra il 4,25% e il 4,5%, record degli ultimi 15 anni.

L’entità della stretta monetaria, di 50 punti base, stavolta è stata inferiore ai quattro rialzi dei tassi consecutivi precedenti, tutti di 75 punti base, con cui Powell & Co avevano lanciato la crociata contro l’inflazione made in Usa.

Fin qui, tutto bene. Era stato lo stesso Powell ad aprire all’eventualità di strette monetarie meno aggressive, a partire dalla stessa riunione di dicembre.

Va detto che il banchiere centrale aveva avvertito, allo stesso tempo, di temere un tasso terminale – il valore finale che i tassi Usa presenteranno alla fine dei ciclo di rialzi – superiore a quanto preventivato.

E così è stato.

Fed: da dot-plot nessun taglio dei tassi prima del 2024

Dal dot plot e dal comunicato stesso del Fomc – il braccio di politica monetaria della Fed – è emerso un volto ancora più hawkish della Fed, contro le aspettative dei mercati, che speravano in tagli dei tassi a partire dal prossimo anno. E invece no.

I funzionari della Fed prevedono ora in media un tasso terminale, ovvero un tasso finale, pari al 5,1%, superiore rispetto a quanto stimato in precedenza.

Inoltre la banca centrale, ed è questa la vera stangata arrivata ieri sui mercati, non varerà alcun taglio dei tassi prima del 2024, quando tra i trader e gli investitori si era radicata la convinzione che, dopo la carrellata dei rialzi, la Fed avrebbe fatto dietrofront e che dunque, di fronte a un’economia fin troppo indebolita dalla sua lotta contro l’inflazione, avrebbe iniziato a tagliare i tassi, optando per il ritorno a una politica monetaria espansiva.

Una grande illusione monetaria che è stata smentita dalla Fed: dalle cui labbra, tuttavia, i mercati non sembrano più pendere.

Ancora, nel comunicato del Fomc, è rimasta la frase secondo cui la banca centrale Usa “anticipa che gli aumenti dei tassi saranno appropriati”.

Tuttavia, Wall Street è riuscita a limitare i danni, portando più di uno strategist a chiedersi se i mercati stiano prendendo sul serio Powell & Co. in un momento tra l’altro in cui non mancano le critiche contro una Fed che starebbe esagerando, sminuendo il rallentamento della crescita dell’inflazione, se non ignorandolo, come ha fatto notare Jim Caron di Morgan Stanley Investment Management, stando a quanto riportato dalla Cnbc:

Il grande problema che rende la Fed hawkish è il fatto che le previsioni della stessa Fed indicano un tasso terminale al 5,1% nel 2023, rispetto al 4,6% del meeting del mese di settembre. Non c’è alcuna segnalazione del fatto che il ritmo dell’inflazione stia iniziando a scendere. La Fed lo ha del tutto ignorato.

Ancora prima dell’annuncio sui tassi della Fed, Tom Porcelli, responsabile economista Usa presso RBC Capital Markets, si era così espresso:

Questo ciclo di strette monetarie dovrebbe finire esattamente ora – ha scritto in una nota – Abbiamo ripetuto negli ultimi mesi che la Fed sta combattendo la guerra contro l’inflazione di ieri. Non c’è bisogno a questo punto di continuare ad alzare i tassi ma, ovviamente, la Fed continuerà“.

Fed, Day After: il commento di Gabriel Debach (eToro)

Occhio al commento di Gabriel Debach, market analyst di eToro, sull’ultimo atto del 2022 della Fed:

La tanto attesa decisione di politica monetaria da parte della Federal Reserve frena la corsa di Wall Street, almeno per ora. Sebbene le attese per un rialzo di 50 punti base fossero ampiamente scontate dai mercati, a far crollare ieri i titoli azionari, ben prima che Jerome Powell prendesse la parola, le pubblicazioni sugli aggiornamenti economici, con i ‘dot plot’ che riportano un percorso dei tassi più falco rispetto a quanto previsto dal mercato negli ultimi tempi, con ben 17 delle 19 previsioni individuali che vedono il Fed Funds Rate al di sopra del 5% nel 2023″

In particolare – ha spiegato Debach a Fol – le proiezioni della Fed indicano un tasso terminale del 5,1% nel 2023, leggermente al di sopra delle aspettative del mercato che si avvicina al raggiungimento di un tasso di picco del 4,75% – 5,0%. Le proiezioni della Fed mostrano anche un rallentamento della crescita economica allo 0,5% nel 2023 (in calo rispetto all’1,2% nella riunione di settembre) e una moderazione dell’inflazione core al 3,5% nel 2023 (rispetto alla proiezione del 3,1% di settembre)”.

La Fed ha ufficialmente cambiato marcia nei rialzi dei tassi e forse si sta avvicinando alla fine del percorso. Ma il lavoro è tutt’altro che finito . Ieri la Federal Reserve ha praticamente affermato come i tassi potrebbero salire ancora e che l’inflazione potrebbe impiegare ancora più tempo per tornare sotto controllo rispetto a quanto si pensava solo pochi mesi fa”. 

E ai mercati non piace l’idea di tassi ancora più alti. Le stesse proiezioni della Fed non prevedono tagli dei tassi fino al 2024. È chiaro che si stanno realizzando progressi sul fronte dell’inflazione, ma la Fed vuole essere sicura di riuscire a tenere i prezzi sotto controllo, evitando di allentare la presa prima del dovuto”.

La prova è nelle stesse parole di Powell, proferite durante la conferenza stampa successiva all’annuncio sui tassi, che il market analyst di eToro riporta:

I dati sull’inflazione ricevuti finora per ottobre e novembre mostrano una gradita riduzione del ritmo mensile di aumento dei prezzi. Tuttavia, occorreranno prove molto più consistenti per dare la certezza che l’inflazione abbia imboccato un percorso di discesa duraturo. Le pressioni sui prezzi rimangono evidenti in un’ampia gamma di beni e servizi – ha detto il numero uno della Fed, aggiungendo: ‘abbiamo percorso molta strada e gli effetti del nostro rapido inasprimento devono ancora farsi sentire. Tuttavia, abbiamo ancora molto lavoro da fare“.

Il market analyst di eToro fa notare che “è interessante, tuttavia, osservare come non si sono generate importanti variazioni all’interno del percorso atteso sui tassi americani, monitorato dai CME FedWatch Tool, con le probabilità odierne di un percorso della Fed in linea con quello rilevato un mese fa, e perfino inferiore a quello della passata settimana. Dati che lasciano pertanto ben sperare su una possibile ripresa dei mercati.

Debach conclude con un commento che si riferisce al trend dei Treasuries Usa:

Nonostante la dichiarazione aggressiva del FOMC, i rendimenti dei titoli di Stato USA a 10 anni sono scesi al 3,422% dopo che il presidente della Fed Powell ha dichiarato che ci sono ‘alcuni segnali iniziali’ di un rallentamento dell’inflazione core dei servizi e degli alloggi e che la Fed si sta ‘avvicinando’ a tassi sufficientemente restrittivi”.