Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Tassi Fed: ora Powell deve fare i conti con Trump, futuri tagli a rischio?

Tassi Fed: ora Powell deve fare i conti con Trump, futuri tagli a rischio?

7 Novembre 2024 12:04

Non solo politica estera e commerciale. La vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane solleva qualche dubbio anche sulle future decisioni della Federal Reserve in materia di tassi d’interesse. La riunione di questo mese del Federal Open Market Committee (Fomc), il braccio operativo della banca centrale statunitense, è in corso e si concluderà questa sera con un molto probabile annuncio di un taglio dei tassi di un quarto di punto (25 punti base). All’annuncio seguirà la conferenza stampa del presidente della Fed, Jerome Powell, che dovrà rispondere a una raffica di domande su cosa significherà il ritorno di Trump alla Casa Bianca per la crescita, l’inflazione e il debito degli Stati Uniti.

La vittoria elettorale di Trump ha già portato a una poderosa reazione dei mercati finanziari: i rendimenti dei Treasury sono balzati di quasi 20 punti base, gli indici azionari di Wall Street hanno toccato nuovi massimi storici e il dollaro si è apprezzato. Powell dovrà dunque rassicurare gli investitori sul fatto che la Fed è in grado di gestire l’impatto di un secondo mandato di Trump che sta già modificando le aspettative sul percorso della politica monetaria.

Il presidente eletto ha infatti promesso di imporre dazi doganali a tappeto sulle importazioni statunitensi e di addolcire l’imposizione fiscale, con minori tasse sui profitti aziendali e sulla retribuzione degli straordinari, politiche ampiamente viste dagli economisti come inflazionistiche. Sebbene la Fed tenga sotto stretta osservazione le prospettive di inflazione e mercato del lavoro, queste nuove politiche economiche potrebbero complicare i tagli futuri e spingere Powell & Co ad adottare un atteggiamento più cauto.

 

Ora Powell dovrà fare i conti con Trump

Prima delle elezioni, l’economia statunitense era sulla buona strada per un atterraggio morbido. Secondo gli ultimi dati, l’inflazione è scesa verso l’obiettivo del 2% senza un peggioramento della disoccupazione, anche se il mercato del lavoro ha mostrato segni di debolezza (i dati negativi sull’occupazione di ottobre sono stati però influenzati pesantemente dagli uragani sulla costa orientale e da una serie di scioperi). Ma ora Powell deve fare i conti con un’altra serie di rischi.

Le tariffe doganali che aumentano il costo dei beni importati per gli americani, e i tagli alle tasse che stimolano la domanda dei consumatori, sono entrambi visti come politiche inflazionistiche dalla maggior parte degli economisti. In un recente rapporto, Nomura Holdings ha previsto che l’inflazione sarebbe stata di 75 punti base più alta nel 2025 con una presidenza Trump. Ma al di là dell’impatto sull’inflazione, gli economisti sostengono che la politica del nuovo presidente americano possa portare anche a deficit più elevati e a un dollaro più forte. Gli Stati Uniti sono destinati a registrare quest’anno un deficit fiscale di circa il 6,5% del Pil, con un rapporto debito/Pil verso il 100%. Bloomberg Economics stima che le proposte di Trump di prorogare i tagli alle imposte porterà il debito al 116% del Pil nel 2028. Mentre una versione del suo piano tariffario aumenterebbe i prezzi di un valore compreso tra lo 0,5% e il 4,3% nello stesso periodo. Da non sottovalutare nemmeno il piano di immigrazione di Trump, perché meno lavoratori potrebbe significare, secondo gli economisti interrogati da Bloomberg, meno consumo, ma anche meno manodopera migrante a cui fare ricorso, creando così carenza di occupazione in alcuni settori come l’edilizia e la sanità. Certamente, la capacità di Trump di realizzare questa linea d’azione sarà rafforzata se il suo partito repubblicano, che ha già il Senato, manterrà anche il controllo della Camera, cosa che sembra sempre più probabile.

Focus sulle parole di Powell

La Fed comunicherà la sua decisione questa sera, alle ore 20.00 italiane, e Powell parlerà ai giornalisti 30 minuti dopo, indicando probabilmente che tutte le opzioni sono in gioco, considerando anche che le nuove proiezioni economiche verranno snocciolate nel meeting di dicembre. Powell dunque si sforzerà di apparire il più apolitico possibile, ma vista la posta in gioco delle elezioni e il potenziale che le politiche di Trump possano cambiare le prospettive economiche, gli investitori saranno in allerta alla ricerca di indizi sul modo in cui la Fed intende percorrere il prossimo cammino.

“La conferenza stampa vedrà sicuramente Powell evitare qualsiasi risposta sul risultato delle elezioni. – sostiene Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments – Le proposte del partito Repubblicano, soprattutto le tariffe, la riduzione dell’immigrazione e l’espansione fiscale, sono tendenzialmente inflazionistiche, ma la Fed reagirà solo quanto i loro effetti si materializzeranno sui prezzi e il mercato del lavoro, quindi non prima del 2026”. Per ora, la Fed può continuare a concentrarsi su occupazione e prezzi. E anche una volta insediata l’amministrazione Trump, potrebbe essere necessario tempo perché le nuove politiche vengano promulgate dal presidente o votate dal Congresso. “Tuttavia, – continua Zanghieri – come dimostrato dal forte aumento dei tassi Usa di ieri, i mercati anticiperanno velocemente il possibile impatto delle scelte di politica economica della nuova amministrazione”.

Meno tagli del previsto da parte della Fed?

Il presidente della Fed ha più volte ribadito un approccio fortemente guidato dai dati in arrivo e indipendente dalla politica. “Siamo un’agenzia non politica”, ha dichiarato Powell all’inizio di quest’anno, ricordando che il compito della banca centrale è quello di reagire e rispondere all’economia e non di farlo in modo preventivo sulla base di piani politici ancora da attuare. Ma ora, il ritorno di Trump, con il suo insediamento il prossimo 20 gennaio, potrebbe rimodellare il contesto economico in cui la Fed dovrà muoversi.

Non sapendo quali delle politiche proposte dai repubblicani verranno attuate, o in quale ordine, l’istituto guidato da Powell potrebbe procedere con maggiore cautela e le riunioni potrebbero diventare molto più difficili da prevedere. Certamente, qualsiasi segnale di riaccelerazione dei prezzi spingerà la Fed a rallentare il ritmo dei tagli. Non sorprende quindi che tra gli economisti di Wall Street si stia insinuando il timore che i tassi di interesse non scenderanno così in basso come previsto in precedenza.

Non solo Fed, l’impatto sulle altre banche centrali

Powell & Co non sono gli unici banchieri centrali che dovranno affrontare l’impatto di una seconda presidenza Trump. A causa del ruolo dominante del dollaro nel commercio e nella finanza, le decisioni di politica monetaria di Washington hanno un impatto sui tassi di cambio internazionali e spesso spingono altri paesi a reagire. Tra questi soprattutto i paesi emergenti ma anche l’Eurozona. Bloomberg ricorda infatti  i timori già espressi dal vicepresidente della Banca Centrale Europea, Luis de Guindos, secondo cui il mondo rischia di subire uno shock sulla crescita e sull’inflazione con Trump e le sue promesse tariffarie. Nell’attesa di sentire Lagarde, qualche nuova dichiarazione in merito potrebbe arrivare oggi dalla Bank of England (BoE), che dovrebbe nella riunione odierna annunciare un taglio dei tassi di 25 punti base.