Spread, Tesoro all’opera con buyback debito. Borghi spiega la manovra e le coperture
Spread BTP-Bund salvato non solo dalle dichiarazioni sulla manovra decisamente più soft di Di Maio e Salvini, ma anche dalle operazioni di buyback sui titoli di stato che il Tesoro di Giovanni Tria sta portando avanti.
Ieri il Mef, a chiusura dei mercati, ha reso noto che acquisterà un nuovo ammontare non specificato di quattro bond, che scadono nel 2019, 2020 e 2022. Bond a breve termine dunque, in quella che sarà la quarta operazione di buyback che il Tesoro lancerà, dopo l’ondata di sell off che ha colpito i BTP alla fine di maggio, nel bel mezzo della crisi istituzionale che ha preceduto la formazione del governo M5S-Lega.
Da allora, riporta il Financial Times, l’Italia ha speso più di 2 miliardi di euro per riacquistare il proprio debito, in altri tre interventi separati di buyback che, diversamente da quello di venerdì prossimo, non erano stati preannunciati.
Lo smorzarsi delle tensioni sulla legge di bilancio e sulla forma che prenderà, unita alle rassicurazioni arrivate prima da Salvini e poi confermate da Di Maio e dal premier Giuseppe Conte, ha fatto capitolare ieri i tassi a 10 anni al 2,87%, al minimo in un mese, anche se sempre superiore al livello di metà maggio, quando oscillava attorno all’1,8%.
Inoltre, i tassi a due anni sono scesi ieri sotto la soglia dell’1% per la prima volta in due settimane. Si tratta anche in questo caso di un valore elevato, se rapportato al periodo precedente la formazione della coalizione di governo, quando i rendimenti viaggiavano addirittura in territorio negativo.
Detto questo, le operazioni di buyback lanciate dal Tesoro aiutano a tenere a galla le quotazioni dei bond italiani e dunque a comprimere, per la relazione inversamente proporzionale che esiste tra obbligazioni e tassi, i rendimenti.
Oggi, nuovo vertice sulla manovra a Palazzo Chigi, per fare il punto della situazione e smussare gli attriti tra i Cinque Stelle e la Lega.
Il Sole 24 Ore scrive che “numeri e misure devono ancora trovare un punto di equilibrio” e che “c’è ancora strada da fare per far quadrare le priorità della Lega (pensioni) e M5S (reddito di cittadinanza)“.
Il quotidiano parla di una manovra che dovrebbe valere 25-30 miliardi di euro, a seconda che si propenda per una sua versione light o un’altra più aderente al contratto di governo.
“Il numero chiave resta il deficit: passati gli slanci delle settimane scorse, il tiro alla fune oscilla ora intorno a quota 2%”, scrive Il Sole.
Sarebbe questa soglia il Pomo della discordia tra il ministro dell’economia Giovanni Tria da un lato e l’asse Di Maio-Salvini dall’altro. Tria non vorrebbe superare questo limite, mentre i due vicepremier sarebbero d’accordo a sforarlo per realizzare le misure cruciali contenute nel contratto di governo.
Della manovra, nelle ultime ore ha parlato anche il presidente della Commissione di bilancio alla Camera, Claudio Borghi. Così in un’intervista ad Affari italiani, Borghi ha illustrato i punti cardine della legge di bilancio, dando chiarimenti anche sul tema delle coperture:
“Sicuramente la legge di Bilancio conterrà quanto ha annunciato il ministro Salvini, ovvero la revisione della Legge Fornero, l’inizio di flat tax, la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia e poi ci sarà l’inizio del reddito di cittadinanza che è il tema caro ai 5 Stelle”, ha detto l’economista della Lega, aggiungendo:
“Dal lato degli incassi ci sarà il contributo che arriverà della pace fiscale. Come ipotesi di studio, se consideriamo che il monte cartelle è di 1.100 miliardi di euro e quelle da regolarizzare valgono circa 500 miliardi, basta una percentuale dell’1% per incassare 5 miliardi. Se poi si arrivasse al 2% sarebbero 10 miliardi di incassi per lo Stato. Si tratta di numeri che possono variare e sui quali è difficile fare oggi una stima precisa”.
“L’altra voce per quanto concerne le coperture si chiama deficit. Il percorso parte dallo 0,9% programmato e se si arrivasse ad un massimo del 2,9% per sfiorare il 3%, come aveva detto qualche giorno fa ironicamente Salvini, si tratta di 30 miliardi di euro, visto che ogni punto percentuale corrisponde a 15 miliardi. A tutto ciò vanno aggiunti gli incassi derivanti, come detto, dalla pace fiscale più quelli legati a un po’ di spending review e al riordino di qualche agevolazione anacronistica sugli sconti fiscali. Come si può notare, quindi, non stiamo facendo nulla di impossibile“.
A proposito sempre di flat tax Borghi ha reso noto che, oltre alle Partite Iva, “l’intento è quello di cercare di fare qualcosa da subito anche a favore dei lavoratori dipendenti. Il provvedimento non riguarderà solo le Partite Iva ma anche gli altri lavoratori, seppur in maniera simbolica almeno per la prima fase”. Mentre sul bonus di Renzi “potrà sparire, nel caso, solo con la flat tax a regime e soprattutto con la certezza che nessuno ci perda. Non c’è alcun intento di far prendere a nessuno meno di quanto prende oggi”. Confermate, praticamente, le parole di Matteo Salvini.