Spread, i miliardi che l’Italia pagherà di più. Deciderà manovra, mentre quota 100 solleva perplessità
Almeno sei miliardi di interessi in più in due anni: è la conseguenza del rialzo dello spread scatenato dalle parole degli esponenti del governo M5S-Lega, a partire dal loro insediamento. Tanto che ora si parla dello spread delle parole, facendo riferimento all’impennata del differenziale che viene provocata non tanto da un dato di fatto, dalla pubblicazione di un indicatore economico piuttosto che di un altro quanto, appunto, dalle esternazioni che di volta in volta provengono dai vari esponenti dell’esecutivo.
Esternazioni che, come ha fatto notare ieri il numero uno della Bce Mario Draghi, “hanno fatto danni”. Come? Facendo salire “i tassi a carico delle aziende e delle famiglie”, attraverso la pressione esercitata sui BTP.
Allo spread delle parole dedica un articolo il quotidiano La Stampa. Che sottolinea come, in base ai calcoli dell’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, e dell’agenzia DBRS, i suoi rialzi si siano già tradotti nel pagamento di interessi sul debito pubblico, per un valore di sei miliardi spalmato in due anni.
Già l’agenzia di rating DBRS ha segnalato lo scorso martedì – ricorda La Stampa – che “il rischio politico influenza i costi di finanziamento sovrano dell’Italia” e che “l’impatto dei maggiori costi di finanziamento sarà maggiore di quanto il governo aveva inizialmente previsto“.
“I numeri dicono questo – si legge nel quotidiano – Il costo del debito pubblico all’emissione (il rendimento dei titoli) nel periodo tra gennaio e agosto è stato dello 0,16% per i titoli a due anni e del 2,37% per i titoli a 10 anni. Tra gennaio e aprile, l’ultima asta di titoli pubblici prima del caos di metà maggio sulla formazione del governo Conte, lo stesso costo era negativo (-0,24%) per i titoli a due anni e dell’1,97% per i titoli a dieci anni”.
Ora, “se i rendimenti fossero rimasti stabili, avremmo risparmiato circa 180 milioni all’anno di interessi sui 27,8 miliardi di euro di BTP decennali emessi nel corso del 2018 e circa 80 milioni sui titoli a due anni. Altri 180 milioni è il maggior costo di interessi sui 52,2 miliardi di Bot a un anno emessi da gennaio a oggi. E così via per tutte le scadenze. Il totale, secondo uno studio Teh Ambrosetti con l’Osservatorio sui conti pubblici guidato da Carlo Cottarelli, per il 2018 è di 898 milioni di euro, più altri 5,1 miliardi per il 2019: dunque, un totale di sei miliardi di euro di interessi in più, per l’appunto, in due anni.
Spread parole: miliardi di interessi in più. Spaventa tra le riforme quota 100
Come ha detto ieri Draghi, alimentando tra l’altro la rabbia di Matteo Salvini, a questo punto i mercati aspettano che si passi dalle parole ai fatti, ovvero che gli impegni che gli esponenti del governo hanno ribadito di voler prendere con l’Ue, in merito al rispetto del tetto sul deficit-Pil al 3%, vengano concretizzati nella legge di bilancio.
Ma la legge di bilancio include diverse promesse, e molte di queste sollevano perplessità, sia per l’obiettivo che intendono perseguire, che per gli alti costi che dovrebbero essere sostenuti per la loro realizzazione: costi che potrebbero tradursi in un mancato rispetto dei vincoli di bilancio Ue e/o comunque impedire al rapporto debito-Pil dell’Italia di scendere.
Negli ultimi giorni, per esempio, infuriano le polemiche sulla proposta di “quota 100 con 62 anni, per arrivare entro il 2021 a quella che viene considerata la quota perfetta, ovvero quota 100 con 60 anni: un evviva per i pensionati, ma per i giovani?
Dopo le ultime dichiarazioni del vicepremier Matteo Salvini su come quota 100 con 64 anni sia un paletto troppo elevato, e che sia meglio partire da quota 100 con 62 anni, diversi economisti si sono posti un interrogativo: ma (a parte il capitolo conti pubblici che tutto è fuorché irrilevante)..i giovani?
Lo scorso cinque settembre, un articolo del Sole 24 Ore affrontava la questione della proposta, riportando le dichiarazioni di diversi esperti. Tra queste, quella dello stesso ex ministro del Welfare Elsa Fornero, autrice della riforma delle pensioni che il il vicepremier Matteo Salvini & Co vogliono assolutamente rottamare:
Così Elisa Fornero:
“Rifiuto l’affermazione per cui per dare lavoro a una persona bisogna mandarne via un’altra: le economie che creano occupazione lo fanno per tutti, uomini, donne, giovani e meno giovani”. In quell’occasione l’ex ministro aveva affermato che la realizzazione di quota 100 sarebbe dipesa dal modo in cui sarebbe stata “declinata in pratica” e che Salvini si sarebbe accorto, alla fine, che “in politica è impossibile accontentare tutti”.
L’età di pensionamento, aveva spiegato Fornero, si potrebbe abbassare aumentando il periodo contributivo richiesto. In questo modo tuttavia, si accontenterebbero “di più gli uomini, di meno le donne che vantano meno anni di contributi. Così come ci sarebbe una “categoria scontenta per definizione: sono i giovani e le generazioni future che dovranno pagarne i costi”.
Il monito era stato chiaro:”questi numeri introdotti sulla base di slogan possano creare disparità di trattamento e produrre costi elevati per i giovani“, aveva detto Fornero.
Giovani vittime di quota 100 anche secondo Francesco Cancellato, direttore di Linkiesta, che ha parlato di una vera e propria truffa nell’articolo: “Quota 100, la truffa perfetta contro i giovani (silenti, e quindi complici)”.
Cancellato ha affermato che “oggi, chiunque abbia meno di cinquant’anni, dovrebbe scendere in piazza. Dovrebbe farlo contro Quota 100, la scriteriata idea di Matteo Salvini, e di tutto il governo di cui fa parte, di mandare in pensione la gente a 62 anni più 38 di contributi, senza se e senza ma”.
Cancellato ha motivato l’opposizione alla riforma citando le stime di Tabula, società di ricerca guidata da Stefano Patriarca, secondo cui “la riforma delle pensioni proposta da Salvini già nel 2019 avrebbe un costo di circa 13 miliardi di euro, 9 se contiamo le trattenute fiscali sui nuovi assegni pensionistici, circa 750mila in un colpo solo. Un costo che a regime salirebbe a circa 20 miliardi lordi, pari a 13 miliardi netti, ogni anno”.
Lo stesso Tito Boeri, presidente dell’INPS, ha avvertito giorni fa Salvini, affermando che l’introduzione di quota 100 senza se e senza ma costerebbe 15 miliardi l’anno prossimo e venti miliardi a regime.
Il direttore de Linkiesta non ha certo risparmiato ulteriori critiche all’idea del governo:
“Ciliegina sulla torta avvelenata cucina da Salvini e Di Maio: se decidi di spendere 20 miliardi all’anno per le pensioni, difficilmente ne avrai per riempire le culle con politiche a sostegno dell’occupabilità femminile e delle giovani coppie. E culle vuote oggi vuol dire meno lavoratori domani. Meno lavoratori vuol dire meno contributi per pagare le pensioni. E questo vuol dire una sola cosa: che noi che oggi abbiamo meno di cinquant’anni, nel giro di una decina d’anni massimo, ci ritroveremo una Legge Fornero al cubo per rimediare ai danni di quota 100, quando il sistema non si reggerà più in piedi. E magari Salvini e Di Maio, o chi per loro, a inveire contro l’Europa cattiva e i mercati infami, a riempire le piazze oggi lasciate vuote da una generazione silente, e per questo complice”.