Si risveglia l’inflazione in Europa, per economisti periferia Ue troppo debole per rialzo tassi
La febbre dei prezzi si è risvegliata in Europa. Le preoccupazioni sono diventate realtà. L’inflazione in Eurolandia a dicembre si è attestata al 2,2% in crescita rispetto a 1,9% di novembre. L’Eurostat ha messo il sigillo questa mattina, confermando il dato uscito dal cappello una decina di giorni fa. L’euribor ha fatto un balzo: il tasso a tre mesi è passato all’1,006% dal 0,998% di ieri. Avanza anche il tasso a 6 mesi da 1,229 a 1,244%.
Ma al di là di questo al momento in Europa nessuno accende la spia rossa, anche se l’inflazione ha superato per la prima volta da due anni la soglia del 2%, considerata critica dalla Bce, al 2,2% annuo rispetto al 2,1% previsto dagli analisti. Le pressioni principali sui prezzi sono giunte dall’energia e dai prodotti alimentari. Di certo il risveglio della febbre dei prezzi ha attirato subito l’attenzione dei falchi in consiglio della Bce, cioè di quegli esponenti, soprattutto dai Paesi settentrionali dell’Unione, che vogliono contrastare da subito qualsiasi segnale di inflazione e ritirare tutte le misure straordinarie di supporto al settore finanziario decise durante la crisi, in particolare il programma di acquisti di bond governativi, già aspramente criticato in passato da Axel Weber, presidente della Bundesbank.
Con quel “non abbiamo posizione precostituire sui tassi di interesse e siamo sempre pronti ad agire come richiesto dalla situazione”, Jean Claude Trichet ieri è stato sibillino: ha iniziato a inviare ai mercati un messaggio importante, che in prospettiva potrebbe segnare l’inizio di un mutamento di rotta dall’attuale politica monetaria ultra-accomodante. Pur ribadendo che le attese di inflazione rimangono solidamente ancorate e che nel medio periodo, nello specifico entro la fine del 2011, l’inflazione dovrebbe tornare sotto la soglia del 2%, Trichet ha ammesso di intravedere nel breve pressioni al rialzo a causa della corsa dei prezzi dell’energia e delle commodities in generale.
E questo trend, ha detto, deve essere monitorato strettamente perché un’eventuale comparsa sulla scena di un’inflazione generalizzata renderebbe impossibile il mantenimento dell’attuale politica monetaria. Alla Bce del resto la determinazione non manca: non a caso Trichet ha ricordato come nel 2008, quando la crisi era già iniziata, l’Eurotower andò controcorrente alzando i tassi perché si temeva che la corsa di energia e commodities potesse tradursi in un rialzo generalizzato dei prezzi. Una prima stretta sui tassi, spiegano gli analisti delle principali banche europee, potrebbe essere in vista prima della fine di quest’anno.
Il dato dell’inflazione secondo gli esperti di Unicredit non cambia radicalmente le carte in tavola ma, assieme a un gap produttivo che si sta assottigliando e una lenta ripresa del ciclo del credito, è un altro segnale che i tassi di interesse non possono restare all’infinito all’attuale livello di emergenza. Pertanto a loro avviso la stretta dovrebbe partire a fine 2011, mentre le condizioni straordinarie di liquidità dovrebbero continuare oltre questa data per sostenere il fragile settore bancario nei Paesi periferici dell’Eurozona. Anche Thomas Mayer, capo-economista di Deutsche Bank, è dell’idea che mantenere i tassi a minimi storici non sia più adeguato. A partire dalla seconda metà del 2011, la Bce inizierà ad aumentare i tassi di interesse: sarà l’inizio di una cauta normalizzazione. Se il trend dei prezzi dovesse continuare, la Bce sarà costretta a rivedere al rialzo la stima d’inflazione per il 2012, ora all’1,5%, quando diffonderà le previsioni aggiornate a inizio marzo. Già da giovedì prossimo, Trichet avvertirà i Governi europei che la Bce non farà finta di niente di fronte a un aumento dell’inflazione o delle attese di inflazione e agirà, se necessario.
Per Silvio Peruzzo, economista di Royal Bank of Scotland, un rialzo dei tassi potrebbe arrivare ma non prima di settembre e solo a patto che la crescita economica in Europa diventi più evidente. In quest’ottica il rialzo potrebbe essere nell’ordine di 25 punti base. “L’inflazione sta crescendo e continuerà a crescere nei prossimi mesi fino al 2,5%, in scia al prezzo del petrolio. E’un rischio su cui si sta focalizzando anche la Bce. E’ chiaro che il rischio deflazione è svanito e dobbiamo cominciare a preoccuparci del second round”, segnala l’economista, che non vede rischi immediati. “Il reading dell’inflazione di questa mattina non fa cambiare la nostra view: la domanda resta debole, l’economia resta debole. Saranno necessari altri due/ tre trimestre prima di poter cambiare rotta”.
Una view condivisa con Barclays Capital, secondo cui da Francoforte muoveranno sui tassi, ma non prima del secondo trimestre del 2012. “In questo momento un rialzo dei tassi sarebbe più un male che un bene”, è l’idea di Carsten Brzeski di Ing. “La periferia d’Europa è economicamente ancora troppo debole per poter digerire tassi più elevati; la crisi del debito sovrano è ancora lontana dall’essere superata e un rialzo dei tassi non fermerebbe l’incremento delle commodity. Tuttavia – prosegue l’economista – per l’Eurozona nel suo complesso, l’orientamento di politica monetaria si sta allentando sempre di più. D’ora in avanti, la Banca centrale europea è in prima linea per la difesa, sulla linea di fuoco, dell’Eurozona dalla crisi del debito sovrano. Una bassa inflazione ha dato la possibilità all’Eurotower di implementare le misure non convenzionali. Il meeting di ieri ha ribadito che questa resta ancora la priorità, ma con un aggiornamento: gli sviluppi sul fronte inflazionistico sono al centro dei pensieri per questo 2011”.