Shock occupazione Usa: altro che boom posti di lavoro, l’outlook si schianta contro realtà Covid. Fed aveva ragione, colpo di grazia al reflation trade?
Raramente si è assistito a uno scollamento tanto profondo tra le stime degli economisti e la realtà delle cose, soprattutto nel caso dell’occupazione-disoccupazione Usa: a dispetto dell’outlook evidentemente fin troppo roseo sfoderato dagli analisti, pari alla creazione di 1 milione di nuovi posti di lavoro nel mese di aprile, l’economia americana ha sfornato soltanto 266.000 nuove posizioni. E il tasso di disoccupazione, che era atteso scendere dal 6% di marzo al 5,8%, è aumentato al 6,1%.
Un vero e proprio shock per l’America, soprattutto per chi stava scommettendo – mercati in primis – sulla ripresa turbo che l’economia avrebbe messo a segno, grazie alle vaccinazioni, che negli States procedono a ritmo spedito (fino a più di 2 milioni di persone vaccinate al giorno).
Una vittoria per la credibilità della Federal Reserve che, così come ha commentato Adam Crisafulli, fondatore di Vital Knowledge,”potrà rivendicare di aver avuto ragione con la sua esitazione a lanciare il tapering”.
Da diverse parti era arrivato infatti l’alert inflazione Usa e di conseguenza l’alert sul pericolo che Jerome Powell & Co. non stessero prendendo seriamente in considerazione il pericolo di un surriscaldamento dell’economia Usa, pericolo – secondo alcuni esperti – accentuato tra l’altro dai vari bazooka dell’amministrazione di Joe Biden.
L’agenzia di rating Moody’s aveva chiaramente scritto come fosse improbabile che l’inflazione avrebbe moderato il passo nel modo in cui Jerome Powell aveva detto che sarebbe accaduto, e aveva presentato già una road map per il tapering e il rialzo dei tassi.
Qualche giorno dopo era intervenuto anche Mohamed el-Erian, responsabile consulente di Allianz, criticando apertamente la Fed e citando anche quanto era stato detto qualche giorno prima da Warren Buffett, il ceo e fondatore di Berkshire Hathaway, sul trend dell’inflazione.
Report occupazione Usa, i dettagli
“Nel mese di aprile, la crescita significativa dei posti di lavoro nei settori alberghiero e intrattenimento, così come in altri servizi come nel personale scolastico delle amministrazioni locali, è stata parzialmente compensata dalle perdite di posti di lavoro nei servizi di assistenza temporanea e di spedizione”.
Lo shock occupazione è arrivato dopo la pubblicazione del recente dato sul Pil Usa, balzato di ben il 6,4% nei primi tre mesi dell’anno, e in un contesto in cui molti economisti prevedono l’economia schizzare fin oltre il ritmo di espansione del 10% nel secondo trimestre.
Un’altra brutta notizia è arrivata con la revisione al ribasso delle buste paga del mese di marzo: la crescita non è stata pari a +916.000 unità, come inizialmente riportato, ma di 770.000 nuovi posti di lavoro.
I numeri di febbraio sono stati rivisti invece al rialzo, da un aumento degli occupati inizialmente dato a +468.000 a +536.000 unità.
Guardando ad altre componenti del dato, il tasso di partecipazione alla forza lavoro si è attestato al 61,7%, rispetto al 61,6% stimato, dunque pressocché in linea con le stime, e non tanto in rialzo rispetto al 61,5% del mese di marzo. La percentuale rimane inferiore al 62,8% precedente l’esplosione della pandemia Covid-19.
I salari orari sono saliti in media più delle attese su base mensile, in rialzo dello 0,7% rispetto al dato invariato stimato dal consensus. Su base annua, l’incremento è stato decisamente più contenuto rispetto alle previsioni, pari a +0,3%, rispetto al balzo del 4,2% atteso.
Le ore settimanali di lavoro, in media, sono state pari a 35, rispetto alle 34,9 stimate.
Ora, é indubbio che l’occupazione americana sia tornata a crescere: dal rapporto sulle richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione, diramato nella giornata di ieri, è emerso che la scorsa settimana il numero dei lavoratori che hanno fatto richiesta per la prima volta per ricevere i sussidi è sceso sotto quota 500.000, per la prima volta dai primi giorni della pandemia.
Tuttavia, l’interrogativo riguarda quanto le condizioni dell’economia Usa stiano davvero migliorando. Non conforta certo, andando a spulciare tra i diversi settori, il fatto che nel settore manifatturiero ci sia stata non una creazione di posti di lavoro (+54.000 quella attesa), bensì perdita, pari a ben -18.000 unità.
Come detto in precedenza, il settore che ha beneficiato maggiormente dell’aumento dell’occupazione è stato quello alberghiero e del tempo libero, con 331.000 nuovi posti di lavoro. Tuttavia, il livello complessivo degli occupati in questo comparto rimane inferiore ancora di quasi 2,9 milioni di unità rispetto al periodo pre-coronavirus.
La crescita dell’occupazione nel settore scolastico, pari a +31.000 unità, si spiega con il fatto che diversi sono stati gli studenti a tornare operativi nelle scuole. In rialzo anche il personale del settore attività finanziarie, aumentato di 19.000 unità, e di assistenza sociale (+23.000).
Di strada da fare ce n’é davvero tanta, se si considera che il numero degli occupati complessivo, in Usa, rimane inferiore di ancora 9,8 milioni di unità rispetto al picco del periodo precedente la pandemia.
Immediato l’effetto sui mercati: il dollaro, che già viaggiava ai minimi dell’ultima settimana, ha incrementato le perdite, consentendo all’euro di segnare un rialzo di mezzo punto percentuale circa, oltre $1,21.
Importante anche il dietrofront dei tassi decennali sui Treasuries, scivolati di 5 punti base: l’affossarsi totale del reflation trade ha fatto da assist ai titoli hi-tech, che sono tornati subito a salire, con Facebook, Amazon, Netflix, Alphabet, e Apple in crescita tutti dell’1% circa.
Il commento di IG Italia: il mantra di Powell è ancora valido
Così ha commentato Filippo Diodovich, senior strategist di IG Italia, i non farm payrolls statunitensi appena comunicati, facendo una sintesi dei dati emersi.
Lo US Bureau of Labor Statistics (BLS) ha comunicato che, nel mese di aprile, nei settori non agricoli, si è registrato un aumento di 266 mila nuovi posti di lavoro, dato molto peggiore rispetto alle attese del consensus (circa 1 milione di nuovi impieghi). Il tasso di disoccupazione sale dal 6,0% al 6,1% (aspettative al 5,8%). Riviste al ribasso nel complesso le cifre dei mesi scorsi (+78 mila posti di lavoro in totale rispetto alle stime precedenti). Il dato di febbraio è stato rivisto al rialzo di 68 mila unità a +536k, quello di marzo al ribasso di 146 mila unità a +770k. Il tasso di partecipazione alla forza lavoro si è attestato al 61,7% (ancora lontano dai livelli di febbraio quando si attestava al 63,3%). I salari medi salgono dello 0,7% m/m (consensus +0%). I salari sono saliti dello 0,3% a/a (consensus -0,4%).
Il numero di disoccupati che hanno dichiarato di essere in sospensione temporanea dalle attività lavorative (‘temporary layoff’) è sceso a 2,1 milioni di unità. I disoccupati che hanno perso del tutto il posto del lavoro sono pari a 3,5 milioni (2,2 milioni in più rispetto a febbraio 2020).
Diodovich ha messo in evidenza la reazione dei mercati:
“Crollano le quotazioni del dollaro sui mercati valutari, acquisti sull’obbligazionario, indici azionari contrastati”.
“Il deludente dato sulla creazione di posti di lavoro – ha spiegato lo strategist di IG Italia -ha avuto un impatto immediato sui mercati finanziari. Il dollaro ha mostrato un forte calo sulle piazze valutarie. Il dollar index paniere che misura la forza del dollaro contro le principali valute internazionali è sceso da 90,9 a 90,4 punti. Il cambio euro-dollaro è saltato da 1,2060 fino a un massimo a 1,2130. Forti acquisti sul mercato obbligazionario che portano i rendimenti del Treasury decennale a scendere dall’1,57% all’1,50%. Sui mercati azionari l’effetto è stato più contrastato. Reazione positiva per gli indici tecnologici (Nasdaq 100 e Nasdaq Composite), forti oscillazioni per S&P500 e Dow Jones IA”.
In generale, “i dati deludenti sul mondo del lavoro statunitense confermano le strategie ultra-accomodanti del presidente della FED, Jerome Powell. E’ troppo presto per iniziare le exit strategy dalle misure non convenzionali portate avanti dalla commissione operativa dell’istituto centrale. Per l’inizio del tapering ovvero delle riduzioni degli stimoli monetari (processo già iniziato da altre banche centrali come Bank of Canada e Bank of England) sarà necessario aspettare ancora. Gli acquisti mensili della FED resteranno probabilmente a 120 miliardi di dollari in asset (Treasuries e MBS9″
Diodovich ha concluso sottolineando che, per il momento, il mantra di Powell “è ancora troppo presto per cambiare politica monetaria, perché gli obiettivi (occupazione e inflazione) sono ancora lontani” è valido ed è confermato dai dati. L’approccio della FED rimarrà quindi ‘wait and see’ e ‘data driven’. Sul fronte occupazionale l’economia statunitense non si sta surriscaldando ed è ancora lontana rispetto agli obiettivi”