E’ sempre più panic selling a Shanghai, rischio Cina per i titoli del lusso italiani

Non accenna a placarsi la discesa libera della Borsa di Shanghai che oggi ha perso un ulteriore 6% nonostante le contromosse messe in atto dalle autorità di Pechino per frenare l’ondata di panic selling. Lo Shanghai Composite Index ha chiuso le contrattazioni in flessione del 5,9% a quota 3.507 punti, sui minimi da marzo, e le vendite hanno fatto capolino con decisione anche sulla Borsa di Hong Kong con un calo giornaliero di quasi l’8%. Il rischio bolla in Cina ha comportato forti vendite anche in Giappone con il Nikkei protagonista della peggior seduta da marzo trainato al ribasso dai titoli delle società nipponiche maggiormente esposte sulla Cina.
Tremano anche le big italiane del lusso, Ferragamo la più esposta
I timori legati allo scoppio della bolla speculativa cinese si fanno sentire anche sulle società italiane maggiormente esposte sul mercato cinese. In particolare le big italiane del lusso risultano fortemente esposte al rischio Cina. Oggi sul parterre di Piazza Affari spicca il calo di oltre il 3% a 24,16 euro di Salvatore Ferragamo, che in Cina registra una quota tra il 20% e il 25% del proprio fatturato. Esposizione corposa anche per Tod’s che cede l’1,7% in Borsa e Moncler (-1,2%).
I timori legati allo scoppio della bolla speculativa cinese si fanno sentire anche sulle società italiane maggiormente esposte sul mercato cinese. In particolare le big italiane del lusso risultano fortemente esposte al rischio Cina. Oggi sul parterre di Piazza Affari spicca il calo di oltre il 3% a 24,16 euro di Salvatore Ferragamo, che in Cina registra una quota tra il 20% e il 25% del proprio fatturato. Esposizione corposa anche per Tod’s che cede l’1,7% in Borsa e Moncler (-1,2%).
Mosse autorità cinesi non placano la discesa verticale
I nuovi interventi delle autorità cinesi non sono riusciti a placare il panic selling con il blocco oggi delle quotazioni di oltre 1.300 azioni e l’ordine impartito a 112 società a controllo statale di non vendere loro azioni o di società da loro controllate in questo periodo di “inusuale volatilità” della Borsa cinese. Nel corso della seduta odierna oltre 700 titoli sono stati sospesi per ribassi superiori al limite del 10%.
I nuovi interventi delle autorità cinesi non sono riusciti a placare il panic selling con il blocco oggi delle quotazioni di oltre 1.300 azioni e l’ordine impartito a 112 società a controllo statale di non vendere loro azioni o di società da loro controllate in questo periodo di “inusuale volatilità” della Borsa cinese. Nel corso della seduta odierna oltre 700 titoli sono stati sospesi per ribassi superiori al limite del 10%.
Negli scorsi giorni la People’s Bank of China aveva anche annunciato misure straordinarie di liquidità al supporto dei broker cinesi che si sono impegnati ad acquistare azioni per almeno 120 miliardi di yuan. Ieri il premier cinese Li Keqiang ha detto che la Cina ha “la fiducia e la capacità di affrontare le sfide che si pongono per la sua economia”, non facendo però nessun riferimento al sell-off dei mercati nelle ultime tre settimane.
Oltre -32% dai massimi del 12 giugno
Il saldo rispetto ai picchi annui toccati il 12 giugno vede un tonfo di oltre il 32% dello Shanghai Composite, con Hong Kong che nello stesso periodo ha lasciato sul terreno oltre il 15%. nelle scorse settimane diverse case d’affari hanno consigliato di rimanere alla larga dall’azionario cinese che ha raggiunto valutazioni eccessive dopo il rally degli ultimi 12 mesi che aveva portato le quotazioni a gonfiarsi di oltre il 150%. Le azioni del mercato continentale cinese avevano raggiunto multipli pari a 85 volte gli utili, maggiori rispetto a quelle raggiunte nel picco dell’ottobre 2007, prima del crac di Lehman Brothers.
Il saldo rispetto ai picchi annui toccati il 12 giugno vede un tonfo di oltre il 32% dello Shanghai Composite, con Hong Kong che nello stesso periodo ha lasciato sul terreno oltre il 15%. nelle scorse settimane diverse case d’affari hanno consigliato di rimanere alla larga dall’azionario cinese che ha raggiunto valutazioni eccessive dopo il rally degli ultimi 12 mesi che aveva portato le quotazioni a gonfiarsi di oltre il 150%. Le azioni del mercato continentale cinese avevano raggiunto multipli pari a 85 volte gli utili, maggiori rispetto a quelle raggiunte nel picco dell’ottobre 2007, prima del crac di Lehman Brothers.