Notizie Notizie Italia Savona critica gestione QE di Draghi: ‘non avrebbe dovuto acquistare anche titoli tedeschi’. E fa anche una gaffe

Savona critica gestione QE di Draghi: ‘non avrebbe dovuto acquistare anche titoli tedeschi’. E fa anche una gaffe

20 Agosto 2019 15:46

Un Quantitative easing che preveda oltre all’acquisto di titoli di stato italiani anche quello di Bund tedeschi non è sufficiente a proteggere l’Italia dalle grinfie della speculazione. E’ quanto ha detto Paolo Savona, ex ministro degli Affari europei del governo M5S-Lega, ora presidente della Consob, in occasione di un suo intervento al Meeting di Cl a Rimini.

Savona non ha lesinato critiche alla Bce di Mario Draghi, ammonita anche per aver lanciato il QE troppo tardi, quando erano passati già quattro anni dall’inizio della crisi finanziaria globale del 2008.

La critica è stata estesa all’Europa intera:

Quando è scoppiata la crisi internazionale “l’Europa era impreparata, la Bce era impreparata. Draghi ha fatto il Qe solo nel 2012, quattro anni dopo” l’inizio della crisi.

C’è da dire a tal proposito che il lancio ufficiale del Quantitative easing è avvenuto però nel marzo del 2015, dopo essere stato annunciato a gennaio di quell’anno, ed esteso poi fino alla fine del 2018.

Probabilmente Savona si è riferito alla frase WhateverItTakes con cui Mario Draghi, nell’estate del 2012, disse: “Faremo il possibile per salvare l’euro” (WhateverItTakes): frase che tuttora identifica l’operato del banchiere centrale.

Ma per l’economista la Bce non ha sbagliato solo perché è intervenuta in ritardo. Ha sbagliato anche perchè ha deciso, con il suo programma di acquisto di asset, di acquistare non solo BTP & Co, dunque titoli di stato italiani, ma anche i Bund, ovvero i bond sovrani tedeschi.

Con Draghi la Bce è intervenuta “sul debito pubblico italiano, oggetto di speculazione, che ne ha bisogno”, e poi è intervenuta anche “in quello tedesco che non ne ha bisogno”.

A fronte di chi ritiene che Draghi & Co siano stati fin troppo generosi con l’Italia, insomma, l’ex ministro è arrivato ad accusare, seppur in modo molto velato, di aver aiutato se non fatto favoritismi alla Germania.

La critica non è passata inosservata, tanto che poco dopo il discorso del presidente della Consob è arrivata la nota dell’Unione nazionale dei Consumatori (UNC):

Attacco ingiustificato a Draghi. E’ vero che il Quantitative easing è partito in ritardo, ma la colpa era della politica monetaria del predecessore Trichet, non certo di Draghi, insediato dal primo novembre 2011″ , ha detto Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. Che ha continuato: “Già nel dicembre 2011 partirono le prime operazioni di rifinanziamento a lungo termine. Certo il Quantitative easing fu annunciato solo il 22 gennaio 2015 (non nel 2012), ma bisogna ricordarsi che fu necessario vincere la contrarietà di molti Paesi come la Germania e che per alcuni quell’alleggerimento quantitativo non era nemmeno consentito”.

Nelle vesti di presidente della Consob, Paolo Savona si è mostrato più fiducioso nella possibilità che l’Europa cambi, ferma restando la necessità di “correggere gli accordi europei in modo da aiutare i paesi a uscire dalle difficoltà, non ad aumentarle”. “Se noi, come fa l’Europa, impegniamo le nostre energie per combattere gli aiuti di stato” non si uscirà mai dai problemi di deficit, visto che si è costretti a “discutere mesi e mesi” su “deficit pubblico del 2% o del 2,04%”. Il punto, ha fatto notare Savona, “non è che non sia importante lo 0,4% di deficit pubblico e di indebitamento”. Il punto è che se si spendono le proprie energie per interessarsi a “questi temi, non se ne uscirà mai fuori”.

Detto questo, “non sono contro l’Europa, ma serve una moneta che abbia tutti i poteri”.

Savona ha affrontato anche il tema degli eurobond, affermando che l’Europa dovrebbe “attuare la creazione di uno strumento di debito europeo”, che non dovrebbe essere tuttavia “l’eurobond”.

Grazie a uno strumento di debito europeo, “l’Italia per uno o due anni potrebbe non emettere nuove obbligazioni” – ha continuato l’ex ministro – e se presentasse “un programma di rielaborazione del suo bilancio che fosse convincente” potrebbe risparmiare “30 miliardi”, che potrebbe utilizzare per “investire immediatamente nelle infrastrutture”.

Savona ha cercato di rassicurare anche l’Europa, parlando della necessità di inviare il seguente messaggio: “Non vogliamo uscire dall’Europa, non vogliamo uscire dall’euro in via irreversibile“.

L’ex ministro ha difeso il governo Conte e ha giustificato anche la retorica no-euro di alcuni esponenti dell’esecutivo giallo-verde, spiegando che “alcuni miei (ex) colleghi” hanno fatto certe “affermazioni perché convinti che l’Europa non cambierà mai”.

Ma “no – ha continuato – noi dobbiamo ancora credere nella forza della ragione, degli argomenti ben posti, che sono molto più importanti di quanto non siano la prova di forza e il pugno sul tavolo che tanto amano alcune persone. Io sono andato qualche volta a battere il pugno sul tavolo a Bruxelles ma non sentiva nessuno”.