Notizie Notizie Italia Salvini guarda all’Abenomics, ma soffre di amnesia. Con Draghi fuori Bce rischia di finire era colombe

Salvini guarda all’Abenomics, ma soffre di amnesia. Con Draghi fuori Bce rischia di finire era colombe

28 Maggio 2019 10:05

Oltre allo shock fiscale alla Trump, anche l’Abenomics del Giappone. Il vicepremier leghista Matteo Salvini, reduce dal trionfo della Lega alle elezioni europee, lo dice chiaramente: i modelli a cui ispirarsi sono quelli di Usa, Brasile e Giappone.

Incurante dell’ennesima letterina che l’Italia riceverà da Bruxelles entro questa settimana, così come del rischio annesso di una multa Ue da 3,5 miliardi di euro, il ministro dell’Interno si presenta alla trasmissione Stasera Italia su Rete 4 propinando le sue ricette pro-crescita:

“Ci stiamo studiando le ricette economiche di alcuni Paesi, dagli Usa al Brasile al Giappone, che hanno rilanciato l’economia. Basta con questi vincoli, austerity, disoccupazione, precarietà. I popoli europei hanno chiesto cambiamento, novità, futuro, lavoro”.

Non importa che poco prima, a seguito delle sue ennesime dichiarazioni anti-europeiste, spread e BTP siano tornati nella morsa dei sell off. Non importa neanche che, per ‘colpa’ dell’Italia l’euro sia tornato a scivolare sotto quota $1,12.

Le indiscrezioni sul rischio di una multa non spaventano il leader della Lega, che continua a mettere in guardia l’Unione europea, forte della speranza di una nuova Europa:

“Aspetto di leggere la lettera dell’Ue – aveva detto poco prima – ma credo che la Commissione europea debba e possa prendere atto che i popoli ieri hanno votato per il cambio e la crescita: quello che è chiaro che non si alzano le tasse, che l’aumento dell’Iva non esiste”.

Secondo Salvini, “di tagli ed eccesso di prudenza l’Italia ha rischiato di spegnersi” e il risultato delle elezioni è “un invito a fare il contrario di quello che ci è stato imposto fino all’anno scorso per il bene dell’Europa e dei mercati. L’Italia cresce se le aziende e i lavoratori pagano meno rispetto a quello che si paga oggi. Non siamo noi che vogliamo sforare. Se noi fossimo costretti a rispettare numeri e vincoli vecchi, il debito crescerebbe. Noi vogliamo ridurlo e avere il credito delle istituzioni europee per fare il contrario di quello che hanno fatto i Monti i Gentiloni: ossia restituire soldi”.

Così Il Sole 24 Ore commenta la crociata contro Bruxelles da parte di un politico che si sente più che forte che mai, e il rischio di una multa contro Roma:

Rendimenti e spread risalgono nel pomeriggio dopo che l’agenzia Bloomberg rilancia il rischio che Bruxelles imponga all’Italia una multa da due decimali di Pil (3,6 miliardi) da accantonare in un deposito infruttifero per non aver rispettato gli obiettivi sul debito. Ipotesi che il vicepremier leghista Salvini respinge chiedendo alla Commissione di «prendere atto del voto dei popoli». In realtà la multa non è una questione immediata, perché arriverebbe semmai alla fine del lungo confronto su un’inedita procedura d’infrazione per debito fra il governo italiano e un esecutivo comunitario in scadenza”.

Ricetta Abenomics possibile in Italia?

Ma la ricetta Abenomics – dal nome del premier giapponese Shinzo Abe – potrebbe essere applicata con successo in Italia?

Delle somiglianze tra l’economia italiana e quella giapponese si è parlato spesso, sebbene molte volte in senso negativo: anche il Giappone detiene un debito monstre, addirittura superiore a quello dell’Italia, e non per niente il primo al mondo. Anche il Giappone fa fronte al rapido invecchiamento della popolazione, a cui fa fronte un basso tasso di natalità.

Dopo ben due decenni di deflazione, qualcosa nel paese ha iniziato però a muoversi. Merito, sembra, dell’Abenomics, ovvero di una politica economica inaugurata nel 2012 – come ricorda anche il sito governativo del Giappone – dal primo ministro: una ricetta che, come emerge dall’infografica di cui sopra, ha dato un assist al Pil, all’occupazione, agli utili delle aziende, garantendo  anche un aumento delle entrate fiscali.

Eppure non tutto evidentemente va così bene per le casse dello stato, visto che proprio in queste ultime settimane accese discussioni hanno avuto per oggetto l’imminente rialzo dell’Iva, che dovrebbe salire alla fine di quest’anno dall’8% al 10%.

E’ vero che sorprendente è stata la crescita del Pil giapponese che, nel corso del primo trimestre, è salito al tasso annuo del 2,1%, facendo +0,5% su base trimestrale.

A sostenere l’espansione, stando ai dati diramati da Tokyo, sono stati in particolare gli investimenti pubblici e privati. Tirando le somme, si può dire che sicuramente l’economia del paese, assistita da programmi concepiti per combattere la deflazione, è cresciuta negli ultimi anni, a parte fasi di contrazione legate soprattutto a disastri naturali.

Un mix di politiche fiscali e monetarie espansive ha permesso tuttavia all’economia di rialzare la testa, sicuramente non di marciare spedita. E, a tal proposito, diversi economisti criticano l’Abenomics proprio perchè, alla fine, il Giappone continua a fare i conti con un debito pubblico monstre e con problemi strutturali che tuttora persistono.

Critiche a parte, c’è da dire che l’Abenomics è riuscita per lo meno a diventare una politica economica applicata, grazie al coordinamento tra lo Stato e la Banca centrale giapponese, la Bank of Japan che – come ha ricordato il Financial Times in un articolo recente – è arrivata ad acquistare asset finanziari per un valore pari al 100% del Pil del Giappone, garantendo al contempo la debolezza dello yen (a favore delle esportazioni, in un contesto di guerra commerciale) e contribuendo al calo del tasso di disoccupazione al 2,5%.

Peccato però che in Giappone i salari continuino a scendere e che  l’inflazione rimanga non proprio pervenuta, sicuramente rispetto al target a cui mira la banca centrale (2%). Tutto questo, mentre serpeggia il dubbio che gli acquisti di ETF da parte della banca centrale stiano creando distorsioni nel mercato (per non dire bolle speculative).

Alla fine del 2018, inoltre, la BoJ ha ridotto le partecipazioni di titoli di stato giapponesi al 43% di tutti i bond sovrani emessi da Tokyo: si è trattato del primo calo, su base trimestrale, in quasi sette anni, a fronte di un rapporto debito-Pil che, negli ultimi cinque anni, è balzato al 255%.

Un articolo di SeekingAlpha fa notare inoltre che, a dispetto dell’Abenomics, il Giappone versa in una condizione di stagnazione secolare, se si considera come il tasso di crescita sia sceso dal 5% allo 0,5%, subendo una erosione superiore al 90%.

Andando al di là di quelli che sono i meriti e le pecche dell’Abenomics, c’è da dire tuttavia una verità inconfutabile: l’Italia non è il Giappone, e per diversi motivi.

In primis, il Giappone non è inserito in un blocco né soggetto a un’autorità – a parte quella dei mercati – che gli dìa dei compiti da fare. Il Giappone, insomma, detiene una sovranità monetaria. L’Italia – e qui Salvini può strepitare quanto vuole – non ha invece una sovranità monetaria, non dispone dunque di una banca centrale il cui primo obiettivo sia quello di fare i suoi interessi.

L’Italia è sottoposta, come tutti gli altri paesi dell’Eurozona, alla Bce, e per molti, tra l’altro, è stata fin troppo fortunata ad avere un presidente colomba, disposto a fare di tutto pur di salvare l’euro, come Mario Draghi.

Ma il mandato di Draghi sta per scadere e la sua dipartita potrebbe tradursi nella fine dell’era delle colombe.

Tra i candidati che vengono dati per favoriti a prendere il suo posto c’è il falco tedesco, numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann, l’unico membro del Consiglio direttivo della Bce che si oppose a Draghi quando, nel 2012, proferì l’ormai famose frase: “whatever it takes”, dicendo pronto a fare di tutto per salvare l’euro.

Nella rosa dei nomi compare anche Benoit Coeure, banchiere presente anche lui al Consiglio direttivo proposto dalla Francia, che ha una visione di politica monetaria più vicina a quella di Draghi, ma che potrebbe salire sullo scranno più alto della Bce proprio in un momento in cui non si può dire, come fa notare anche l’Ft, che le relazioni tra Roma e Parigi siano eccellenti.

Tornando all’Abenomics, secondo qualcuno la politica economica lanciata dal premier giapponese sarebbe anche a rischio e proprio a causa dell’aumento dell’Iva che il governo sta valutando di rendere effettivo a ottobre.

A lanciare l’allarme è Etsuro Honda, ex consulente economico di Abe, tra gli architetti dell’Abenomics.

In un’intervista rilasciata a Bloomberg, l’economista ha avvertito chiaramente che “L’Abenomics fallirà davvero se si deciderà di procedere all’aumento dell’Iva”. Honda ha già convinto due volte il premier a posticipare la misura. E ora, promette, insisterà di nuovo visto che, a suo avviso, l’incremento dovrebbe essere varato soltanto se l’inflazione raggiungesse il target della Bank of Japan, pari al 2%. In caso contrario, il Pil del Giappone potrebbe contrarsi del 3% e soffrire uno shock addirittura simile, secondo Honda, a quello provocato dal crac di Lehman Brothers.