Notizie Notizie Italia Saltano le nozze FCA-Renault. Stato francese ha fatto troppi capricci?

Saltano le nozze FCA-Renault. Stato francese ha fatto troppi capricci?

6 Giugno 2019 07:37

Altro che fumata bianca imminente, e FCA e Renault a un passo dall’accordo: le nozze FCA-Renault saltano, dopo la nota con cui il cda del gruppo automobilistico transalpino- che si è riunito ieri per il secondo giorno consecutivo – comunica di aver rinviato di nuovo la decisione, su richiesta dello Stato francese. La domanda che sorge spontanea e legittima è: sono stati i troppi capricci di Parigi a far saltare tutto?

Nel giro di poche ore crolla il piano volto a creare il terzo gruppo automobilistico a livello mondiale. Che qualcosa non stesse andando per il verso giusto, era trapelato già nei giorni precedenti, con il gruppo giapponese Nissan (facente parte dell’alleanza Renault- Nissan-Mitsubishi) che aveva addirittura detto che sarebbe stato necessario rivedere l’alleanza in toto.

Il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire era stato inoltre chiaro nel presentare le condizioni sine qua non per il via libera di Parigi alla fusione, pur considerata “una reale opportunità per l’industria automobilistica francese”.

Quattro le condizioni, aveva detto: “il rispetto dell’alleanza Nissan-Renault, la tutela dei siti industriali e della forza lavoro, una governance equilibrata e la partecipazione del futuro gruppo ai progetti europei sul fronte delle batterie elettriche”.

Le richieste dello Stato francese si erano fatte poi più pressanti. E così, nella notte Fca ha diramato una nota:

“Fca continua a essere fermamente convinta della stringente logica evolutiva di una proposta che ha ricevuto ampio apprezzamento sin dal momento in cui è stata formulata e la cui struttura e condizioni erano attentamente bilanciati al fine di assicurare sostanziali benefici a tutte le parti. E’ tuttavia divenuto chiaro che non vi sono attualmente in Francia le condizioni politiche perché una simile fusione proceda con successo”. “Fca continuerà a perseguire i propri obiettivi implementando la propria strategia indipendente”.

Poco prima Renault aveva comunicato che “il Cda non è stato in grado di prendere una decisione a causa dell’auspicio espresso dai rappresentanti dello Stato francese di rinviare il voto ad un consiglio ulteriore”.

Lo Stato francese, primo azionista di Renault con una quota del 15%, aveva dovuto fare i conti anche con il sindacato CGT, che si era detto contrario all’operazione.

A mettere ulteriormente in bilico il dossier, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, la decisione di due consiglieri di Nissan facenti parte del board di Renault di ritirare l’appoggio alla proposta di fusione. Il loro no avrebbe alimentato i dubbi di Renault sull’intenzione della giapponese di Nissan di tutelare l’alleanza, nel caso in cui il processo di fusione fosse andato avanti.

Detto questo, sicuramente le richieste di Parigi sono state notevoli. Oltre alle quattro citate sopra, lo Stato francese avrebbe, nel fine settimana, alzato ulteriormente la posta, pretendendo che la sede operativa della nuova società controllata al 50-50 dai soci di Fca e di Renault fosse a Parigi (Boulogne); chiedendo inoltre: la garanzia del mantenimento degli attuali livelli occupazionali per quattro anni e non solo due; la presenza di un consigliere nel cda in rappresentanza del Governo; e un dividendo straordinario per i soci di Renault”.

Altro ostacolo alla fusione era stato da subito la posizione poco chiara dei giapponesi di Nissan, con il ceo che aveva fatto notare come la fusione avrebbe alterato in modo significativo la sua alleanza con Renault. Allo stesso tempo, l’AD Hiroto Saikawa si era mostrato possibilista, affermando che “la potenziale aggiunta di Fca come nuovo membro dell’Alleanza” avrebbe potuto “ampliare il campo di gioco per la collaborazione e creare nuove opportunità per ulteriori sinergie”.

In tutto questo non erano mancate critiche avanzate da più parti, come da PSA (cui fanno capo i marchi Peugeot, Citroen, Ds, Opel e Vauxhall Motors), il fidanzato tradito da FCA che, per bocca del suo numero uno, aveva definito l’accordo di fusione un “takeover virtuale” di FCA su Renault. Carlo Tavares aveva, di fatto, accusato Fiat di sfruttare “opportunisticamente, ampiamente a suo vantaggio” la perdita di valore del titolo Renault ai minimi in cinque anni.

Dubbi su una possibile conquista di un pezzo di Francia da parte dell’Italia erano stati espressi allo stesso tempo con un editoriale di Le Monde, che aveva posto il seguente interrogativo:

“L’avventura è il modo migliore per salvare un matrimonio in pericolo? Renault sembra esserne convinta”. Il quotidiano francese aveva aggiunto: “Mentre l’alleanza stretta 20 anni fa con Nissan è ormai in un vicolo cieco del quale il costruttore francese ha parte di responsabilità, la sua direzione è pronta a gettarsi nelle braccia di FCA. Se si capisce chiaramente l’interesse di quest’operazione per l’italo-americano, per Renault, al momento, gli inconvenienti superano ampiamente i vantaggi“.

E che dire invece di quella lettera del fondo attivista francese Ciam inviata al cda di Renault, con cui il piano delle nozze era stato considerato volto più a una “un’acquisizione” che non una fusione alla pari?

“Siamo sorpresi della mancanza di un premio collegato a questa acquisizione e ci opporremo fermamente a questa presa di controllo opportunistica che non solo sottovaluta Renault ma in più non prevede alcun premio di controllo”, aveva scritto il fondo, mentre nuovi rumor riportati dal Sole 24 Ore segnalavano l’obiettivo della casa francese di forzare i concambi ai fini di una maggiore valorizzazione.

Quale sia la verità, sicuramente il sogno di John Elkann – che aveva confessato di voler replicare il successo di 10 anni fa ottenuto con la fusione con Chrysler – è andato a pezzi, scontrandosi contro i desiderata dello Stato francese.

La fusione –con sinergie stimate pari a 5 miliardi – avrebbe creato uno dei principali produttori di auto al mondo in termini di fatturato, volumi, redditività e tecnologia. La società risultante avrebbe venduto annualmente circa 8,7 milioni di veicoli, sarebbe stata un leader mondiale nelle tecnologie EV, nei marchi premium, nei SUV, nei pickup e nei veicoli commerciali e avrebbe avuto una più ampia e più bilanciata presenza globale rispetto a quella che ciascuna società ha, al momento, da sola.