Notizie Notizie Mondo Risiko bancario europeo non pervenuto, Bini Smaghi: così si rischia ‘sindrome giapponese’

Risiko bancario europeo non pervenuto, Bini Smaghi: così si rischia ‘sindrome giapponese’

15 Maggio 2019 08:39

Che fine ha fatto il risiko bancario europeo? Niente balletto delle fusioni tra i grandi istituti di credito?

Mentre arriva la smentita di UniCredit sulle indiscrezioni che vedevano il colosso gestito da Jean-Pierre Mustier più vicino a corteggiare la tedesca Commerzbank, un monito sul risiko non pervenuto viene lanciato da Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Société Générale ed ex esponente del Consiglio direttivo della Bce.

In un’intervista al Sole 24 Ore, il banchiere insiste sulla necessità che il risiko bancario europeo avvenga, altrimenti, avverte, “la sfida con i colossi del credito Usa sarà persa“.

Bini Smaghi lancia anche l’alert “sindrome giapponese” per il sistema bancario dell’Europa:

“Nell’ultimo anno l’esigenza di un processo di aggregazione cross-border nel settore bancario europeo non si è ridotta – spiega – Anzi, è aumentata perchè la redditività è sempre più condizionata negativamente dal rallentamento dell’economia e dallo scenario di tassi di interesse vicini allo zero per un lungo periodo: c’è il rischio, in prospettiva, che le banche europee diventino vittime della ‘sindrome giapponese’. Abdicando a giocare un ruolo di rilievo nel capital market e nell’asset management, ormai dominati dai grandi gruppi Usa”.

Insomma, “si sta sprecando tempo prezioso perché, senza la crescita dimensionale delle banche europee, la sfida con i colossi Usa sarà persa”.

La responsabilità del mancato risiko bancario, tra l’altro, è da attribuire anche alle resistenze “nazionaliste” dei vari paesi del blocco, che impediscono che vengano creati campioni paneuropei.

Resistenze, ricorda Il Sole 24 Ore, che “un anno fa contribuirono a frenare l’ipotesi, almeno temporaneamente accantonata, di fusione tra UniCredit e Société Générale”.

Ma, su tal punto, Bini Smaghi mette le mani avanti: “Non commento vecchi e nuovi rumor di mercato“.

In riferimento alle resistenze “nazionaliste” il manager spiega comunque che “le discrezionalità nazionali sulla regolamentazione bancaria in tema di capitale e soprattutto di liquidità sono un ostacolo alle fusioni cross border. E spesso le discrezionalità regolamentari riflettono posizioni politiche dei governi nazionali“.

Bini Smaghi non risparmia neanche una stoccata alle autorità di regolamentazione del settore bancario europeo, dunque alla Bce e all’Eba e, in generale, a tutte quelle regole che hanno costretto diversi istituti a focalizzarsi principalmente sulla necessità di creare nuovi e ulteriori cuscinetti di capitali.

“Le richieste di rafforzamento patrimoniale del regolatore hanno irrobustito il sistema -ammette – Ma è anche vero che continuare a mantenere eccessiva enfasi sul capitale, crea timori sul mercato. Anche perché nel frattempo in Usa si va piuttosto nella direzione di una deregulation. Teniamo conto che le banche europee stanno pagando 7,5 miliardi all’anno di contributi al fondo di risoluzionre europeo e altri 7,5 miliardi per effetto dei tassi di interesse negativi. In tutto faranno 15 miliardi di oneri che le banche Usa non hanno”.

E, proprio a proposito di risiko bancario, è arrivata poche ore fa la smentita di UniCredit sulle indiscrezioni riportate ieri da Reuters, che avevano portato i mercati a focalizzarsi di nuovo sul dossier potenziale di una fusione tra l’istituto e Commezbank, dopo il flop delle trattative Deutsche Bank-Commerzbank, volte – nei desideri di Berlino – a creare un campione bancario in Germania.

Nella giornata di ieri Reuters aveva parlato della presunta nomina, da parte di UniCredit, degli advisor finanziari Lazard e Jp Morgan, per studiare una possibile offerta per rilevare Commerzbank.

Ma dopo aver pagato le indiscrezioni in Borsa, con il titolo UniCredit che a seguito della diffusione dei rumor ha ceduto fino a -3,89%, su richiesta della Consob l’istituto di piazza Gae Aulenti ha precisato che “non è stato firmato alcun mandato relativo a possibili operazioni di mercato oggetto di indiscrezioni giornalistiche”.

Anzi, la banca è “completamente” concentrata sulla realizzazione del piano Transform 2019, basato su presupposti di crescita “organica”, ed è sulla “strada giusta” per il raggiungimento di tutti gli obiettivi dichiarati.

Tra l’altro, a proposito delle tendenze nazionaliste di cui parlava Bini Smaghi, c’è da dire che di recente, proprio commentando una possibile fusione tra UniCredit e Commerzbank, Stefan Wittmann, rappresentante dei Verdi nel supervisory board di Commerzbank, aveva avvertito: “Prima di fonderci con una italiana, molto sangue dovrà scorrere”, riporta Il Sole 24 Ore.

Eppure da un punto di vista commerciale, l’alleanza tra UniCredit e Commerzbank avrebbe senso.