Mercati guardano oltre l’impeachment, crash o euforia se Trump si dimettesse come Nixon?
“Marzo 2020. In una giornata fredda e umida Mike Pence giura come 46esimo presidente degli Stati Uniti. Il suo discorso di inaugurazione è visibilmente teso a trasmettere due messaggi. Da una parte è ben chiara la rivendicazione delle scelte condivise con Trump nei tre anni precedenti; Dall’altra c’è uno sforzo sottile ma evidente di comunicare la discontinuità antropologica, il cambiamento di stile, il rispetto della costituzione e il desiderio di ricostruire una terza via repubblicana alla Eisenhower, ben distinta dal neoconservatorismo di Bush e dal populismo divisivo di Trump”. E’ lo scenario ipotizzato da Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos, per gli Stati Uniti tra soli sei mesi. Fugnoli descrive minuziosamente il possibile scenario di graduale crisi per il numero uno della Casa Bianca che alla fine di febbraio, seguendo alla lettera il copione della caduta di Nixon, con un gruppo di senatori repubblicani che proporrebbe a Trump di evitare l’ignominia dell’impeachment dimettendosi. “In quei giorni, ovviamente, la borsa era scesa – Oggi, marzo 2020, la borsa ha recuperato quello che ha perduto in febbraio, ma la volatilità rimane molto alta”, scrive Fugnoli nella sua rubrica settimanale Il Rosso e Il Nero.
Trump: se mi fanno fuori Wall Street fa crash
Impeachment sì, impeachment no. Quali riflessi avrebbe sui mercati? Una prima risposta l’ha data il diretto interessato. Se vengo rimosso dalla Casa Bianca, i mercati farebbero “crash” ha sentenziato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump su Twitter in riferimento alla procedura di impeachment aperta ufficialmente in settimana dalla speaker della Camera dei rappresentanti, l’esponente democratica Nancy Pelosi. “Pensate che sia una fortuna il fatto di aver assistito al migliore mercato azionario e alla migliore economia della nostra storia? Non è andata così” ha aggiunto il presidente, rivendicando i suoi successi nella politica economica degli Stati Uniti.
Non è la prima volta che si parla di messa in stato di accusa del presidente americano. Da Richard Nixon a Bill Clinton, finora nessun Presidente americano è mai stato in realtà rimosso attraverso l’impeachment. E guardando ai casi precedenti, come afferma un’analisi di Ubs, l’annuncio dell’apertura dell’impeachment non ha mai particolarmente scalfito le borse.
Impeachment: le passate reazioni dei mercati
All’epoca di Nixon coinvolto nel caso Watergate (il presidente si dimise prima che il procedimento facesse il suo corso), l’S&P 500 è calato. Tuttavia secondo gli esperti della banca d’affari non è stato il Watergate a pesare su Wall Street quanto piuttosto una serie di vicende più significative a livello azionario, dalla “Guerra del Kippur” all’embargo petrolifero iniziato ad ottobre del 1973, fino alla recessione economica che, nello stesso anno, colpì gli Stati Uniti. Tra il 1998 e il 1999, l’epoca dell’impeachment contro Bill Clinton per lo scandalo Lewinsky, l’S&P 500 invece è salito. E anche in questo caso, sottolineando da UBS, l’impeachment non ha prodotto effetti sulle Borse.
Ma come potrebbero reagire i mercati all’impeachment contro Trump? Secondo alcuni analisti si rischia di aumentare la volatilità sui mercati, già assediati dalle preoccupazioni per le conseguenze della guerra commerciale Usa-Cina. Prova a dare una sua considerazione Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos. Mancano 14 mesi alle elezioni ma il clima politico è già molto caldo e non è difficile immaginare per il 2020 uno scontro senza precedenti nell’ultimo secolo di storia americana. Ma sbilanciarsi oggi in un senso o nell’altro – afferma l’esperto – in previsione di questo o quell’esito non ha nessun senso. Nessuno ha veramente idea di come voteranno gli americani e soprattutto di quanti andranno a votare, il vero fattore decisivo.
Per quanto riguarda i mercati, l’esperto suggerisce di non dare troppo peso alla volatilità dei prossimi tre-quattro mesi ma darne molto a quella che potrà arrivare dopo. “Poiché tra gli scenari possibili ci sono anche quelli favorevoli non si tratta di ridurre drasticamente qualsiasi esposizione al rischio, anche perché oggi tutto è a rischio, incluso il cash a tassi negativi”. “si tratta dunque – conclude Fugnoli – di diversificare il rischio e avere una parte di portafoglio pronta a funzionare bene in caso di recessione e un’altra che funzioni in caso di reflazione e riaccelerazione”.