Profughi: L’effetto-Siria può essere positivo sui consumi di Ankara
La Turchia, o meglio l’afflusso di rifugiati siriani entro i confini di Ankara, è il tema di un report redatto in questi giorni da Standard&Poor’s, che ha l’obiettivo di misurane gli effetti sull’economia del Paese. “I profughi del Medio Oriente, soprattutto siriani e iracheni, richiedenti asilo hanno generato una notevole ricaduta politica nell’Ue, ma il loro numero impallidisce in confronto all’afflusso di migranti verso la Turchia, il cui effetto sul Pil (nonché le variabili fiscali) è stato decisamente sottovalutato“, è la premessa degli analisti Frank Gill e Tatiana Lysenko.
Migrazione epocale
Dall’inizio della guerra civile in Siria nel 2011, si calcola che siano 2,5-3 milioni i rifugiati che hanno attraversato il confine con la Turchia. Ciò equivale al 3,3%-4% della popolazione della Turchia in base ai dati pubblicati dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, rettificati dalle stime del governo turco sugli immigrati non registrati. Sulla base dell’andamento dei primi quattro mesi del 2016, si prevede che la quota di siriani e altri profughi del Medio Oriente supererà il 4% della popolazione turca entro la fine dell’anno, una percentuale che comprende i circa 160mila figli di rifugiati nati in Turchia dal 2012 a oggi. “Il tasso di natalità dei rifugiati è più del doppio del numero di rifugiati che l’UE ha accettato di accogliere dalla Turchia in base agli accordi del 18 marzo”, commentano Gill e Lysenko.
Apporto al Pil
Secondo S&P l’afflusso di migranti non sarebbe solo un peso per la società turca. “Dal 2014 la crescita del credito ha cessato di essere il driver principale dell’aumento del Pil in Turchia. – è scritto nel report – E i rifugiati stanno aiutando a rilanciare i consumi e la crescita del Pil spendendo i loro risparmi e gli eventuali salari ottenuti in attività di economia sommersa. Riteniamo che il valore della spesa dei rifugiati non sia pienamente apprezzato”. Non solo. Oltre ai consumi privati, il sostegno pubblico del governo centrale per i rifugiati sia dentro che fuori dai campi potrebbe contribuire alla formazione del PIL fino a 0,2-0,3 punti percentuali all’anno.
Consumi e investimenti
S&P delinea nel dettaglio l’apporto dei profughi: appena varcate le frontiere turche, i rifugiati (il 90% dei quali vive fuori dai campi) acquisterebbero alimenti e bevande e altri beni di prima necessità, ma anche beni durevoli di consumo di seconda mano (come automobili ed elettrodomestici) da residenti turchi che, a loro volta, acquisterebbero nuovi veicoli. A sostegno di questa tesi, S&P riferisce che nel 2015 le vendite di autovetture sono aumentate del 24% e ancora meglio hanno fatto le vendite di veicoli commerciali leggeri. Non solo. Sempre secondo S&P, i rifugiati starebbero aumentando l’attività di investimento. “Dalle nostre analisi risulta che molte piccole aziende che hanno aperto nel sud-est della Turchia negli ultimi tre anni sono finanziate dalla Siria, e in alcuni casi da Iraq e Iran“, dicono Gill e Lysenko. Che aggiungono: “E’ difficile dire per quanto tempo gli effetti “positivi” sul Pil potranno durare, ma con la progressiva concessione di visti di lavoro ai nuovi arrivati, il contributo dei rifugiati all’economia turca è destinato ad aumentare”.
I tema demografico
Certamente – aggiunge S&P – la qualità della crescita complessiva in Turchia non è ottimale: gli investimenti privati stanno infatti aumentando solo in misura modesta a causa della bassa fiducia delle imprese, mentre il calo della domanda di prodotti da parte dei Paesi produttori di petrolio è significativo. Inoltre, la spesa pubblica aumenta, soprattutto in seguito all’innalzamento del 30% del salario minimo deliberato all’inizio dell’anno. La conclusione? “Tutti gli elementi presi in esame indicano che l’economia turca dipenderà dalla demografia favorevole che, lei per prima, permetterà una consistente crescita del Pil“, conclude il team di S&P.