Più liquidità non basta. Crollo riserve valutarie Cina affossa borsa Shanghai e yuan
Crollo delle riserve valutarie detenute dalla People’s Bank of China: la borsa di Shanghai fa dietrofront, così come lo yuan, e i mercati finanziari di tutto il mondo si ricordano che, oltre al rischio Italia, c’è anche quello della Cina.
Viene praticamente snobbata l’altra notizia della banca centrale cinese, quella relativa al taglio delle riserve di cash che le banche del paese devono obbligatoriamente detenere, ovvero il RRR (Reserve Requirement Ratio): la sforbiciata, resa nota ieri, è stata pari a 100 punti base, ovvero all’1%: tradotto, il sistema finanziarioè stato nuovamente blindato con una nuova liquidità netta del valore di 750 miliardi di yuan.
Fin qui, tutto ok, con la politica monetaria accomodante che rimane strumento della People’s Bank of China.
Il problema è che la banca centrale cinese non ha dato solo questa notizia. A essere comunicato è stato anche il tonfo delle riserve valutarie, in perdita di $23 miliardi a settembre, a $3,087 trilioni, dai $3,110 trilioni di agosto (quando c’era stato un calo limitato a $8 miliardi).
La flessione delle riserve valutarie è stata la peggiore in Cina dallo scorso febbraio: per trovare un flusso in uscita peggiore bisogna risalire al dicembre del 2016.
I listini azionari cinesi hanno reagito così con un tonfo fino a -4% nonostante il taglio delle riserve obbligatorie presso le banche sia avvenuto per la seconda volta nell’arco di tre mesi.
In particolare, dopo la pausa durata una settimana a causa della festività nazionale del Golden Week, il CSI 300 di Shanghai-Shenzhen è capitolato di oltre -4%, soffrendo una perdita di tale intensità per la seconda volta in più di due anni e mezzo.
A pagare la notizia del brusco calo delle riserve valutarie è stato anche lo yuan, che è scivolato nei confronti del dollaro dello 0,3% al minimo intraday di 6,9152, dopo essere sceso di un altro -0,3% la scorsa settimana, più vicino al minimo dallo scorso 16 agosto, quando era sceso fino a 6,95.
L’effetto domino dei sell off che hanno colpito la Cina si è fatto sentire anche sui mercati emergenti, oltre che su quelli europei.
L’indice di riferimento dell’azionario emergente, l’MSCI Emerging Markets è sceso dello 0,7%, al minimo dal maggio del 2017: al momento è scambiato a un valore inferiore del 22% rispetto ai massimi di gennaio, dunque in piena fase di mercato orso.