Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Pil Italia paga tassi Bce: -0,4% in II trim. S&P: manifatturiero ‘impantanato’

Pil Italia paga tassi Bce: -0,4% in II trim. S&P: manifatturiero ‘impantanato’

1 Settembre 2023 11:28

Brutte notizie per l’Italia e per il governo Meloni: il Pil italiano frena più delle attese e il settore manifatturiero made in Italy, avvertono da S&P, è impantanato in contrazione.

Il Pil dell’Italia sta frenando più di quanto atteso, sulla scia dei continui rialzi dei tassi lanciati dalla Bce di Christine Lagarde per rimettere in riga la crescita dell’inflazione dell’area euro.

Gelata, in particolare, per il governo Meloni, che aveva messo in evidenza, nei mesi precedenti, la resilienza dei fondamentali economici italiani, e che ora si appresta a varare una legge di bilancio avendo un margine di manovra decisamente risicato.

Mittente della doccia fredda è stata l’Istat, con la pubblicazione, oggi, della revisione del Pil del secondo trimestre 2023.

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Pil Italia -0,4% in II trimestre: il downgrade dell’Istat

L’Istat ha reso noto che, nel corso del trimestre compreso tra i mesi di aprile e di giugno, il Pil dell’Italia, “corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,4% rispetto al trimestre precedente, crescendo invece su base annua, dunque rispetto al secondo trimestre del 2022, dello 0,4%.

Il ritmo di espansione dell’economia italiana è stato così colpito da un downgrade, visto che, nella sua stima preliminare diffusa lo scorso 31 luglio 2023, l’Istat aveva comunicato che la riduzione su base trimestrale del Pil, dunque congiunturale, era stata pari a -0,3%, a fronte di una crescita su base annua pari a +0,6%.

A mettere il freno sono stati i motori di crescita del prodotto interno lordo, ovvero i consumi e gli investimenti.

Il secondo trimestre del 2023, ha precisato l’Istat fornendo i dettagli del dato, ha avuto tre giornate lavorative in meno del trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al secondo trimestre del 2022.

La variazione acquisita del Pil dell’Italia per il 2023 è risultata pari a +0,7%. 

Pmi, S&P: manifatturiero italiano rimasto impantanato in contrazione

Stamattina, è arrivato anche l’alert dell’agenzia di rating S&P (Standard & Poor’s), che ha avvertito che il settore manifatturiero italiano è rimasto “impantanato” in fase di contrazione nel mese di agosto.

“Il settore manifatturiero italiano è rimasto impantanato in una fase di contrazione nel mese di agosto”. si legge nel report di Standard & Poor’s, che ha diramato oggi l’indice HCOB PMI (Purchasing Managers’ Index).

In particolare, la “produzione e i nuovi ordini sono nuovamente calati a ritmi elevati e la domanda di mercato è stata segnalata come debole”.

“Si è registrato un calo di posti di lavoro per la prima volta in tre anni, sebbene la fiducia nel futuro si sia rafforzata fino a raggiungere un massimo di quattro mesi. Gli ultimi dati sui prezzi hanno mostrato un’altra notevole riduzione del costo dei fattori produttivi, mentre le imprese hanno cercato di stimolare la domanda riducendo i prezzi di vendita”.

Il risultato è che l’indice Pmi manifatturiero italiano, “un indicatore composito a una cifra della performance del settore manifatturiero derivato da indicatori relativi a nuovi ordini, produzione, occupazione, tempi di consegna dei fornitori e scorte di acquisto – ha ricordato S&P – ha registrato ad agosto 45,4″.

“Si tratta di un aumento rispetto al 44,5 di luglio e del valore più alto in tre mesi. Tuttavia, attestandosi per il quinto mese consecutivo al di sotto della soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione, l’indice ha nuovamente segnalato un forte deterioramento dello stato di salute dell’economia manifatturiera”.

Pil Italia: flessione determinata soprattutto da domanda interna

Tornando al Pil dell’Italia, l’Istat ha commentato così il downgrade:

“La stima completa dei conti economici trimestrali conferma la flessione dell’economia italiana nel secondo trimestre dell’anno, risultata pari allo 0,4%, lievemente più accentuata rispetto alla stima preliminare, che aveva fornito una riduzione dello 0,3%”.

“La crescita tendenziale del secondo trimestre si attesta allo 0,4%, in flessione rispetto ai trimestri precedenti, con una revisione anche in questo caso al ribasso rispetto alla stima preliminare, che aveva registrato una crescita dello 0,6%”.

“A determinare la flessione del Pil è stata soprattutto la domanda interna (incluse le scorte), mentre quella estera ha fornito un contributo nullo. Sul piano interno, l’apporto dei consumi privati è stato anch’esso nullo, mentre sia quello della spesa delle Amministrazioni Pubbliche sia quello degli investimenti è risultato negativo. Positivo il contributo delle scorte, per 0,3 punti percentuali”.

Ancora, l’Istat ha reso noto che “le ore lavorate hanno subìto una flessione dello 0,5%, le posizioni lavorative dello 0,1% e le unità di lavoro si sono contratte dello 0,3%. Sono risultati in crescita dello 0,8% i redditi pro-capite”.

Il fattore Bce e la minaccia di una stagflazione nell’area euro

Così ha commentato il dato sul Pil italiano Gabriel Debach, market analyst di eToro:

“Doccia fredda per l’Italia con la lettura della crescita del PIL su base trimestrale nel secondo trimestre al -0,4%. Questo dato è persino peggiore rispetto alla lettura preliminare, che era già negativa al -0,3%. I rallentamenti economici che stanno interessando diversi paesi europei stanno evidentemente avendo impatti anche sull’Italia”.

“La crescita economica italiana nel secondo trimestre misurata su base trimestrale – ha continuato Debach – è tra le più basse in Europa, superando solo Polonia, Svezia e Austria. Nonostante non ci troviamo in una recessione tecnica, molti osservatori stanno iniziando a preoccuparsi della situazione economica italiana”.

“L’andamento economico dell’Italia con una diminuzione in tutti gli aggregati di domanda, ad eccezione delle scorte, è sicuramente motivo di preoccupazione – ha spiegato il market analyst di eToro, facendo riferimento anche alle prossime mosse della Bce di Christine Lagarde attese dai mercati – La Banca Centrale Europea (BCE) si trova in una situazione incerta, indecisa se procedere con nuovi aumenti dei tassi di interesse o no. Questa incertezza potrebbe avere un impatto significativo sull’economia italiana. Le opportunità offerte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sono sicuramente importanti, ma è difficile prevedere se saranno sufficienti a risolvere le sfide economiche dell’Italia nel breve periodo”.

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Sono stati senza alcuna ombra di dubbio i rialzi dei tassi di interesse dell’Eurozona lanciati dal luglio del 2022 dalla Bce di Christine Lagarde a zavorrare l’economia italiana e dell’area euro, nel suo complesso.

Con le sue strette monetarie volte a riportare l’inflazione dell’area euro al target del 2%, Lagarde ha depresso le economie del blocco.

L’obiettivo della ‘sua’Bce era proprio questo: provocare un rallentamento della congiuntura per sfiammare l’inflazione.

Il punto è che l’inflazione dell’Eurozona rimane decisamente elevata, anche se i numeri di ieri hanno messo in evidenza, almeno, un rallentamento della componente core.

L’erosione della crescita economica è intanto evidente:

ricetta perfetta per un contesto di stagflazione, se non peggio, su cui di fatto i trader stanno scommettendo, sconfessando Christine Lagarde.

Pil Italia: consumi -0,3%, investimenti fissi -1,8% nel secondo trimestre

Riguardo al trend delle componenti del Pil dell’Italia, nella nota dell’Istituto Nazionale di Statistica si legge che:

  • Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna sono in diminuzione, con un calo dello 0,3% dei consumi finali nazionali e dell’1,8% degli investimenti fissi lordi.
  • Le importazioni e le esportazioni sono anch’esse diminuite, entrambe in misura pari allo 0,4%.
  • La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 0,7 punti percentuali alla variazione del Pil: nullo il contributo dei consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, -0,4 quello degli investimenti fissi lordi e -0,3 quello della spesa delle Amministrazioni Pubbliche (AP).
  • Per contro, la variazione delle scorte ha contribuito positivamente alla variazione del Pil per 0,3 punti percentuali, mentre il contributo della domanda estera netta è risultato nullo.
  • Si registrano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, con agricoltura, industria e servizi diminuiti rispettivamente dell’1,3%, dell’1,4% e dello 0,1%.

Pmi Eurozona: i peggiori ad agosto sono stati Germania e Austria

Riguardo alle condizioni del settore manifatturiero, va detto che a essere zavorrato ad agosto, non è stato certo ‘solo’ l’indice Pmi manifatturiero dell’Italia.

Dagli indici PMI diffusi oggi da S&P Global, è risultato infatti che il settore manifatturiero dell’area euro ha sofferto “una pressione intensa”: in evidenza la contrazione della produzione e la crisi, ancora, della Germania.

L’indice Pmi relativo all’Eurozona è salito lievemente dai 42,7 punti di luglio a quota 43,5 punti, rimanendo tuttavia in modo inequivocabile in fase di contrazione, in quanto comunque inchiodato a un valore inferiore ai 50 punti, linea di demarcazione tra fase di espansione (al di sopra) e fase di contrazione (al di sotto) della soglia.

In modo particolare, le note più stonate sono state quelle di Germania e Austria, che hanno fatto peggio, rispetto agli altri paesi “in modo considerevole”, sebbene l’intensità delle flessioni degli indici si sia lievemente attenuata.

Il Pmi della Germania è stato di nuovo drammatico, pari a 39,1 punti, lontano in modo significativo rispetto a quella soglia dei 50 punti da riagguantare per tornare in fase di espansione.

Cyrus de la Rubia, capo economista di Hamburg Commercial Bank, che sponsorizza il sondaggio di S&P Global, ha commentato tuttavia che gli ultimi numeri “non sono così terribili come potrebbe sembrare a prima vista“, visto che “il trend al ribasso ha iniziato a perdere quota, nel complesso, rispetto ai mesi precedenti”.

Detto questo, De la Rubia non ha potuto nascondere la preoccupazione per le condizioni di salute dell’economia tedesca, che stanno portando le economie dell’area euro a vedere nella Germania il “sick man of Europe”.