Petrolio: Opec+ trova l’accordo, Goldman Sachs bullish sui prezzi. Ma attenti a rischio lockdown da COVID e fattore Iran
Alla fine, e dopo giorni di tensione, l’annuncio dell’Opec + è arrivato: l’alleanza tra paesi Opec e non Opec come la Russia, ha deciso che, i prossimo gennaio, la produzione di petrolio crude aumenterà di 500.000 barili al giorno.
Ciò significa che l’ammontare totale di tagli, all’inizio del 2021, scenderà a 7,2 milioni di barili al giorno, rispetto ai 7,7 milioni di barili al giorno in vigore dallo scorso agosto e ai tagli da 9,7 milioni di barili al giorno che l’alleanza ha deciso lo scorso maggio, nell’ambito di una strategia tesa a risollevare le quotazioni del petrolio.
La reazione dei prezzi del petrolio è positiva, in quanto il gruppo aveva minacciato di riportare sul mercato 1,9 milioni di barili al giorno, nel caso in cui non fosse riuscito ad arrivare a un accordo.
L’alleanza, a questo punto, monitorerà le condizioni di mercato su base mensile, decidendo se sarà il caso di continuare ad aumentare gradualmente l’offerta. In una nota diffusa dopo la decisione, gli analisti di Goldman Sachs hanno scritto che “l’Opec è riuscita a superare l’ostacolo di una via di uscita dai tagli correnti in modo coordinato…fattore che rafforza la nostra convinzione su un rally sostenibile e stable per tutto il 2021″.
Qualche giorno prima del compromesso raggiunto tra i membri dell’alleanza, la divisione di ricerca di Goldman aveva detto di prevedere prezzi del Brent fino a $65 al barile, l’anno prossimo, sulla scia della distribuzione di un vaccino anti-Covid efficace e grazie, anche, a un aumento limitato dell’offerta da parte dell’Opec +.
C’è da dire, tuttavia, che il gigante bancario aveva anche previsto, prima della nota bullish, un calo della domanda globale di petrolio pari a 3 milioni di barili al giorno, sulla scia delle misure di contenimento e di lockdown che diversi paesi al mondo sono tornati a lanciare a causa della seconda ondata della pandemia coronavirus.
Ma accordo Opec+ vale solo per il mese di gennaio
Vale la pena sottolineare che l’accordo raggiunto tra i paesi dell’Opec+ vale solo per il mese di gennaio, visto che i Big del Petrolio non sono riusciti a trovare una intesa sulla politica da adottare per l’intero anno 2021. Gli analisti di ING commentano la notizia della riduzione dei tagli affermando che, dal compromesso, emerge come fattore importante soprattutto la maggiore certezza che il mercato del petrolio verserà in una condizione di deficit nel primo trimestre dell’anno prossimo, grazie al calo continuo delle scorte di crude.
“Di conseguenza, abbiamo lasciato le nostre stime invariate, e ci aspettiamo ancora che il Brent si attesterà in media a $48 al barile nei primi tre mesi del 2021, e al valore sempre medio di $55 al barile nell’intero 2021″, ha scritto l’analista di ING Warren Patterson.
Le quotazioni sia del Brent che del WTI scambiato sul Nymex di New York rimangono in ribasso di più del 25% dall’inizio dell’anno e continuano a scontare le conseguenze nefaste della pandemia del coronavirus, in primis le restrizioni e i lockdown vari imposti da diversi governi per contrastare i nuovi contagi COVID.
Proprio l’outlook sulla domanda, difficile in questo contesto da prevedere, in quanto strettamente dipendente dalla necessità che le misure di contenimento anti-coronavirus vengano potenziate o allentate (determinanti saranno il trend dei contagi nelle prossime settimane e la reale efficacia dei vaccini anti-Covid), rappresenta un rischio sui prezzi, come scrive Patterson, responsabile della strategia sulle materie prime di ING.
Un altro rischio è il fattore Iran. “Se l’offerta dell’Iran inizierà a ritornare nei primi sei mesi dell’anno prossimi, per il mercato sarà una sfida riuscire ad assorbire ulteriori barili, e questo potrebbe mettere sotto pressione i prezzi. Tuttavia, se quest’offerta si presentasse solo verso la fine dell’anno, il mercato si troverebbe in una posizione migliore per assorbire questa quantità, viste le attese di una domanda più forte con il trascorrere dell’anno. Noi riteniamo che l’offerta dell’Iran inizierà a far ritorno sui mercati nella seconda metà del 2021. Infine – conclude Patterson – il rispetto degli accordi è sempre un rischio”.