PBoC: concluse operazioni sul peg dello yuan. Per J.P.Morgan AM non è svalutazione competitiva
Dopo la terza svalutazione dello yuan nel giro di tre giorni, la People Bank of China (PBoC) ha reso noto di aver completato l’operazione di allineamento della valuta domestica con i valori di mercato. I mercati sembrano crederci ma la volatilità sul mercato delle valute è destinata ad aumentare, secondo gli analisti di J.P.Morgan AM, man mano che lo yuan sarà più libero di muoversi secondo le forze del mercato.
Nel complesso lo yuan vale circa il 4,7 per cento in meno rispetto all’inizio della settimana. Nonostante anche dopo il primo ribasso la Banca centrale cinese avesse annunciato di non avere intenzione di effettuare nuovi ritocchi della parità tra yuan e dollaro americano, i mercati finanziari sembrano credere alle parole di Zhang Xiaohui, consigliere del governatore della PBoC.
In Europa tutti i listini si muovono in deciso rialzo dopo il forte calo della vigilia, mentre gli analisti si affannano a spiegare le motivazioni che hanno spinto la Banca centrale cinese ad agire. Non si può negare che la svalutazione dello yuan sia legata alla necessità di rilanciare la competitività dell’export della Repubblica popolare, in grande difficoltà negli ultimi mesi. E di puntellare un’economia che, nella transizione dalle esportazioni ai consumi domestici, si trova ad affrontare qualche vuoto d’aria.
La manovra del cambio a fini di competitività, tuttavia, è una motivazione secondaria. In tal senso si è espresso ieri il Fondo monetario internazionale: “Il nuovo meccanismo di determinazione della parità centrale del renminbi annunciato dalla PBoC è un passo avanti positivo in quanto dovrebbe permettere alle forze del mercato di avere un ruolo maggiore nel determinare il tasso di cambio”.
Una posizione che vede allineati gli analisti di J.P.Morgan asset management. “Man mano che il mercato dei capitali cinese si sviluppa – commenta Tai Hui, chief market strategist Asia – la PBoC ritiene sia arrivato il momento per il mercato di giocare un ruolo maggiore nella determinazione del tasso di cambio, in maniera da riflettere l’equilibrio tra domanda e offerta. Crediamo che non si tratti di svalutazioni competitive della valuta. In primo luogo perché il beneficio che si ha spingendo le esportazioni in un mondo a bassa crescita è minimo per la stabilizzazione dell’economia cinese. In secondo luogo il rischio è di deprimere ulteriormente il sentiment degli investitori onshore (sul listino di Shanghai) dopo la discesa dei mercati negli ultimi due mesi”.
Le implicazioni per i mercati
“Continuiamo a pensare – spiega Tai Hui – che una svalutazione su larga scala dello yuan farebbe più male che bene all’economia e agli investitori esteri. L’azione della PBoC dovrebbe essere vista come un complemento alla liberalizzazione del mercato dei capitali. Considerata la debolezza dell’economia cinese le politiche monetarie e fiscali stanno diventando più accomodanti. Il governo cinese sa che nella seconda parte dell’anno la crescita verrà guidata più dai consumi interni che da fattori esterni. Visto che non è intenzione della Cina svalutare ancora lo yuan anche la pressione sulle altre valute emergenti dell’area dovrebbe scomparire nel breve termine. Tuttavia, con lo yuan sempre più libero di aggiustarsi secondo le forze del mercato, la volatilità sul mercato valutario è destinata ad aumentare nel lungo periodo”.