Notizie Criptovalute Paura variante nu colpisce anche il Bitcoin che paga anche voci bando mining in Ue. Kevin O’Leary: ‘non voglio essere un crypto cowboy’

Paura variante nu colpisce anche il Bitcoin che paga anche voci bando mining in Ue. Kevin O’Leary: ‘non voglio essere un crypto cowboy’

26 Novembre 2021 13:33

Bitcoin e criptovalute sotto pressione, in una sessione dominata a livello globale dallo spettro della nuova variante nu rinvenuta in Sud Africa. La moneta digitale numero uno al mondo perde terreno, tornando a oscillare attorno a quota $55.000, allontandosi progressivamente dal nuovo record assoluto a 68.990 dollari, testato nei primi giorni di novembre.

Nel commentare l’ennesimo dietrofront della criptovaluta dell’ultima settimana Eliézer Ndinga, Head of Research Team di 21SHARES, ha parlato in una nota delle voci sul bando del mining nell’Ue, che “potrebbero aver causato la frenata del Bitcoin”.

Sulle monete digitali si è espresso nelle ultime ore anche il venture capitalist, noto investitore Kevin O’Leary.

In un’ intervista rilasciata alla CNBC,  O’Leary ha detto che sta investendo nel comparto, ma non con leggerezza. Più che essere “un crypto cowboy”, come ha detto lui stesso, l’investitore preferisce consultarsi con le autorità:

“Non ho alcun interesse a investire in un contenzioso contrro la Sec, sarebbe davvero una cattiva idea”, ha detto, riferendosi al caso della fintech Ripple, finita nel mirino dell’Autorità di Borsa.

Presidente di O’Shares ETF, O’Leary ha rimarcato che preferisce adeguarsi a quanto stabiliscono le autorità, in quanto “è lì che si trova il vero capitale”.

A tal proposito, un ennesimo altolà al mondo delle criptovalute è arrivato stamattina dal numero uno di Bankitalia, Ignazio Visco.

“La diffusione non controllata delle cripto-attività presenta per il pubblico forti rischi ed è costante il nostro impegno per contenerli, informando i risparmiatori dei pericoli legati agli investimenti in quelle attività digitali che, per loro natura, hanno un valore instabile e sono altamente esposte a bolle speculative”, ha detto il governatore della Banca d’Italia al Convegno Annuale dell’Associazione europea del diritto.

Criptovalute: pericolo bando mining in Ue? iShares spiega

Tornando al pericolo di un bando del mining in Ue, Eliézer Ndinga, Head of Research Team di 21SHARES, ha fatto notare che, “nell’ultima settimana, il mercato delle criptovalute ha subito una brusca correzione, cedendo circa il 10% del suo valore. Ne è conseguito che anche il rendimento del Bitcoin è crollato, avendo perso il 15% nello stesso arco temporale”.

“Una delle ragioni alla base di questo improvviso downturn – ha continuato l’analista – sembra essere la possibilità di una messa al bando delle attività di mining in tutta l’Unione Europea, portata avanti da alcuni politici svedesi e norvegesi, e se questa posizione dovesse essere condivisa anche da altre nazioni dell’UE, si potrebbero vedere delle spinte al ribasso di breve periodo sull’asset digitale. Al valore attuale, lo ‘Short-Term Holder Cost Basis’ indica che il valore realizzato della criptovaluta è di 53mila dollari (come si evince dal grafico sottostante); questo significa che qualsiasi scostamento del prezzo verso questa soglia potrebbe comportare una perdita per chi è entrato da poco nel mercato, ovvero per la maggioranza di coloro che causano le ondate di vendite”.

Ancora Ndinga:

“I vertici dei servizi finanziari svedesi e i legislatori per la protezione ambientale hanno chiesto il bando del sistema di mining Proof-of-Work in tutta l’Unione Europea, e il governo norvegese, nella persona del ministro Bjørn Arild Gram, ha assunto una posizione simile in merito. Tuttavia, è necessario chiarire che, attualmente, questa messa al bando è solamente una speculazione e sicuramente un provvedimento contrario alle leggi vigenti, che per diventare realtà dovrebbe essere messo in atto dalla Commissione Europea, che assieme al Parlamento Europeo e ad altre istituzioni (7 in totale), deve dare la sua approvazione. Da tenere in considerazione anche il fatto che il mining consuma meno energia di quella necessaria per estrarre e produrre l’oro e il rame; inoltre, l’estrazione delle altre commodity non digitali presenta anche tutta un’altra serie di problematiche, soprattutto nei mercati emergenti, come lo sfruttamento della manodopera e l’impatto negativo sul suolo a causa dell’appropriazione e degli scavi; problemi che il Bitcoin non presenta, in quanto gestito solamente da computer. È bene specificare anche un altro fattore, ovvero che il Bitcoin non può esistere senza il mining, anche se il 90% dell’offerta massima di questa criptovaluta è già stata ‘estratta’. Possiamo affermare che il mining è il cuore pulsante del Bitcoin, ovvero ciò che gli permette di agire come un sistema di pagamento libero dalle censure, ma oltre a questo svolge altre importanti funzioni:

  • Verifica le transazioni
  • Regola le transazioni
  • Garantisce la potenza di calcolo del network fornendo energia elettrica
  • Remunera i miner attraverso l’emissione di nuova ‘liquidità’. Questo ultimo punto serve anche da tramite tra BTC e mercato, in quanto i miner devono vendere i loro Bitcoin in cambio di valuta locale dopo aver approvato 100 blocchi o dopo che sono trascorse 16 ore.

Il responsabile del team di ricerca di 21Shares ha concluso, sottolineando che, “secondo quanto riportato da Euronews Next, la Commissione Europea starebbe incoraggiando il settore affinché si passi dall’utilizzo della Proof-of-Work – molto dispendiosa a livello energetico – alla più sostenibile Proof-of-Stake e a modelli di consenso ibridi. Tuttavia, è improbabile che il Bitcoin riesca a passare a questo secondo meccanismo in tempi brevi, a differenza di quanto fatto da Ethereum. La crescente preoccupazione per le questioni ambientali ha fatto in modo che si sviluppasse un’opinione pubblica più favorevole verso quei network più ecosostenibili, basati sulla Proof-of-Stake, come Avalanche e Solana e, nonostante altri rischi connessi a queste criptovalute embrionali, questo trend sembrerebbe destinato a protrarsi nel tempo”.

Bitcoin paga la correlazione con l’azionario? Tonfo WS con variante nu

Nelle ultime sedute non è mancato chi ha fatto notare la crescente correlazione che esiste tra il Bitcoin e gli asset più rischiosi, come l’azionario. A confermarlo è stato un articolo di Bloomberg, che ha fatto riferimento, in particolre, al coefficiente a 100 giorni della correlazione tra il Bitcoin e l’indice S&P 500, che dimostrerebbe l’assunto. C’è chi come Cam Harvey, professore della Duke University e socio di Research Affiliates, ha detto chiaro e tondo di ritenere che la criptovaluta si comporti anche fin troppo come un asset speculativo e che sia destinato a soffrire crash periodici. Non dovrebbe dunque stupire la giornata di oggi, visto il sell off che si è abbattuto sul rischio fin dalle prime ore del mattino contro gli asset considerati più rischiosi, azioni in primis, a causa della notizia relativa alla variante nu rinvenuta in Sud Africa. Si parla praticamente di un ‘Black Black Friday”, facendo riferimento al trend negativo (black) della giornata di oggi, che è la giornata di forti sconti in tutto il mondo per i consumatori (nata in America come data da cui parte ufficialmente la stagione dello shopping natalizio, è il cosiddetto Black Friday, ergo il giorno immediatamente successivo al Thanksgiving). E per l’asset di rischio lo spettro non è rappresentato ora ‘solo’ dall’escalation dei casi di Covid in Europa e dall’arrivo della variante nu. Il sito Coindesk riporta la nota ai clienti firmata dagli economisti di Goldman Sachs che fanno capo a Jan Hatzius, secondo cui la Federal Reserve di Jerome Powell potrebbe accelerare, a partire dal prossimo anno, il processo di tapering con cui sta riducendo gli acquisti di bond lanciati nell’anno del Covid-19 per un valore di $120 al mese. Già da gennaio, secondo Hatzius & Co, il taglio degli acquisti di asset dovrebbe passare dalla riduzione attuale di $15 miliardi al mese a $30 miliardi. Non solo: Goldman Sachs prevede un primo aumento dei tassi sui fed funds nel giugno dell’anno prossimo, seguito da altri due nel 2022 e da ancora altre due strette nel 2023. Una notizia pessima per l’azionario, fino a oggi tenuto a galla – per alcuni dopato – proprio dalla maxi liquidità iniettata nei mercati dalla banca centrale.