Oro: nuovo record grazie a Fed, Cina e tensioni geopolitiche
L’oro ha aggiornato nuovamente il massimo storico nella seduta odierna, raggiungendo un picco di 2.185 dollari l’oncia. Tra i fattori che continuano a sostenere il metallo prezioso: l’aspettativa di tagli dei tassi di interesse, gli acquisti delle banche centrali e le incertezze geopolitiche. Il tutto, nonostante uno scenario di propensione al rischio, sintomo che probabilmente l’oro non aveva ancora scontato a pieno lo scenario attuale.
Oro verso la migliore settimana da ottobre
Oggi l’oro ha stabilito un nuovo record, ritoccando ulteriormente i massimi raggiunti nelle scorse sedute. I prezzi del metallo giallo sono sulla buona strada per registrare il maggior guadagno settimanale da ottobre, con un rialzo che superiore al 4% nell’ultima ottava.
Da dicembre in poi, le quotazioni dell’oro si sono mantenute quasi sempre al di sopra della soglia psicologica di 2.000 dollari l’oncia. A sostenere i prezzi ha contribuito in parte il contesto di tensioni geopolitiche che alimenta la domanda di beni rifugio, alla luce dei conflitti in corso in Ucraina e nel Medio Oriente.
Fed intravede i primi tagli dei tassi
In settimana, nel corso della doppia testimonianza davanti al Congresso statunitense, il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha ribadito che sarà opportuno iniziare a ridurre i costi di finanziamento “a un certo punto di quest’anno”.
Tuttavia, ha anche precisato che per tagliare i tassi sarà necessaria una maggior fiducia nel fatto che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile verso il target del 2% fissato dal Fomc, pur segnalando che “la banca centrale si sta avvicinando” a quel momento.
Le variazioni nelle prospettive sui Fed Funds rates rimangono un fattore cruciale per l’oro, che non offre un rendimento e tende a performare meglio in un contesto di tassi più bassi. Secondo gli esperti in commodities di ING, il primo taglio della banca centrale americana è previsto per giugno, in linea con le attuali aspettative del mercato.
“Ci aspettiamo che i prezzi dell’oro rimangano volatili nei prossimi mesi poiché il mercato reagisce ai fattori macro, seguendo gli eventi geopolitici e la politica dei tassi della Fed”, afferma ING.
La banca centrale cinese continua a comprare oro
Un altro fattore chiave per i prezzi dell’oro è la domanda da parte delle banche centrali, che lo acquistano per rimpolpare le proprie riserve auree ufficiali. Questo consente di aumentare l’allocazione verso asset sicuri e diversificare, in un contesto di preoccupazioni geopolitiche.
A febbraio, in particolare, la Banca Popolare cinese ha aggiunto oro alle proprie riserve per il sedicesimo mese consecutivo. Una tendenza che, secondo ING, “continuerà probabilmente anche quest’anno”. Nel dettaglio, l’istituto ha acquistato circa 390.000 once troy nell’ultimo mese, raggiungendo un totale di 72,58 milioni di once troy, equivalenti a circa 2.257 tonnellate. Nel 2023, le banche centrali hanno comprato 1.037 tonnellate di oro, poco meno del massimo storico toccato nel 2022, come mostrano i dati del World Gold Council.
Da sottolineare anche la forte richiesta dal mercato interno cinese, alla luce dei problemi economici del Paese. Le esportazioni svizzere verso la Cina, ritenute un buon indicatore della domanda cinese, sono più che raddoppiate a gennaio da dicembre (a 77,8 tonnellate), mentre le consegne a Hong Kong sono cresciute di quasi sette volte a 44,6 tonnellate, secondo i dati dell’Amministrazione federale svizzera.
Ancora deflussi da ETF sull’oro
In generale, la domanda di investimenti in oro deve ancora riprendersi. Le partecipazioni negli ETF garantiti da lingotti continuano infatti a diminuire, raggiungendo il livello più basso da dicembre 2019 dopo i deflussi netti dell’ultimo mese, che estendono la serie negativa a nove mesi consecutivi.
Ad appesantire il saldo è il Nord America, mentre l’Asia è stata l’unica regione ad aver registrato afflussi netti, come emerge dai dati del World Gold Council.
Per contro, stanno crescendo le posizioni long dei gestori, che riflettono il sentiment rialzista del mercato e il rinnovato interesse per il metallo prezioso.
Le stime di ING sui prezzi nel 2024
ING prevede che “i prezzi dell’oro aumentino quest’anno, poiché la domanda di beni rifugio continua a fornire supporto in un contesto di incertezza geopolitica con le guerre in corso e le imminenti elezioni statunitensi”.
Di conseguenza, la banca ha rivisto al rialzo le previsioni sull’oro per il 2024, stimando che nel quarto trimestre i prezzi raggiungano una media di 2.150 dollari l’oncia.
Nell’intero 2024, la proiezione media è di 2.084 dollari l’oncia, “presupponendo che la Fed inizi a tagliare i tassi a giugno e il dollaro si indebolisca”.
I rischi al ribasso, conclude ING, “ruotano attorno alla politica monetaria statunitense e alla forza del dollaro”. Un mantenimento dei tassi su livelli elevati più a lungo potrebbe sostenere un dollaro forte per un periodo più esteso, frenando l’oro.