Notizie Asset Class Commodity Oro inarrestabile verso 3.500$: nuovi record con Trump che attacca Powell

Oro inarrestabile verso 3.500$: nuovi record con Trump che attacca Powell

22 Aprile 2025 15:40

Trump continua la sua battaglia contro Jerome Powell, mettendo ulteriore pressione sui mercati e spingendo così gli investitori verso i beni rifugio. E così l’oro ha marciato oggi verso 3.440 dollari l’oncia, toccando nuovi record storici. Nella giornata di ieri, il prezzo spot dell’oro è salito di oltre il 2,9%, e la tendenza positiva è proseguita anche nelle prime ore di contrattazione odierna. “L’oro spot è aumentato di oltre il 30% dall’inizio dell’anno, rendendolo la materia prima con le migliori performance”, afferma Warren Patterson di Ing.

Perché tutti stanno comprando oro

Tradizionalmente considerato un bene rifugio, il prezzo dell’oro è aumentato di quasi un terzo dall’inizio dell’anno, dopo che dazi e conflitti internazionali hanno portato enorme incertezza sui mercati.

“L’oro ha registrato una tendenza al rialzo ben prima dell’insediamento del Presidente Trump – spiega Charlotte Peuron, Fund manager specializzata in metalli preziosi di Crédit Mutuel Asset Management – Le banche centrali, infatti, sono acquirenti netti da quindici anni consecutivi e, negli ultimi tre anni, gli acquisti netti hanno superato le 1.000 tonnellate annue. Le banche centrali dei mercati emergenti hanno contribuito in modo significativo a questa dinamica con i loro sforzi di ridurre il peso del dollaro nei loro portafogli. Oggi, la politica dei dazi di Trump e i rischi politici ed economici che ne derivano (recessione, inflazione e rischi sistemici) hanno ulteriormente accelerato la tendenza“.

Con il persistere dell’incertezza politica e delle preoccupazioni sulla politica monetaria, è probabile che il prezzo dell’oro sfondi nuovi record. Secondo gli analisti, la prossima soglia psicologica è di 3.600 dollari l’oncia. “Tecnicamente non vi sono segnali di arrivo, tantomeno di inversione, per cui, almeno per ora, ogni ribasso appare come una nuova opportunità di acquisto”, spiega Saverio Berlinzani, Chief Analyst di ActivTrades.

Il post di Trump su Powell che ha fatto crollare Wall Street

L’ultimo rally dell’oro è stato innescato dall’attacco del presidente Donald Trump al presidente della Federal Reserve Jerome Powell. “Con prezzi che tendono così gradevolmente al ribasso, proprio come avevo previsto, non ci sarà quasi inflazione – ha sentenziato Trump su Truth – ma ci sarà un rallentamento dell’economia a meno che Mr. Too Late, uno dei più grandi perdenti, non abbassi i tassi di interesse, ora”.

Il consigliere economico della Casa Bianca, Kevin Hassett, ha dichiarato venerdì che l’amministrazione Trump sta continuando a valutare la possibilità di licenziare il presidente della Fed Jerome Powell, una mossa che “avrebbe pesanti conseguenze per l’indipendenza della banca centrale e per i mercati globali”, avverte ancora Berlinzani.

Dollaro sempre più in calo: esistono ancora le valute rifugio?

Tutto questo mentre il dollaro sta diventando invece sempre meno bene rifugio; il biglietto verde è sceso al minimo degli ultimi tre anni, poiché la fiducia degli investitori nell’economia statunitense ha subito un ulteriore colpo a causa dei piani di Trump di dare una scossa alla Federal Reserve.

“Il peso internazionale del dollaro, la valuta dominante a livello globale, è in discesa da tempo – spiega Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS WM in Italia – la quota di dollari nelle riserve internazionali è diminuita dal 72% di inizio secolo a meno del 60% e da oltre tre anni le banche centrali, soprattutto quelle dei Paesi Brics, comprano oro in quantità ingente per diversificare rispetto al biglietto verde”.

Ma non è solo il dollaro a non passare un buon momento: anche lo yen ha perso parte del suo tradizionale fascino come bene rifugio. La Banca del Giappone (BoJ) ha mantenuto bassi i tassi di interesse e ha conservato il controllo sulla curva dei rendimenti, mentre altre banche centrali hanno aumentato i tassi. “Ciò ha ampliato gli spread tra i tassi di interesse e indebolito l’attrattiva dello yen, anche durante i periodi di incertezza globale e di crescente avversione al rischio”, afferma Gianni Piazzoli, Cio di Vontobel Wealth Management Sim. Il contesto sta però mutando; in Giappone i timori legati alla deflazione si stanno attenuando e i salari stanno mostrando segnali di accelerazione e questo spinge lo yen ad una lenta risalita.

Il franco svizzero, al contrario, continua a essere fermamente percepito come un bene rifugio. “Il basso debito pubblico, la stabilità politica, la solidità delle istituzioni e la resilienza economica continuano ad attrarre afflussi di capitali. Inoltre, tradizionalmente le autorità svizzere hanno mantenuto l’inflazione al di sotto di quella dei loro principali partner commerciali, il che ha portato an incremento del potere d’acquisto e a una pressione di apprezzamento sostenuta nel tempo”, conclude Piazzoli.