Negoziato Grecia, Goldman Sachs: elezioni o default per risolvere lo stallo
Discussioni, trattative, incontri, voci di accordo, rapide smentite. La ‘tragedia greca’ propone un nuovo atto non dissimile dai precedenti. Eppure stavolta qualcosa di diverso accade. Lo stallo nei negoziati tra creditori e Grecia appare più difficile da superare. Forse perché lo spazio per rimandare il problema sta terminando, così come in via di esaurimento sono le risorse del governo greco. Il quale, arrivato sull’orlo del burrone, può scegliere se cedere alle richieste di Banca centrale europea, Unione europea e Fondo monetario internazionale o fare un passo indietro.
Per Huw Pill, capo economista per l’Europa di Goldman Sachs, il passo indietro corrisponde alla caduta dell’esecutivo Tsipras e a nuove elezioni o a un referendum sulla permanenza nell’euro. In altre parole qualcosa che permetta di modificare la piattaforma elettorale che ha permesso a Syriza di vincere le elezioni: permanenza nell’euro ma senza l’austerità, gli aggiustamenti, le riforme e i controlli legati al programma della ex-Troika.
Ossia proprio senza quegli elementi sui quali le controparti non sono disposte a cedere. Tre i principi irrinunciabili dei creditori:
–La permanenza nella moneta unica richiede ulteriori aggiustamenti da parte della Grecia;
–Nel momento in cui questi aggiustamenti comportano supporto finanziario, quest’ultimo verrà fornito solo al rispetto di determinate condizioni;
–Per verificare il rispetto di queste condizioni è richiesta una supervisione esterna dell’economia greca.
“Se anche ci fosse disponibilità – spiega il capo economista di Goldman Sachs – a negoziare con Atene su alcune dimensioni come la velocità dell’aggiustamento fiscale necessario, questi tre principi non sono in discussione. Una deviazione da questi fondamenti non significherebbe solo una rivoluzione del processo in corso ma favorirebbe il rischio di azzardo morale, non solo in Grecia. Inoltre sarebbe politicamente inaccettabile nei paesi dell’Eurozona che hanno fatto sacrifici nel recente passato. E un terzo programma di salvataggio richiede unanimità all’interno dei membri della moneta unica”.
Per risolvere lo stallo, il passo indietro del governo Tsipras o il referendum sono pertanto una soluzione. In alternativa le parti potrebbero scegliere di non arrivare a una soluzione definitiva il che, secondo Pill, porterebbe inevitabilmente al default tecnico della Grecia anche se non all’uscita immediata dall’Eurozona: “Il default di uno stato sovrano è un processo politico con regole e procedure che allungano i tempi e conferiscono un ampio grado di discrezionalità e flessibilità. Inoltre anche l’uscita dalla moneta unica è una decisione politica. Il governo greco potrebbe decidere unilateralmente di abbandonare l’euro ma non ha il mandato per farlo. Se dovesse annunciare un’uscita dall’Eurozona probabilmente l’esecutivo Tsipras cadrebbe. E anche in questo caso le procedure e trattative della Grexit sarebbero lunghe”.