Mercati di frontiera: chi sono e cosa hanno in più rispetto agli emergenti
La nuova sfida per gli investitori si chiama mercati di frontiera. Nuove aree geografiche, confinate fino a pochi anni fa alla periferia dei mercati globali e accessibili solo a operatori specializzati locali, ma che col tempo hanno assunto maggior rilievo e importanza nel panorama finanziario mondiale. Tra i mercati di frontiera sono infatti presenti alcune delle più fiorenti economie del pianeta con una crescita da far invidia ai mercati emergenti tradizionalmente conosciuti.
Chi sono?
Si tratta di paesi con livelli di crescita economica elevata, grazie alla presenza di popolazione giovane e numerosa e in rapida crescita. L’insieme dei mercati di frontiera include Vietnam, Bangladesh e Pakistan in Asia; Kuwait, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Oman ed Egitto in Medio Oriente; Romania, Slovenia, Kazakhstan e Georgia in Europa; Nigeria, Kenya e Marocco in Africa; Perù, Colombia e Argentina in America Latina.
Mercati di frontiera in rapido sviluppo
“La crescita attesa per i mercati di frontiera – osserva Emre Akcakmak, Portfolio Advisor di East Capital – è del 4,5% in media per i prossimi 5 anni, mentre per i mercati emergenti ci si ferma al 3-4% (o anche meno se si escludono Cina e India) e nei mercati sviluppati non si va oltre l’1,5-2%. Insomma, quello della crescita non è certo un problema: non si tratta di una storia ciclica, ma piuttosto di tendenze convergenti. Vietnam, Bangladesh e Kenya crescono del 6-7%, Egitto e Romania del 5%. In alcuni paesi la crescita è più contenuta, come nel caso di Nigeria e Arabia Saudita in cui il dato si attesta al 2% circa, ma in prospettiva ci aspettiamo un miglioramento dato che attualmente si stanno riprendendo dal precedente shock causato dal prezzo del petrolio”.
Popolazione giovane e in crescita
Lo sviluppo economico di queste nuove aree è determinato sostanzialmente dalla rapida crescita del reddito disponibile della popolazione. E notoriamente la crescita economica tende ad accelerare al superamento di certe soglie di reddito pro capite, come i 1.000 e i 2.000 dollari pro capite. Paesi come Vietnam, Bangladesh e Pakistan hanno superato tale limite nell’ultimo decennio, ed quindi è lecito aspettarsi che seguiranno il sentiero tracciato dai paesi emergenti anni fa i quali sembrano aver esaurito la spinta rialzista. Alcuni Paesi al momento potrebbero destare qualche preoccupazione, come ad esempio Argentina, Arabia Saudita o Pakistan, ma nel lungo periodo dovrebbero dare buoni risultati.
L’attrazione dei capitali verso nuove aree
Conseguentemente sta aumentando l’attrazione dei capitali nei mercati di frontiera a prescindere dal contesto globale che vede Wall Street vicina ai massimi storici. Abu Dhabi ha emesso 10 miliardi dollari di obbligazioni quest’anno, ma molti altri Stati non si sono certo tirati indietro e altri si sono affacciati per la prima volta con successo sul mercato dei capitali . Il rischio appare nel complesso minore rispetto ai mercati emergenti, così come la volatilità. “L’universo di frontiera – dice Akcakmak – è un calderone in cui troviamo mercati così diversi tra loro e con caratteristiche così peculiari che l’asset class nel suo complesso è molto meno volatile di quanto ci si aspetterebbe. Infatti, nell’ultimo decennio ha registrato una volatilità inferiore rispetto a quella dei paesi emergenti in ogni singolo anno e nell’80% dei casi rispetto a quelli sviluppati”.
Bassa correlazione coi mercati emergenti e sviluppati
Un altro vantaggio dei mercati di frontiera rispetto agli emergenti e agli stati più sviluppati è la bassa correlazione economica fra loro e il resto del mondo. Questo perché – precisa Akcakmak – “sono molto diversificati geograficamente e hanno legami economici molto limitati tra loro, dato che sono mercati trainati dalla crescita interna. Mentre i mercati sviluppati (USA, UE, Giappone) e quelli emergenti (l’Asia, con mercati come Cina, India e Corea rappresenta il 70% dell’indice EM di riferimento) sono altamente concentrati, i mercati di frontiera sono sparsi in tutto il mondo: Vietnam, Bangladesh, Romania, Kuwait, Nigeria non hanno nulla a che fare tra di loro, hanno un’integrazione minima all’interno dei mercati globali e pochissime relazioni commerciali gli uni con gli altri. Inoltre, sono assolutamente sotto investiti, se pensiamo che l’universo dei mercati di frontiera raccoglie solo 15 miliardi di investimenti contro i 1.500 miliardi degli emergenti”.