JP Morgan blinda il reopening trade con scommesse long su banche. Ecco quando sarà ora di vendere titoli ciclici
Il rialzo dei tassi dei Treasuries Usa non è ancora finito, motivo per cui sarebbe prematuro iniziare a vendere i titoli ciclici per tornare a puntare sui titoli difensivi, in particolare healthcare e tecnologici. E’ quanto hanno consigliato in una nota ai clienti gli strategist di JP Morgan, guidati da Mislav Matejka.
Per quanto le valutazioni dei titoli ciclici – che di norma si allineano al trend dell’economia, e che tendono dunque a diventare appetibili in attesa di una ripresa o accelerazione dell’economia – siano piuttosto elevate (‘toppy’ in lingua originale), Matejka & Co ritengono che sia troppo presto remare contro di essi. Per capire quando i ciclici avranno raggiunto il picco, “sarà necessario valutare quando, a toccare i valori massimi, saranno anche gli indici PMI, e quando si verificheranno altri due fenomeni: la fine del rialzo dei rendimenti dei bond e l’indebolimento degli utili.
Nessuno di questi tre fattori si è ancora presentato, hanno fatto notare gli strategist di JP Morgan, stando a quanto riporta un articolo di Marketwatch, anzi il momentum degli utili, per i ciclici, sembra destinato a “continuare ad accelerare nel corso dei prossimi trimestri”.
Riguardo al trend dei dati Pmi, gli esperti spiegano che la natura non sincronizzata del ciclo globale – con la Cina che sta probabilmente testando il massimo (della crescita), gli Stati Uniti che ci si stanno avvicinando ai massimi e l’Europa che dovrebbe segnare una ripresa nel corso dell’estate – porta a pensare che il picco degli indici non sia neanche imminente.
In generale, spiegano dai piani alti di JP Morgan, il fattore chiave per i ciclici rimane la direzione dei tassi dei bond con il rialzo che, secondo gli strategist, non è ancora terminato. Le fiammate dei titoli ciclici/value, insomma, non sarebbero finite.
“Sì, nel breve termine le autorità (di politica monetaria) continueranno a fare in modo che (i rendimenti) scendano – hanno detto gli analisti – ma alla fine è probabile che le stesse accettino rendimenti più elevati, in un contesto di economia più forte”. Questo significa che, “fino a quando i rendimenti saliranno, i titoli ciclici non dovranno essere venduti”.
JP Morgan punta insomma ancora sul reopening trade (il trading che punta sui buy sui titoli di quelle società che beneficeranno in misura maggiore rispetto alle altre dalla fine delle misure di restrizione-lockdown imposte per arginare i contagi da Covid), focalizzandosi in particolare sulle posizioni long sulle banche. I titoli value, insomma, secondo gli strategist del colosso bancario Usa, risultano ancora molto appetibili.
A tal proposito, c’è da dire che a Wall Street il sentiment rimane complessivamente positivo sui titoli ciclici e value, mentre oscilla sui titoli growth come quelli delle Big Tech, più sensibili ai rialzi dei tassi sui Treasuries (sia per le valutazioni che hanno testato grazie al boom degli acquisti nel 2020, sia perchè si tratta di società che hanno beneficiato in modo particolare del basso livello dei tassi di interesse). E’ vero anche che ultimamente il Nasdaq se l’é cavata abbastanza bene.
A che punto siamo con l’inflazione? (e relativa paura)? Il commento di DJE Capital
Riguardo alla direzione dell’inflazione, di cui si parla molto soprattutto sulla scia del forte balzo dei tassi dei Treasuries Usa, nelle ultime ore un commento è stato rilasciato da Dr. Ulrich Kaffarnik, esponente del cda e strategist del mercato dei capitali di DJE Kapital.
“Al momento sembra che l’economia si stia riprendendo con un certo vigore. La domanda repressa dei consumi è alta, i tassi di risparmio sono molto aumentati a causa delle misure anticrisi varate dai governi, delle indennità a breve termine in Europa e degli assegni ai dipendenti negli Stati Uniti. Al suo picco, il tasso di risparmio negli Stati Uniti ha superato il 30%, facendo segnare un primato storico. Anche in Germania questo indicatore ha superato il 20%. È probabile che la domanda repressa si aggiunga ai fattori che traineranno l’aumento dei prezzi dopo la fine dei lockdown. Le banche centrali dovranno allora chiedersi se l’aumento dell’inflazione sarà permanente o temporaneo. Tuttavia, è improbabile che si discuta a breve dell’aumento dei tassi d’interesse, poiché nell’autunno 2020 la FED ha già annunciato di essere pronta ad ammettere un tasso d’inflazione superiore al 2% per un certo periodo di tempo se in precedenza fosse stato al di sotto di questa soglia per un certo periodo, guadagnando così tempo. Tuttavia non vi è dubbio che più a lungo dura l’aumento dell’inflazione, più forte si farà la pressione sulle banche centrali. Per i mercati azionari, questo significherebbe un certo ritiro di liquidità, il che non sarebbe auspicabile. Prima che si possa pensare a un aumento dei tassi d’interesse, FED e BCE dovrebbero cambiare la propria comunicazione”.
Sui pro e i contro dei tassi di interesse alti, l’esperto ricorda che, “più bassi sono i tassi d’interesse, più basse sono le spese delle aziende per gli interessi – se si guardano le cose separatamente, questo dato ha innanzitutto un effetto positivo sui profitti. Tassi d’interesse bassi o in calo sono positivi anche per i mercati finanziari, perché più bassi sono i tassi d’interesse, più alti sono le valutazioni per le azioni. D’altra parte, un aumento dei tassi è salutare, poiché si tratta di un segno della ripresa dell’economia e che le aziende hanno spazio per imporre ai clienti prezzi più alti. Inoltre, storicamente, i prezzi delle azioni performano molto meglio nelle fasi di aumento dei tassi che nelle fasi di forte calo”. Ma da un punto di vista operativo, “prendendo a esempio i titoli di Stato americani a 10 anni, con un rendimento di forse 2% gli investitori possono iniziare a pensare di ridurre il peso delle azioni e tornare al reddito fisso. Attualmente, però, il rendimento dei Treasuries si attesta appena intorno all’1,4%.
Aumento dei tassi di interesse: qual è la soglia limite da tenere presente
Prima di averne un effetto negativo per l’economia, i tassi di interesse potrebbero aumentare di 100 punti base rispetto ai livelli attuali. Il modo invece in cui questo aumento influenza i mercati azionari è un punto più critico, con un impatto sulle valutazioni dei titoli che generano dividendi, soprattutto se i tassi d’interesse salgono rapidamente: ciò colpisce le valutazioni delle azioni a dividendo. In questo caso, tuttavia, il movimento è verso il basso..