Italia: occupazione tra le più basse d’Europa, peggio solo la Grecia e la Croazia
Sebbene gli ultimi dati presentati dall’Istat (leggi QUI i dati sulla disoccupazione) dicono che le cose stanno migliorando nel mercato del lavoro, l’Italia continua a registrare dei ritardi occupazionali molto preoccupanti con un tasso di occupazione pari al 56,3 per cento. Tra i 28 paesi dell’Unione europea, solo la Croazia (55,8 per cento) e la Grecia (50,8 per cento) presentano un tasso di occupazione più basso. E nelle regioni del Mezzogiorno, la situazione è peggiore, con un tasso di occupazione inferiore addirittura a quello greco. E’ la fotografia scatta dalla CGIA di Mestre, in occasione della festività del primo maggio.
“Quando analizziamo i dati riferiti al mercato del lavoro – esordisce il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – l’attenzione è quasi sempre rivolta all’andamento del tasso di disoccupazione. In realtà il tasso di occupazione è più importante, perché lega questo indice a doppio filo con il livello di produzione di ricchezza di un’area. In altre parole, tra il numero di occupati e la ricchezza prodotta in un determinato territorio c’è un rapporto diretto. Al crescere dell’uno, aumenta anche l’altra”.
Forte il gap con Germania e Regno Unito. Situazione peggiora per donne e giovani
Al netto di disoccupati, scoraggiati e inattivi emerge che in Italia la platea degli
occupati registra un gap di 9,3 punti con l’Unione europea. In particolare spicca il gap di 17,7 punti percentuali con la Germania e di 16,4 punti con il Regno Unito. Vanno peggio le cose guardando il tasso di occupazione femminile (pari in Italia al 47,2 per cento) e giovanile. Qui lo scarto con la media Ue è di 13,2 punti per quanto riguarda le donne, mentre quello giovanile è di 17,5 punti percentuali.
occupati registra un gap di 9,3 punti con l’Unione europea. In particolare spicca il gap di 17,7 punti percentuali con la Germania e di 16,4 punti con il Regno Unito. Vanno peggio le cose guardando il tasso di occupazione femminile (pari in Italia al 47,2 per cento) e giovanile. Qui lo scarto con la media Ue è di 13,2 punti per quanto riguarda le donne, mentre quello giovanile è di 17,5 punti percentuali.
A livello territoriale è il Mezzogiorno a presentare le maggiori difficoltà. Quasi tutte le regioni registrano un tasso di occupazione inferiore addirittura a quello greco: la Sardegna, ad esempio, presenta 0,7 punti percentuali in meno rispetto al dato medio di Atene, il Molise 1,4, la Basilicata 1,6, la Puglia 7,5, la Sicilia 10,8, la Campania 11,2 e la Calabria 11,9.
Dalla crisi persi 625.600 posti di lavoro
In termini assoluti la base occupazionale in Italia è composta da quasi 22 milioni e mezzo di persone. Dall’inizio della crisi (2008) al 2015 si sono persi 625.600 posti di lavoro, anche se tra il 2014 e il 2015 sono stati recuperati circa 186.000. Calabria (- 11,9 per cento), Molise (-9,7 per cento), Sicilia (-8,5 per cento) e Puglia (-8,4 per cento) sono le regioni dove la contrazione in termini percentuali del numero degli occupati è stata la più preoccupante in questi otto anni.
Se gli occupati sono tornati a crescere e sfiorano i 22,5 milioni di unità, in Italia i disoccupati sono circa 3 milioni, gli inattivi 14 milioni e le unità di lavoro standard in nero (ovvero i lavoratori non dichiarati) sono poco più di 3,1 milioni di unità. Quest’ultima categoria è composta da dopolavoristi, da pensionati, da disoccupati, da cassaintegrati e da una buona parte di persone che non ha un posto di lavoro e ha deciso di non cercare più un’occupazione regolare. Il tasso di irregolarità è molto diffuso nel Mezzogiorno. La situazione più grave si presenta in Calabria (22,9 per cento), in Campania (21,4 per cento) e in Sicilia (20 per cento), mentre la media nazionale si attesta al 12,8 per cento.