Notizie Notizie Italia Italia in ‘perma-recessione’: rischio crisi finanziaria da 2 trilioni euro. Dai BTP prova del nove della minaccia

Italia in ‘perma-recessione’: rischio crisi finanziaria da 2 trilioni euro. Dai BTP prova del nove della minaccia

23 Aprile 2019 10:08

****Italy has entered a “perma-recession” and there is no obvious way out, analysts told Business Insider: ovvero, “l’Italia è entrata in una perma-recessione, e non c’è un modo evidente di uscirne”. E’ quanto alcuni analisti hanno riferito a Business Insider. Tutto questo, mentre la calma che si respira sul mercato dei titoli di stato italiani è solo apparente. Vale la pena segnalare, infatti, un articolo pubblicato dal Sole24 Ore, che sottolinea come “tutti i titoli di Stato dei Paesi un tempo chiamati con l’acronimo Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna)” abbiano “registrato un calo dei rendimenti nell’ultimo anno. Tutti tranne uno: l’Italia“.

Tornando all’alert perma-recessione l’articolo di Business Insider scritto dalla penna di Jim Edwards non lascia presagire nulla di buono. Le parole che vengono usate sono piuttosto forti e descrivono uno scenario la cui gravità, per ora, non sfiora neanche il governo M5S-Lega.

“Gli economisti di Milano e Londra si stanno chiedendo se il debito pubblico dell’Italia sia così alto da provocare un collasso del paese in una crisi finanziaria simile a quella che ha colpito la Grecia“.

In generale, gli analisti avvertono che esiste il rischio crescente di una crisi finanziaria sistemica stimata in ben 2 trilioni di euro che si dipani proprio dall’Italia e che minacci l’intera Eurozona.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il timore degli analisti è evidente. Intanto, “l’Italia è molto più grande della Grecia, oltre a essere una delle tre principali economie (insieme a Germania e Francia) che sostengono l’Eurozona”; inoltre, stavolta una eventuale crisi  potrebbe essere “più difficile da contenere” rispetto alle altre, crisi dei debiti sovrani inclusa.

Lo scenario delineato, spiega Business Insider, mette in evidenza anche “una contraddizione irrisolvibile”, tutta europea:

Una volta che un paese accumula troppo debito, l’austerity dell’Unione europea, che limita le spese del governo, finisce per frenare la sua stessa crescita economica”. Allo stesso tempo, le regole della Bce rendono impossibile per un paese uscire dall’euro senza finire vittima di “quella stessa crisi finanziaria che intende evitare”.

La stessa architettura europea, insomma, secondo l’autore dell’articolo, bloccherebbe nel caso specifico l’Italia.

“L’Italia è scivolata in recessione e nulla lascia pensare che la sua economia si riprenderà presto. (..) Le regole di responsabilità fiscale dell’Unione europea impediscono all’Italia di aumentare il deficit pubblico oltre la soglia del 2,04% del Pil (target fissato dalla legge di bilancio varata alla fine dello scorso anno), sebbene proprio ora una maggiore spesa pubblica potrebbe forse sostenere la sua economia”, scrive Edwards.

Certo, non ci sono solo ostacoli esterni. L’Italia fa i conti anche con “fattori culturali e storici – corruzione e mercato del lavoro rigido, per citarne due – che frenano la crescita della sua produttività, stando a quanto spiegano gli analisti”.

Tanto che per l’appunto, “potrebbe rimanere invischiata in uno stato di perma-recessione“, come afferma Jack Allen, analista di Capital Economics.

Crescita italiana in stile encefalogramma piatto? La risposta è sì, almeno nel “medio termine”, secondo l’analista. Sempre Allen fa notare che il debito italiano, che ammonta al momento a circa 2 trilioni di euro, continua a salire, tanto che il rapporto debito-Pil ha testato il 130%, al record dalla Seconda Guerra Mondiale.

E il trend continuerà a essere in ascesa, “fino a confermarsi insostenibile”, creando un “problema più grande rispetto a quello nato con la crisi precedente dell’Eurozona, che tornerebbe a mettere a rischio lo stesso euro“.

John Higgings e Adam Hoyes, entrambi economisti colleghi di Allen presso Capital Economics, sono d’accordo:

“Il Fondo Monetario Internazionale ha espresso chiari timori sul livello elevato del debito del paese e sul rischio che venga scatenata un’altra crisi dei debiti sovrani in Eurozona. E’ vero che il debito pubblico della Grecia, in quanto percentuale del Pil, è più alto rispetto a quello dell’Italia. Tuttavia, diversamente dall’Italia, il debito-Pil greco sta scendendo ed è stato anche ristrutturato, beneficiando di condizioni decisamente più favorevoli rispetto a quelle italiane. In più, il debito italiano è molto più alto in termini assoluti e rappresenta un rischio sistemico molto più grande per l’Eurozona nel suo complesso”, hanno scritto entrambi gli economisti in un’analisi diffusa di recente.

Italia in perma-recessione? Ora si riparla anche di rischio default

A dare l’alert è anche Nicola Nobile, analista presso Oxford Economics:

“E’ molto probabile che il governo non riuscirà a rispettare i target concordati con la Commissione europea lo scorso anno (2% di deficit del Pil per il 2019 e 1,8% per il 2020)”, con inevitabili ripercussioni negative sul sistema bancario del paese. Il riferimento è al doom loop, ormai famoso abbraccio mortale tra le banche italiane e i BTP di cui sono infolgati i loro bilanci.

Se, scrive Business Insider, gli investitori arriveranno a credere che sia le banche che il governo non saranno in grado di sostenere quel debito, la prospettiva di un default dell’Italia diventerà un serio rischio”.

Così Nobile di Oxford Economics:

Questo cattivo equilibrio è molto fragile“, visto che da un lato c’è il rischio che il governo M5S-Lega “non sopravviva durante i cinque anni del suo mandato” e dall’altro esiste il rischio di una crisi finanziaria, che potrebbe presentarsi “nel caso in cui la fiducia dei mercati nell’Italia si deteriorasse velocemente“.

Tra l’altro, “una crisi finanziaria che affossasse l’attuale governo potrebbe portare a un nuovo esecutivo che, a quel punto, darebbe il via a una politica fiscale restrittiva, deprimendo ulteriormente la crescita”.

A rendere più realistico l’allarme perma-recessione lanciato dagli esperti di Capital Economics, c’è l’eterna questione dei BTP italiani che, nell’ultimo anno, hanno assistito alla crescita dei rendimenti.

Così Il Sole in un recente articolo: “I numeri parlano da soli. I titoli decennali della Spagna pagavano l’1,21% il 18 aprile del 2018, mentre ora il rendimento risulta sceso all’1,06%. Quelli del Portogallo sono calati, nello stesso periodo, dall’1,60% all’1,18%. Quelli dell’Irlanda dallo 0,92% allo 0,53%. Persino i decennali della Grecia sono scesi, passando dal 3,99% al 3,32%. I rendimenti dei BTp decennali italiani, invece, si sono mossi nella direzione opposta: erano all’1,72% un anno esatto fa (dopo le elezioni di marzo ma prima della formazione del Governo), sono al 2,59% ora”.

Il Sole continua:

“È insomma evidente che ci sia una questione italiana sul mercato dei titoli di Stato. È vero che ultimamente i rendimenti sono scesi, rispetto ai picchi toccati a fine 2018. È vero che ultimamente gli investitori internazionali sono tornati a comprare BTp. Tutto vero: ma la fotografia che si scatta oggi mostra che l’Italia è l’unico Paese a pagare di più rispetto a un anno fa per collocare i titoli di Stato. La Bce ha finito il quantitative easing per tutti, ma solo noi soffriamo”.

I motivi? Per il quotidiano di Confindustria la ragione è da ravvisare soprattutto nel fatto che i mercati continuano a temere l’eventuale desiderio dell’Italia di uscire, un giorno, dall’euro.

“Questo fa paura agli investitori: chi ha prestato all’Italia euro, vuole vedersi restituire euro alla scadenza dei titoli di Stato. Non lire svalutate. Per cui anche il solo retropensiero che questo possa un giorno accadere pesa sui titoli di Stato: gli investitori sono portati per questo a chiedere rendimenti più elevati. È vero che il Governo smentisce alcuna intenzione di questo tipo. È vero che Italexit non è nel contratto di Governo. Ma è anche vero che il Governo stesso non perde occasione per attaccare l’Europa e per annunciare battaglia sulla legge di bilancio e sui parametri concordati con Bruxelles. «Se io parlo sempre male di mia moglie – osserva un investitore per far capire l’umore sui mercati – difficilmente troverò qualcuno disposto a scommettere sulla durata del mio matrimonio». Questo è il punto”.

Dunque, il governo M5S-Lega non sarebbe stato capace di rassicurare in misura sufficiente i mercati sulla determinazione dell’Italia di rimanere nell’euro.  E i mercati non riuscirebbero a scrollarsi di dosso la sgradevole sensazione di essere alle prese con un paese che, con il suo debito elevato e la sua perma-recessione, rischia di mandare all’aria l’intero progetto dell’Eurozona.

Sul rischio perma-recessione, c’è da dire tuttavia che un segnale positivo per l’Italia è arrivato proprio da Bankitalia che, nel suo ultimo rapporto trimestrale, ha reso noto di prevedere per il paese una crescita del Pil, nel primo trimestre di quest’anno, pari a +0,1%: crescita sempre da zero virgola e encefalogramma piatto. Ma almeno, recessione sventata dopo quella tecnica che ha caratterizzato gli ultimi due trimestri del 2018.