Inflazione eurozona sale al 2,3% a novembre, cosa cambia per tagli tassi Bce
L’inflazione della zona euro accelera al 2,3% a novembre, in linea con le previsioni degli analisti. Il dato core resta stabile al 2,7%, meno delle stime, ma non lascerà tranquilli i “falchi” della Bce, che continuano a predicare cautela sui tagli dei tassi. Diffusi in mattinata anche i dati sulle aspettative di inflazione a 1 e 3 anni, con un valore a 12 mesi più elevato delle aspettative.
Inflazione eurozona accelera al 2,3%
Dalla lettura preliminare di Eurostat per il mese di novembre emerge che l’indice dei prezzi al consumo della zona euro è diminuito dello 0,3% su base mensile, a fronte del -0,2% previsto dagli analisti e del +0,3% di ottobre.
Su base annua, l’inflazione ha accelerato al 2,3%, dal 2,0% di ottobre, in linea con il consensus. Il Cpi core, calcolato al netto di prezzi energetici e alimentari (più volatili, quindi meno indicativi dell’inflazione di fondo), ha registrato un incremento del 2,7% rispetto a novembre 2023, con un ritmo invariato da ottobre. Gli analisti avevano stimano un aumento del 2,8%.
L’inflazione dei servizi è scesa leggermente a novembre, dal 4 al 3,9%, mentre l’inflazione dei beni è aumentata dallo 0,5 allo 0,7%.
Aumento previsto dopo i dati nazionali sui prezzi al consumo
Un’accelerazione temporanea dell’inflazione su base annua era ampiamente attesa dalla Bce, a causa di effetti base legati soprattutto ai prezzi dell’energia. Gli stessi responsabili di politica monetaria hanno chiarito che per tornare sostenibilmente al 2% bisognerà aspettare il 2025.
Tra ieri e stamani sono stati diffusi i dati nazionali di Germania, Spagna e Francia. Nei primi due Paesi, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo si è attestato al 2,4%, meglio delle aspettative nel caso tedesco e pareggiando le stime nello Stato iberico. Per quanto riguarda la Francia, l’inflazione è salita all’1,7%, meno delle previsioni.
Salgono a sorpresa aspettative inflazione a 1 anno
Prima del rapporto sui prezzi al consumo sono stati pubblicati anche i risultati del sondaggio sulle aspettative di inflazione condotto dalla Bce. A ottobre, le previsioni dei consumatori sul Cpi dei 12 mesi successivi si sono attestate mediamente al 2,5%, al di sopra del 2,4% rilevato a settembre e del 2,3% stimato dagli analisti. Invariate le aspettative a 3 anni, al 2,1%, in linea con il consensus.
Nel contempo, le previsioni sulla crescita nei 12 mesi successivi sono peggiorate a -1,1%, rispetto al -0,9% di settembre. Al contrario, le aspettative sul tasso di disoccupazione sono diminuite al 10,4%, dal 10,6% del mese precedente.
Bce verso taglio da 25 bp a dicembre
La lettura di oggi non dovrebbe modificare sensibilmente il dibattito interno alla Bce sulla strategia da seguire nei prossimi mesi. Un taglio dei tassi a dicembre è praticamente scontato e sarà verosimilmente pari a 25 punti base, sebbene i mercati continuino a riservare una probabilità residua intorno al 15% per una mossa da mezzo punto percentuale. Tuttavia, malgrado l’andamento negativo degli ultimi indici Pmi, Lagarde e colleghi hanno già effettuato una riduzione anticipata del costo del denaro a ottobre ed è probabile che preferiscano optare per un allentamento più graduale.
Al momento, i trader ipotizzano quattro ulteriori tagli da 25 punti base in ciascuna delle riunioni del 2025 fino a giugno, che porterebbero il tasso sui depositi dall’attuale 3,25% al 2,5% (contando anche la riduzione attesa per dicembre 2024).
Falchi e colombe Bce divisi sul tasso neutrale
In settimana Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo dell’Eurotower, ha ammonito le “colombe” dell’istituto, fra cui l’italiano Panetta, sui rischi di abbassare troppo rapidamente i tassi in presenza di problemi strutturali e ha ipotizzato un tasso neutrale molto più alto delle stime, fino al 3%, in presenza di un’inflazione molto al di sopra dei livelli pre-pandemia.
Di parere opposto Francois Villeroy de Galhau, del Consiglio direttivo Bce. Secondo il governatore della banca centrale francese, i tassi restrittivi non sono più necessari e, anzi, potrebbe essere utile una riduzione al di sotto del tasso neutrale, stimato tra il 2% e il 2,5%, per evitare che la crescita debole deprima eccessivamente l’inflazione, portandola sotto il target. Per quanto riguarda la riunione del 12 dicembre, Villeroy ha anche affermato che sarebbe meglio lasciare aperta ogni opzione.