Notizie Notizie Mondo S&P: il 2025 sarà “un punto di svolta” per l’eurozona, ecco le ragioni

S&P: il 2025 sarà “un punto di svolta” per l’eurozona, ecco le ragioni

28 Novembre 2024 09:52

Il 2025 potrebbe candidarsi ad essere un punto di svolta, “un game changer”, per l’eurozona.  A sostenerlo S&P Global Ratings, che nel suo nuovo outlook macroeconomico presente le stime e le sfide europee per il nuovo anno, con la crescita del Pil che si attesterà intorno allo 0,8% nel 2024, arrivando anche all’1,2% nel 2025. 

Ecco tutti i punti principali dell’analisi, incluse le stime e le questioni più importanti che dovremo affrontare nel prossimo anno.

Pil e inflazione, le attese

S&P prevede una crescita del Pil dell’eurozona al ritmo dello 0,8% nel 2024 e dell’1,2% nel 2025, con “la Germania in ritardo rispetto agli altri paesi dell’eurozona e la Spagna che continua a registrare performance superiori”.  Sul fronte prezzi, spiega l’agenzia di rating, “a causa di un calo più pronunciato dei prezzi dell’energia, prevediamo che nel 2025 l’inflazione sarà marginalmente più bassa di quanto previsto (2,4% contro il 2,5% precedente)”.

Cosa farà la Bce?

Sotto lo sguardo degli analisti di S&P ci sono le prossime mosse di politica monetaria della Banca centrale europea: “Prevediamo che aumenterà il ritmo, ma non l’entità, dei tagli dei tassi a causa della fiducia persistentemente debole e di una migliore visibilità sulla traiettoria della disinflazione”. Tanto da correggere le precedenti stime e riposizionare il target del 2,5% dei tassi di deposito nell’estate del 2025.

A lato delle considerazioni sul futuro, dai dati del terzo trimestre del 2024 emerge un’incremento del Pil dell’eurozona dello 0,4%. Merito di un consumo interno più forte, legato al fatto che “le famiglie stanno iniziando a percepire l’aumento del potere d’acquisto” e anche ai bassi tassi d’interesse, equivalenti ad avere “meno incentivi a risparmiare denaro”.

Il nodo tedesco

Agli estremi opposti ci saranno la Spagna, che continuerà a sovraperformare, e poi la Germania. La cui crescita il prossimo anno per S&P sarà inferiore rispetto a quella degli altri paesi europei. A pesare sull’andamento dello stato c’è l’incognita sulle elezioni anticipate del 23 febbraio 2025.

Potrebbe consentire alla Germania di “aumentare il proprio spazio fiscale” anche se, sottolinea S&P, “restiamo scettici sul fatto che la Germania metterà in discussione il freno al debito”.

Le scelte delle nuove leadership

Dagli Stati Uniti si fa sempre più concreta l’ipotesi che la nuova presidenza rafforzi i dazi sulle importazioni dalla Cina e da altri paesi “rispettivamente del 60% e del 10%”. Una mossa che proprio nei giorni scorsi Donald Trump ha minacciato di imporre anche verso Canada e Messico qualora non intervengano a dovere sul traffico di droga e sul tema immigrazione.  

Gli Usa rappresentano il principale mercato di sbocco per le esportazioni europee: “Nel 2023, rappresentava il 17% delle esportazioni totali, il 2,6% del Pil dell’UE e il 3,6% del Pil tedesco” spiega S&P, sottolineando il fatto che i settori del “farmaceutico, chimico e automobilistico sono i più esposti alla domanda statunitense”, e di conseguenza anche ai dazi. Prevedendo tariffe più elevate per la Cina, gli analisti si aspettano che “Trump annuncerà aumenti delle tariffe entro i primi 100 giorni in carica, con altri 60 giorni per le aziende per adeguare i piani o presentare domanda di esenzione”. Vale a dire che con molta probabilità “l’imposizione potrebbe avvenire entro l’inizio del terzo trimestre del 2025”.

Si aggiungono poi il nuovo presidente del Consiglio europeo, António Costa (che prenderà il posto a partire dal primo dicembre di Charles Michel), la Commissione europea recentemente eletta e una nuova presidenza di turno dell’Ue (che passerà dall’Ungheria alla Polonia). Nuovi volti e leadership che potrebbero influire sul piano d’azione europeo del prossimo anno. Nel suo rapporto sulla competitività europea presentato a settembre, Mario Draghi ha rafforzato la convinzione dei decisori politici europei di “affrontare la perdita di competitività dell’Europa rispetto a Stati Uniti e Cina, unificare i mercati dei capitali della regione per sbloccare il potenziale di crescita offerto dagli abbondanti risparmi dei paesi europei, semplificare la regolamentazione e aumentare lo sforzo di difesa dell’Europa”, spiega S&P, ma la capacità dei paesi membri di mettere in piedi tutte queste proposte rimane “incerta”.