Huawei, tonfo sugli utili. La colpa anche delle sanzioni USA
L’industria cinese dei chip “rinascerà” a seguito delle sanzioni statunitensi, ha dichiarato Eric Xu, presidente di turno di Huawei in occasione dell’annuncio dei risultati trimestrali della società e la svolta nella tecnologia di progettazione dei semiconduttori.
Xu ha usato parole forti contro le restrizioni all’esportazione di tecnologia di Washington sulla Cina, che hanno inevitabilmente danneggiato la performance finanziaria del colosso tecnologico cinesi.
“Credo che l’industria cinese dei semiconduttori rinascerà sotto le sanzioni USA e realizzerà un’industria molto forte e autosufficiente”, ha affermato Xu.
I semiconduttori sono il punto critico nella feroce battaglia tra Stati Uniti e Cina per la supremazia tecnologica. Negli ultimi anni, Washington ha tentato di tagliare fuori la Cina e le imprese cinesi attraverso sanzioni e restrizioni all’esportazione.
USA-Cina la guerra per i semiconduttori
Ricordiamo che nel 2019 nei tempi dell’amministrazione Trump, Huawei è stata inserita lista nera degli Stati Uniti chiamata “Entity List”, che impediva alle aziende americane di vendere tecnologia alla società cinese. Si trattava di chip per prodotti 5G, dove 5G si riferisce a reti mobili di nuova generazione super veloci. Le restrizioni sui chip contro Huawei sono state rafforzate nel 2020 e l’hanno effettivamente impedito l’accesso ai chip all’avanguardia necessari per la produzione di smartphone.
Lo scorso anno Washington ha introdotto restrizioni più generalizzate sui chip con l’obiettivo di privare le aziende cinesi di semiconduttori critici che potrebbero servire l’intelligenza artificiale e applicazioni più avanzate.
Il motivo citato dall’amministrazione Biden è che la Cina potrebbe utilizzare i semiconduttori avanzati per scopi militari.
Allo stato attuale l’industria cinese dei chip dipende dalla tecnologia americana, le società cinesi non sono ancora in grado di stare al passo con i colossi negli Stati Uniti, Taiwan, Giappone e nella Corea del Sud.
Non a caso negli ultimi anni, la Cina ha fatto dei passi da gigante in termini di autosufficienza, che rimane priorità nella guerra tecnologica con gli Stati Uniti.
I numeri di Huawei
Per il 2022 Huawei ha registrato un utile netto di 35,6 miliardi di yuan (circa 5,2 miliardi di dollari) ovvero un calo annuo del 68,7%, il più grande mai segnato dalla società di Shenzhen dopo la stretta Usa sull’export hi-tech. Il gruppo, in una nota, ha lamentato come fattori del calo dei profitti anche l’aumento dei prezzi delle materie prime, i restrizioni cinesi relative alla pandemia di Covid e una tantum legato alla vendita di Honor.
Dall’1 aprile, Meng Wanzhou, attuale CFO della società e al centro del braccio di ferro diplomatico tra Usa e Cina dopo il suo arresto a Vancouver, ricoprirà la carica di presidente a rotazione per sei mesi.
La svolta tecnologica
La scorsa settimana, i media cinesi hanno riferito che Xu in un discorso ha affermato che Huawei e altre società cinesi hanno creato congiuntamente strumenti di progettazione di chip elettronici necessari per realizzare semiconduttori di dimensioni pari o superiori a 14 nanometri. Xu ha affermato che questi strumenti saranno verificati quest’anno, il che consentirebbe di essere utilizzati.
Xu ha aggiunto che quegli strumenti “significheranno molto poco” per il business di Huawei. Huawei ha bisogno di chip di dimensioni nanometriche molto più piccole per applicazioni più avanzate, che attualmente hanno difficoltà a ottenere. La società si sta ancora riprendendo dagli effetti delle sanzioni statunitensi. Non per caso proprio oggi ha affermato che l’utile netto è diminuito del 69% su base annua nel 2022, segnando il più grande calo nella storia della società,