Notizie Notizie Mondo Nikola, dall’apice al fallimento: la parabola della società dei camion elettrici su cui puntava anche Iveco

Nikola, dall’apice al fallimento: la parabola della società dei camion elettrici su cui puntava anche Iveco

4 Marzo 2025 09:32
Le speranze di quella che doveva essere la big del mercato dei camion elettrici e a idrogeno si sono infrante qualche settimana fa. Si tratta di Nikola Motor Company che conclude ufficialmente la sua storia con una nota ufficiale arrivata nella giornata di mercoledì 19 febbraio. La società, che per un periodo è stata tra le preferite degli analisti di Wall Street e degli investiotri retail, ha fatto sapere di aver presentato istanza di protezione fallimentare ai sensi del Capitolo 11 degli Stati Uniti, e da questo momento cercherà di vendere i suoi asset.
La società è nata a Phoenix (Arizona) nel 2014 con l’idea di rivoluzionare l’automotive attraverso fuoristrada e camion a emissioni zero, eppure l’ambizione dei loro concept car è finita per scontrarsi con la difficoltà degli investimenti nelle tecnologie basate sull’idrogeno. Una storia già rivista in tante altre aziende e start up nate (e perite) prima di lei.

Il caso Nikola

“Come altre aziende del settore dei veicoli elettrici, abbiamo dovuto affrontare diversi fattori di mercato e macroeconomici che hanno avuto un impatto sulla nostra capacità di operare”, ha affermato in una nota il CEO di Nikola, Steve Girsky. Negli ultimi mesi, la società ha intrapreso numerose azioni per raccogliere capitale, ridurre le passività e preservare la liquidità in vista di nuove operazioni. “Sfortunatamente, i nostri sforzi non sono stati sufficienti per superare queste sfide significative” e il ricorso alla procedura fallimentare “rappresenta il miglior percorso possibile in base alle circostanze per la società e i suoi azionisti”, si legge nel comunicato.
Un esito così amaro si contrappone a un’inizio carriera parecchio brillante. In passato, le promesse di modelli pionieristici nel settore dei veicoli a emissioni zero hanno premiato il titolo, arrivato nel 2020 a toccare addirittura i 280 dollari e un valore di 29 miliardi, superando perfino un peso massimo del settore come Ford. Cinque anni dopo, il titolo è crollato a 0,26 dollari per azione, per una capitalizzazione di meno di 40 milioni di dollari.
Mentre il mondo era alle prese con la pandemia, Nikola e General Motors avevano annunciato l’avvio di una trattativa per una partnership strategica multimiliardaria. Tuttavia, è arrivato lo stop dopo che una società di investimento, la Hindenburg Research, ha accusato Nikola e il suo fondatore, Trevor Milton, di aver truffato gli investitori, tramite dichiarazioni “false” ed “esagerate” sulle sue tecnologie.
Le sue dimissioni, poco dopo, hanno segnato l’inizio di un crollo lento e costante. L’arrivo di Girsky ha provocato un calo del 20% del prezzo delle azioni della società, che nel frattempo continua a instradare nuovi progetti.  Nel frattempo, Milton è stato giudicato colpevole di frode nel 2022, e condannato a quattro anni di carcere l’anno successivo.

I passi con Iveco degli Elkann-Agnelli

Nel maggio 2023 l’ennesimo scossone. Dopo 4 anni di lavoro insieme, Iveco Group e Nikola hanno interrotto la loro partnership per intraprendere strade separate. Verso la fine del mese alla società americana è arrivato un avviso di delisting, in quanto il prezzo delle sue azioni è stato inferiore a un dollaro per 30 giorni. Sempre nel 2023 una serie di incendi hanno coinvolto i suoi camion elettrici, e la società è stata costretta a richiamare in fabbrica parecchi veicoli. Nonostante l’incremento di produzione dei suoi camion alimentati a idrogeno nel 2024, Nikola ha continuato a perdere migliaia di dollari per via della scarsa domanda da parte degli operatori delle flotte e gli elevati costi di finanziamento.
A fronte di attività tra 500 milioni e 1 miliardo di dollari, la società si è ritrovata a gestire passività che vanno da 1 miliardo a 10 miliardi di dollari.
Si arriva al 2025. La società ha ricevuto una notifica di delisting da parte del Nasdaq e, a seguito della sua richiesta di protezione tramite il Chapter 11 per bancarotta, depositata il 19 febbraio 2025, non ha fatto ricorso contro la decisione. La capacità produttiva della fabbrica di Coolidge, in Arizona, si ferma a 2.400 camion all’anno. Anche se rischia di diminuire ancora di più, visto che la società ha in programma di licenziare 855 dipendenti, sia dallo stabilimento che dalla sede centrale di Phoenix.

Il fallimento di altre start up

Come ribadito dallo stesso Ceo nel suo comunicato stampa, non è la prima volta che un marchio del comparto dell’automotive a idrogeno porta i libri in tribunale, nonostante la grande fiducia iniziale da parte degli investitori. Il quarto trimestre del 2023 si è chiuso con una perdita di oltre 463 milioni di dollari per la startup statunitense specializzata in veicoli elettrici, Fisker Inc. La quale – dopo aver sospeso la produzione, licenziato il 15% del suo organico e tagliato i prezzi dei suoi prodotti – a giugno 2024 ha ufficialmente dichiarato bancarotta. E nell’ottobre 2024 ha poi ottenuto l’approvazione del tribunale per il suo piano di liquidazione fallimentare.

Guardando all’estate dell’anno precedente, invece, è il produttore di pick-up elettrici Lordstown Motors ad affidarsi al Chapter 11. Verso febbraio, la società ha dichiarato di aver prodotto solamente 37 camion, oltre ad aver richiamato alla casa madre 19 veicoli. Di conseguenza, le perdite sono passate da 89,6 milioni dell’anno precedente a oltre 171 milioni nel trimestre conclusosi a marzo 2023.

Alla base dei problemi economici del marchio c’è anche una disputa con l’investitore taiwanese Foxconn, citato in giudizio Lordstown per non aver rispettato gli impegni commerciali promessi, pari a 170 milioni di dollari. Risorse fondamentali per dare fiato alla società, ma mai arrivate a destinazione, lasciando le negoziazioni del titolo precipitare del 35 % al Nasdaq. 

Ad agosto dello stesso anno la storia si ripete. Proterra Inc., specializzato in autobus elettrici e sistemi di propulsione si è vista costretta a presentare istanza di protezione fallimentare, di fronte a una domanda sempre più lenta e vari problemi lungo la catena di approvvigionamento. “Abbiamo dovuto affrontare diverse difficoltà di mercato e macroeconomiche che hanno influito sulla nostra capacità di crescere in modo efficiente”, si legge in una nota l’amministratore delegato Gareth Joyce, riportata su Reuters. Il tracollo in borsa, in questo caso, è simile a quello di Nikola: passando da un valore di mercato di 1,6 miliardi di valore nel gennaio 2021 ad appena 362 milioni nel 2024.